Inside ChisinauLa Moldavia è il prossimo obiettivo della Russia?

Il piccolo Paese europeo ha iniziato l’iter di adesione all’Ue e si è mostrato solidale con Kiev accogliendo i suoi rifugiati. Ma ha buone ragioni per sentirsi minacciato: la repubblica separatista della Transnistria ospita oltre 1500 soldati del Cremlino e potrebbe fare da base per i rifornimenti e le prossime offensive di Mosca

AP/Lapresse

Le immagini del dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko che mostra le direttrici dell’attacco russo in Ucraina non si limitano al solo territorio di Kiev. Le frecce mostrano la volontà dell’esercito di Mosca di bloccare un possibile flusso di aiuti dalla Polonia, a nord, e di attaccare a sud, verso la Transnistria e la Moldavia.

Lo scenario non pare inverosimile, vista la relativa vicinanza della piccola repubblica separatista al confine ucraino e l’alta presenza di una minoranza russa, e pone inquietanti domande su ciò che potrebbe succedere.

«Un attacco è certamente possibile, ma la storia neutrale del Paese la pone in maniera diversa rispetto all’Ucraina: non dimentichiamo che sia la Moldavia sia la stessa Georgia non sono presenti nella lista dei Paesi ostili a Mosca», dice a Linkiesta Mihai-Razvan Corman, dottorando in politiche europee contro la corruzione in Moldova dell’Università di Gent. Oggi Razvan Corman vive a Chisinau, dove lavora per un’organizzazione internazionale.

Perché la Transnistria è interessante per la Russia
Ancora oggi è quasi avvolta nel mistero la vita della piccola Repubblica moldava del Dniester, nome ufficiale dello Stato in Transnistria. Unico Paese ad avere ancora la falce e il martello nella sua bandiera, la Transnistria nasce ufficialmente negli anni ’90, quando l’indipendenza della Moldavia – naturalmente rivolta più a occidente verso Bucarest, che non verso Mosca – causò la reazione di questa piccola regione orientale.

Una guerra con più di 4mila morti nel 1992 portò alla militarizzazione di questa striscia di territorio, dove oggi sono presenti truppe rumene, transnistre ma soprattutto russe. Sono infatti oltre 1500 i militari di Mosca che presidiano il territorio e controllano soprattutto il villaggio di Cobasna, distante appena due chilometri dal confine ucraino, dove ci sono riserve di munizioni ed equipaggiamenti per quasi 22mila tonnellate, un lascito dell’era sovietica.

Un deposito troppo grande per essere lasciato quasi incustodito e che potrebbe servire ai russi come base per i rifornimenti ma anche per organizzare l’attacco verso l’oblast di Odessa, al momento attuale l’unico accesso dell’Ucraina sul Mar Nero.

Resta da capire il reale interesse della Russia verso Tiraspol, dal momento che la Repubblica Moldava del Dniester ha più volte chiesto un intervento diretto dei russi, che già la finanziano ampiamente, ottenendo sempre un secco niet da parte del Cremlino, come ad esempio nel 2014.

«È innegabile il rapporto tra la Transnistria e la Russia: Mosca aiuta tantissimo Tiraspol dal punto di vista economico, militare e anche energetico, visto che fornisce il gas alla Repubblica senza problemi. Ma già la controlla ampiamente, perché dovrebbe sforzarsi di controllarla anche militarmente?», si chiede Razvan Corman.

La situazione attuale sembra infatti piuttosto pacifica: l’Osce continua a lavorare per riconciliare le parti, come ha ribadito anche di recente il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, in visita a Chisinau. La soluzione però sembra ancora lontana e di certo non aiuta il rilascio di passaporti russi ai cittadini della Transnistria (un processo che va avanti dal 2002 con l’ostilità sempre ben evidenziata sia di Kiev che della Moldavia) e le recenti esercitazioni militari nel territorio contro un possibile attacco con mezzi aerei ed agenti tossici, col chiaro intento di «proteggere i cittadini russi».

La situazione in Moldavia
Per questa ragione a Chisinau c’è una certa preoccupazione. «Siamo il Paese più fragile della zona e non posso negare che ci stiamo preparando al peggio. La crisi c’è già: viviamo già una crisi umanitaria. Tra poco non avremo più modo di accogliere dignitosamente i rifugiati. Siamo solidali, ma abbiamo bisogno di un aiuto concreto dagli altri Paesi e di un piano per ricollocare chi fugge. Anche la nostra fragile economia è già stata messa a dura prova dal conflitto», ha dichiarato Nico Popescu, ministro degli Esteri e dell’Integrazione europea, in un’intervista al Corriere della Sera.

«Anche tra la gente – sottolinea Razvan Corman – si respira una certa dose di preoccupazione per questa guerra: quanto succede in Ucraina viene percepita come l’aggressione di un solo uomo nei confronti di uno Stato, con preoccupanti ricadute nei settori dell’economia e del gas, il cui prezzo è già cresciuto del 35 per cento quest’anno».

La questione principale però è il possibile ingresso di Chisinau in un’alleanza militare, come la Nato, o comunque in un’organizzazione sovranazionale, come la stessa Unione europea.

Due questioni molto differenti per la Moldavia. «È al momento assolutamente impensabile per entrare a far parte di un’alleanza militare come la Nato, dal momento che la sua costituzione impone la neutralità e non ha un vero esercito», sostiene Razvan Corman (a questo si aggiunge anche il disegno di legge, attualmente in discussione presso il Parlamento monocamerale di Chisinau, dove si sta chiedendo di ribadire l’assoluta estraneità del Paese a qualunque progetto militare).

Discorso diverso invece per quanto riguarda l’Unione europea. «Il sentimento di gran parte della popolazione è chiaro: la Moldavia vuole entrare a far parte dell’Unione europea. Lo ha espresso chiaramente nelle urne e lo ribadisce ad ogni sondaggio. Questo non cambierebbe la costituzione moldava e la sua neutralità, visto che l’Unione non ha al momento attuale una sua difesa, ma certamente imporrebbe alla Moldavia di fare dei passi in avanti in materia di sviluppo», ribadisce.

Logico che l’ingresso nell’Unione, richiesto a gran voce dal governo europeista di Natalia Gavrilița e che adesso è ufficialmente partito con l’analisi delle prime procedure per l’adesione, sarebbe una sorta di tutela da eventuali attacchi russi, così come per la Georgia.

«Eppure, entrambe non sono ancora viste da Mosca con occhi ostili, come invece già succede per altri Stati, ad esempio l’Italia. Sicuramente c’entra il fatto che né Moldavia né Georgia si sono unite alle sanzioni decise dal mondo occidentale ma sono anche indice del poco interesse attuale che Mosca nutre nei loro confronti», sostiene Razvan Corman.

Inoltre, nonostante la richiesta di indipendenza, ribadita anche a inizio marzo, i rapporti tra Chisinau e Tiraspol sono nel complesso buoni. «In fondo la Moldavia non riesce e non può in alcun modo controllare o influenzare quanto succede in Transnistria; non rappresenta perciò un vero pericolo per i cittadini russi presenti nella regione», aggiunge Razvan Corman. Ma al momento entrare nella testa di chi risiede al Cremlino è impossibile. «Per capire cosa ne sarà della Moldavia dovremo vedere se i russi prenderanno l’Ucraina. Per il momento, visti i tempi davvero pazzi, è impossibile fare certe previsioni».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter