I dubbi dei cittadiniLa poca trasparenza rischia di rovinare i risultati della Conferenza sul Futuro dell’Europa

A Strasburgo si sono discusse le raccomandazioni dei Citizens Panel 1 e 4, con l’emozionante intervento di quattro ucraini. Nella prossima sessione si discuterà le bozze del documento finale, su cui si cercherà il consenso di tutti i partecipanti, senza ricorrere al voto

LaPresse

In un momento di grandi cambiamenti per l’Unione europea, entra nella sua fase conclusiva la Conferenza sul Futuro dell’Europa, l’esercizio di democrazia partecipativa pensato proprio per imprimere una svolta alla politica comunitaria. L’ultima sessione plenaria al Parlamento di Strasburgo ha discusso 88 raccomandazioni provenienti dai Citizens Panel 1 e 4: il passo successivo è la formulazione delle proposte che comporranno la relazione finale, prevista entro il prossimo appuntamento, in calendario il 25 e 26 marzo.

L’obiettivo è stilare le conclusioni «tramite consenso», senza ricorrere al voto. Non sarà facile, però, mettere d’accordo politici di schieramenti opposti e delegati dei cittadini già sospettosi, che contestano il poco tempo a disposizione per la discussione, la mancanza di chiarezza nella procedura e il rischio di vedere «annacquate» le proprie richieste.

L’Ucraina nella Conferenza
Il futuro dell’Europa passa anche dalla guerra in corso in Ucraina, che entra con forza nel dibattito, tra le bandiere gialloblù che svettano all’ingresso dell’Eurocamera e nell’emiciclo. I partecipanti ascoltano emozionati gli interventi di quattro ospiti ucraini, tre cittadini ordinari e una deputata della Verchovna Rada, il parlamento di Kiev.

Bozhena Boriak strappa applausi e qualche lacrima quando mostra la foto del figlio piccolo ai presenti e chiede supporto concreto per l’esercito nazionale. Così come Anna Shchekatunova, russofona originaria del Donbass, che ha conosciuto il conflitto già nel 2014 e ora dipinge il suo Paese come il «cuore sanguinante dell’Europa», o Dmytro Sherembey, connesso da Kiev, che racconta il dramma di contare morti e feriti alla fine di ogni attacco. 

Vorrebbero una No Fly Zone per fermare i bombardamenti e un embargo totale sulle importazioni dalla Russia, richieste ribadite anche dalla deputata Maria Mezentseva a Linkiesta: «Ogni euro speso per acquistare petrolio e gas russi viene utilizzato per i carri armati dell’esercito. Sono pallottole che colpiscono il popolo ucraino».

Le tematiche legate al conflitto sono centrali nel dibattito anche perché le raccomandazioni del Panel 4, formulate a Maastricht a metà febbraio, riguardano proprio il ruolo geopolitico dell’Ue nel mondo e le sue politiche migratorie. Tra le proposte avanzate, ad esempio, c’è quella di creare una Forza Armata Congiunta dell’Unione europea, capace di dispiegare truppe fuori dai propri confini, in circostanze eccezionali e sotto mandato dell’Onu. Sull’idea si è soffermato a lungo pure l’Alto rappresentante degli Affari esteri dell’Unione Josep Borrell, connesso in video-conferenza da Versailles, sottolineando la necessità di disporre di un contingente militare da poter utilizzare in caso di necessità.

La protesta dei cittadini: «Poca trasparenza»
In generale, la discussione nella plenaria è sembrata più sciolta rispetto agli appuntamenti precedenti, con i cittadini sempre più a loro agio anche nell’utilizzare lo strumento della blue card, con cui possono rivolgere domande agli oratori e aumentare così di fatto il proprio tempo di intervento. Feedback generalmente positivi arrivano pure dai nove gruppi di lavoro, dove lo scambio di idee è più approfondito rispetto alla sessione collettiva. 

Ogni working group è infatti dedicato a un tema specifico:  ambiente e cambiamento climatico; salute; economia, giustizia sociale e lavoro; Unione europea nel mondo; valori, diritti e sicurezza; trasformazione digitale; democrazia europea; migrazioni; educazione, cultura, gioventù e sport. Questi consessi ristretti analizzano tutte le raccomandazioni afferenti al proprio argomento e saranno chiamati a produrre un documento che le accorpa in un numero più ridotto di proposte. 

Il compito è affidato al chair del gruppo (un esponente politico in otto casi su nove), coadiuvato dal portavoce (uno degli 80 delegati dei cittadini) e supportato dal Segretariato comune della Conferenza, l’organo che ne cura gli aspetti tecnici e procedurali. Le bozze dei documenti saranno elaborate durante la settimana, per poi essere discusse nella prossima sessione plenaria e dare forma alla relazione finale, cioè il prodotto conclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa.

Proprio la rapidità del processo preoccupa alcuni cittadini, tra cui Laura Maria Cinquini, studentessa toscana che partecipa al working group sulla migrazione, presieduto dal parlamentare del Partito democratico Alessandro Alfieri. «Abbiamo avuto solo un incontro online e uno di persona per esaminare le raccomandazioni, quattro ore scarse in cui non è possibile fare una valutazione esaustiva». Diverse lamentele anche per la scarsa attenzione ai lavori da parte di molti eurodeputati, parlamentari e membri dei governi nazionali.

Nell’ultimo blocco di discussione, il sabato pomeriggio, la plenaria era quasi vuota: più della metà dei membri non erano presenti in aula né si sono collegati in remoto. Inoltre, è altamente improbabile che i politici collegati online abbiano davvero seguito i lavori, sostiene Cinquini: «È capitato più volte che qualcuno venisse interpellato poco dopo il proprio intervento, ma si era già disconnesso».

Un altro aspetto che non convince i delegati della cittadinanza è la mancanza di trasparenza nella procedura. Si sa che per il corpus delle conclusioni si punta al consenso di tutte le componenti della plenaria, ma non è ancora chiaro in che modo. In molti temono di venire estromessi, di fatto, dal processo che trasformerà le idee dei Panel in proposte concrete.

Nelle loro chat gira un documento del governo svedese che punta a ridurre i margini di trattativa nell’elaborazione: il Consiglio, secondo questo promemoria, non dovrebbe fornire la propria posizione sulle proposte prima della fine della Conferenza, ma solo riceverle a giochi fatti ed esaminarle in autonomia.

«Tale comportamento non ci permette di intervenire sulle proposte per renderle percorribili a livello istituzionale», spiega a Linkiesta Elsie Gisslegård, rappresentante svedese dei cittadini in polemica con il proprio esecutivo. Il rischio, in questo modo, è produrre un documento conclusivo che non abbia nessun effetto concreto. I cittadini ne hanno parlato animatamente durante le pause e hanno espresso tali preoccupazioni anche nell’emiciclo. «Stiamo preparando una lettera aperta al Segretariato della Conferenza per denunciare la situazione», afferma uno di loro all’uscita.

I nuovi dettagli che emergono sul funzionamento dell’intero processo, del resto, non dissipano i dubbi. Le bozze dei nove documenti emersi dai working group saranno ancora modificabili nelle prossime sessioni plenarie, prima di dare vita alla relazione finale. Ma le modalità di discussione restano complicate: si cercherà infatti di raggiungere il consenso di tutte le parti in causa, senza procedere ad alcuna votazione.

Che non è parte del processo deliberativo, spiegano a Linkiesta fonti interne all’organizzazione della Conferenza. «In ogni voto c’è chi vince e chi perde. L’obiettivo non è mettere i partecipanti l’uno contro l’altro», sostengono gli organizzatori, convinti che anche per i politici sarà un’esperienza del tutto nuova.

Si tratta di una maniera di procedere differente dai processi decisionali ordinari nell’Ue: sicuramente affascinante, ma non esente da rischi collaterali. Sarà ad esempio molto più difficile tenere traccia delle raccomandazioni originarie, che nel processo di ricerca del consenso subiranno inevitabili modifiche. La stessa necessità di mettere d’accordo tutte le componenti politiche e quelle dei cittadini potrebbe poi escludere le posizioni potenzialmente divisive, come la richiesta di rivedere il meccanismo di voto all’unanimità previsto per le decisioni del Consiglio dell’Ue. Il pericolo concreto è che, per non scontentare nessuno, la conferenza sul Futuro dell’Europa si concluda con un pareggio a reti inviolate.

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