L’altro giorno, sempre a Telecinquestelle, importante rete monotematica del colosso Dezinformatzija de Noantri (si chiamava La7, ma la denominazione, troppo vaga, è stata resa aderente all’oggetto sociale), il comunista Marco Revelli, intervistato da una tipa che fa da filodiffusione durante la siesta degli italiani (poi arriva Enrico Mentana, così cambiano fianco nell’attesa di quella delle otto e mezzo che li risveglia con Marco Travaglio, quando Nicola Gratteri è occupato a far retate o a scrivere prefazioni a libri di propaganda neonazi), il comunista Marco Revelli, dicevo (da Wikipedia: politologo, storico, accademico, attivista politico, giornalista e saggista: che viene in mente l’onorevole Trombetta nel vagone del treno con Totò), Revelli, insomma, a proposito della guerra all’Ucraina (ma a FiveStars TV dicono semmai guerra “in” Ucraina, perché magari laggiù non saranno proprio tutti drogati e nazisti, ma insomma un po’ se la sono cercata), Revelli, ridicevo, se ne esce a spiegare che ci vuole una trattativa e che, attenzione alla sapientissima equanimità dell’osservazione, «le parti devono rinunciare alle loro pretese».
La conduttrice che serafica era investita da quello sproposito, giunto indisturbato nell’universo di eternità strapaesana conchiuso nel Raccordo, che dice? Nulla, questa volta. La scorsa, quando un altro campione, in collegamento, diceva che occhio, magari mica volevano davvero bombardare l’ospedale, quella s’era tirata su e s’era disposta immediatamente a complemento, spiegando che in effetti bisogna essere prudenti: che è giustissimo, accidenti stai a vedere che anziché le donne in gravidanza – verosimilmente simulata, tra l’altro – volevano bombardare i nonni al supermercato.
Ci vuole rigore, nella cronaca. E invece questa volta, appunto, zitta davanti alle prospettazioni di soluzione transattiva del professor Trombetta: pardon, Revelli. Alle quali, per carità, non si pretendeva che la conducentessa di Tagadà opponesse la replica decurtisiana, cioè una pernacchia, ma almeno una sommessa domandina. Vale a dire: «Scusi, professore, ma quale sarebbe la pretesa dell’Ucraina, e alla quale l’Ucraina dovrebbe rinunciare? Di non essere bombardata?».
No, perché qui bisogna capirsi. D’accordo che gli invasori, come ben spiegato sempre dal giornalismo equivicino a Est ed equidistante a Ovest, stanno cercando «di non spaventare la gente» (gravide e puerpere a parte, che imperdonabilmente non se ne rendono conto), ma le pretese contrapposte sono quelle: di bombardare, da una parte, e di non essere bombardati, dall’altra parte. Con il corollario, da quest’ultima parte, costituito da una pretesa subordinata effettivamente intollerabile: e cioè la pretesa di difendersi dai bombardamenti. Figurarsi, poi (qui siamo all’oltraggio), quando per soprammercato chiedono pure di essere aiutati a difendersi.
Ma rischia di essere propaganda guerrafondaia, questa.