In principio è stata la Bbc. È tornata alle trasmissioni radio a onde corte, come ai tempi della Guerra Fredda. Per aggirare la nuova cortina di ferro della censura del Cremlino, in una Russia dove – assieme al ritiro delle grandi marche occidentali – si sono spenti i social, media e siti internet si sono dovuti ingegnare, a volte riesumando tecnologie cadute in disuso.
Connessioni Vpn, il mirroring che duplica i siti bloccati, il riscatto del dark web, la seconda vita di Clubhouse e persino gli Sms. È un ritorno al passato per riportare il presente e il futuro dentro il regime oscurantista di Vladimir Putin.
Dopo la stretta del 4 marzo, da quando cioè sono previsti quindici anni di carcere per chi non si attiene al formulario del bispensiero putiniano sull’invasione dell’Ucraina, le testate europee e americane hanno ritirato i loro corrispondenti. Ma non hanno abdicato alla loro funzione. Anche perché i cittadini, lasciati in balìa della propaganda, hanno dimostrato di essere affamati di verità: nel caso della Bbc erano triplicate le visite al sito in lingua russa, prima che il governo lo sospendesse.
Sono cominciate le “operazioni speciali” per continuare a raggiungere un pubblico altrimenti ostaggio delle fake news di Stato. «In un conflitto dove la disinformazione è un’arma – nelle parole del direttore generale della bbc, Tim Davie – c’è un chiaro bisogno di notizie fattuali e indipendenti di cui la gente si possa fidare». La Bbc ha riacceso le onde corte, che erano in pensione da quattordici anni. Altri gruppi editoriali o di attivisti hanno provato a presidiare l’ultima oasi di libertà: internet.
A differenza della Cina e dell’Iran, che hanno costruito ecosistemi chiusi, il progetto di una rete scollegata da quella mondiale non era mai diventato operativo. Non è chiaro se RuNet sia rimasta un esperimento o stia entrando in funzione. Una delle vie per evadere dal web controllato dal Cremlino sono le connessioni Vpn. Il meccanismo protegge l’identità degli utenti e permette di simulare un accesso da un’altra nazione. Prima della guerra veniva usato per guardare le serie tv di cui non c’era la licenza, oggi sono l’unico varco per il mondo di prima.
Le Vpn non sono illegali in Russia, ma è vietato usarle per visitare i siti o i contenuti censurati. La domanda di questi servizi è esplosa quando sono stati oscurati i social di Meta –Facebook e Instagram – e Twitter. Volumi in crescita con percentuali a quattro cifre. Secondo una fonte citata dalla Cnbc, tra il 24 febbraio (giorno dell’aggressione all’Ucraina) e l’8 marzo, le prime dieci applicazioni Vpn hanno totalizzato sei milioni di download in Russia. Il Cremlino ha risposto proibendo le venti piattaforme più popolari.
Non è detto che basti. «Quando i regimi autoritari provano a controllare i cittadini e a sopprimere il loro accesso alle informazioni e la loro abilità di comunicare tra di loro, c’è sempre una reazione», ha spiegato ad Axios il capo della ricerca del portale specializzato Top10Vpn.com. «È come un gioco tra il gatto e il topo: i migliori servizi di Vpn hanno anni di esperienza, conquistata duramente in Cina, nel nascondere il loro traffico internet».
Un altro corridoio passa dal dark web, la parte sommersa – e demonizzata per anni – perché non indicizzata nei motori di ricerca. Twitter è stato il primo social a prevedere una versione consultabile attraverso Tor, il principale browser per navigare senza venire tracciati, perché i dati rimbalzano attraverso un network crittografato a più livelli, come negli strati di una cipolla. Da qui il nome “The Onion Router” in cui si scioglie la sigla.
Anche Facebook è accessibile attraverso Tor. Così come diversi media già equiparati ad «agenti stranieri» in passato e ora messi fuori legge da Mosca, tra i quali la Bbc, appunto, Meduza, Deutsche Welle e Radio Free Europe, che incoraggia apertamente a scaricare questo browser, spiega come usarlo e continua a spedire le sue newsletter ai suoi contatti e-mail russi.
C’è un potenziale limite a questi escamotage. Di fatto, bisogna insegnare agli utenti nuove competenze digitali, per quanto rudimentali. Non è scontato avere buoni tassi di conversione, specie fuori dalle fasce demografiche più giovani, quando si chiede di installare programmi e di uscire dalla comfort zone delle abitudini. La migrazione, insomma, rischia sempre di perdere qualcuno per strada. Il mirroring, invece, consente di bypassare la censura senza cambiare l’esperienza di utilizzo del pubblico.
Funziona copiando interi siti, quelli vietati, su nuovi indirizzi, che ancora non sono stati scoperti dal Cremlino. Questi link sono difficili da rintracciare e vengono diffusi su Telegram e WhatsApp. Reporter senza frontiere (Rsf) è riuscito a riportare online in Russia la testata Meduza, con base in Lettonia, letta ogni mese da 13 milioni di persone. Rsf promette di replicare anche altre testate messe all’indice dal governo. La strategia è appoggiare i siti cloni su reti su cui girano anche altri servizi: se la polizia informatica russa li colpisce, causa danni collaterali.
Telegram, ormai, è una delle fonti dei media occidentali. È qui che circolano i video dal campo della tragedia in Ucraina. Strappato dal regime ai fondatori, continua a essere attivo in Russia. Il New York Times e il Washington Post curano canali propri, quelli dei media ucraini hanno ospitato la cronistoria della guerra. Fondamentale per attivisti e testate indipendenti, Telegram è però funzionale anche al Cremlino: per le sue comunicazioni, certo, ma anche per la propaganda. È per questa ragione, forse, che non è ancora stato chiuso.
È rinata pure Clubhouse, la piattaforma “audio-only” di cui il mondo sembrava essersi innamorato. Le sue stanze erano un ritrovo esclusivo di giornalisti, nomi di Forbes under 30 e influencer. È durata molto poco, il tempo che Meta e Twitter annunciassero progetti simili.
Disponibile inizialmente solo su iOS, con una patina elitaria apprezzata in Occidente, da quando c’è per Android, Clubhouse si è diffuso in Asia. Ora, una seconda vita come ricettacolo di spie. Certe app fanno dei giri immensi e poi ritornano, quando meno te lo aspetti, come baluardo della democrazia.
Anonymous merita un capitolo a parte. Il collettivo di hacker si è mosso come superpotenza sul fronte digitale del conflitto. Ha violato i server della Banca centrale russa e promette di rivelare decine di migliaia di documenti, molti dei quali confidenziali. C’è molta attesa su questi leaks e sul loro impatto, anche economico, tra il default tecnico della Russia evitato per un soffio (quanto a lungo ancora?) e la minaccia di ripagare i creditori in rubli.
Ad Anonymous si devono anche altre imprese. Dopo la tv statale, dove erano state trasmesse le vere immagini dell’invasione, una delle intrusioni ha colpito, per due ore, centinaia di stampanti in Russia. Sarebbero state stampate centomila copie di messaggi dove si accusa Putin delle atrocità commesse dalle truppe in Ucraina, si mette in guardia dalle falsità dei media del Cremlino e, soprattutto, si spiega come scaricare Tor. «Protestate contro la guerra illegale voluta da Putin», la chiamata alle armi scritta in cirillico sui fogli.
Un gruppo di hacker polacchi legati ad Anonymous ha costruito un sito da cui è possibile mandare messaggi di testo a numeri di telefono russi. Secondo la cellula, sono stati inviati più di 30 milioni di messaggi. La banca dati avrebbe 140 milioni di indirizzi e-mail e 20 milioni di contatti telefonici, su una popolazione di 144 milioni di persone. Per usare la piattaforma non serve nemmeno conoscere il russo, vengono proposti alcuni messaggi già composti, poi si apre in automatico WhatsApp e si deve solo cliccare “invia”.
A Mosca e in altre città la polizia ferma i civili per ispezionare i loro smartphone. Gli agenti controllano le foto, ma cercano anche i messaggi di testo. Come ha evidenziato Valerio Bassan in una newsletter di Ellissi, gli Sms hanno dei vantaggi strutturali durante un’emergenza: «Possono essere ricevuti da qualsiasi telefono, anche da quelli meno smart; inviarli costa poco o nulla.
Sono difficili da bloccare – molto più delle piattaforme centralizzate dei social. Infine, sono un canale di comunicazione personale e dialogico. Chi riceve può rispondere in qualsiasi momento, trasformando la ricezione in conversazione. Per tutte queste ragioni, gli Sms stanno vivendo un piccolo momento di rinascita». Per questo il Cremlino li teme.
Prima della guerra, nella top-5 degli store digitali c’erano i social messi al bando da Putin. È già pronta la copia russa di Instagram, che si chiama “Rossgram”. Ha debuttato a inizio settimana. Assomiglia alle marche contraffatte spuntate dopo le sanzioni, come la catena “Zio Vanya” che tarocca persino il logo di McDonald’s. A giudicare dal traffico online, però, i russi avranno una tremenda nostalgia degli originali.