Preservare la natura, essere sostenibili sul lungo periodo, lavorare per cambiare la percezione del mondo in cui viviamo, permettere a chi lavora la terra di mantenersi dignitosamente. Ma anche scoprire nuove forme di nutrimento provenienti da antiche pratiche, rendendole tecniche scientifiche. Il lavoro da fare per gli chef non è più solo cucinare: pensare è diventata una priorità, ancora prima di mettersi ai fornelli.
È per questo che nasce il nuovo corso universitario fortemente promosso e sostenuto da Norbert Niederkofler, che alla cucina di montagna ha sempre creduto e che al pensiero e alla riflessione sul suo lavoro e sul suo rapporto con il territorio ha sempre prestato grande attenzione.
Ma che cosa insegna uno chef all’università? «Quello che ho imparato in questi anni. Il successo più grande, con la squadra, è di arrivare a conquistare tre stelle Michelin con un progetto di montagna, un progetto complesso che fin da subito è andato contro una cultura consueta di una cucina fatta di grandi prodotti costosi. Abbiamo dimostrato che facendo una cucina che mette a valore la natura intorno a te, puoi arrivare al massimo riconoscimento in questo settore. Credo che questo obiettivo raggiunto abbia aperto tante porte ai giovani che vogliono intraprendere questo lavoro con un’ottica e un’attenzione nuova ai temi che sono loro più cari e ai quali mirano senza nessuna eccezione.»
L’inedito corso di laurea avrà inizio il prossimo autunno al NOI Techpark di Bolzano e mira a formare professionisti della gastronomia e dell’enologia sana e sostenibile delle regioni alpine. La Facoltà di Scienze e Tecnologie lo ha sviluppato in collaborazione con il team dello chef altoatesino ma le prospettive si estenderanno oltre i confini dell’Alto Adige: anche cuochi provenienti dalle Ande, dai Pirenei e da altre aree interne del mondo saranno chiamati a effettuare docenze all’interno di singoli moduli del corso di laurea, per dare approcci diversi di diverse culture al tema.
«Cercherò di mettere a disposizione dei giovani il knowledge e il lavoro fatto a livello di sostenibilità, per dare una diversa visione del futuro. Se rispetti la natura, fare cucina di montagna di grande livello è la cosa più difficile: qui quattro mesi all’anno non cresce niente. Per questo, per esempio, le fermentazioni, qui, sono indispensabili. Ma finora è stato fatto tutto con la pratica, mentre scientificamente questo tipo di cucina non è ancora normata e non ha basi scientifiche. Tutta la nostra ricerca parte da un tornare indietro: abbiamo riaccettato le regole della natura. Ma per attualizzare questo sapere bisogna avere una conoscenza solida, basi scientifiche che sistematizzino questo approccio». Per questo allo chef si affiancano realtà di ricerca preziose e gran parte delle lezioni e dei workshop si svolgono al NOI Techpark, nei laboratori alimentari all’avanguardia di unibz e nel Kitchen Lab. Al Nature of Innovation la ricerca e il business si incontrano quotidianamente per promuovere innovazione sostenibile e uno dei settori centrali di attività è proprio la ricerca alimentare. «Qui si sta creando un luogo in cui l’interdisciplinarità, il networking, il trasferimento di know-how tecnologico e la ricerca e sviluppo sono fondamentali, dove la vicinanza spaziale di studenti, ricerca e aziende conduce alla creazione di sinergie», spiega il direttore Ulrich Stofner.
E chissà che questo approfondito corso di studi, che abbina la cucina, la natura e la scienza, ma ha anche parti di economia e marketing al suo interno per coinvolgere i clienti in questa filosofia, possa far tornare sexy un lavoro che sta perdendo sempre più appeal tra le giovani generazioni, come si augura lo chef Niederkofler: «Dobbiamo dare ai giovani quello che cercano. Serve restituire loro una parte di tempo etico: questo non è più il lavoro di quando ho iniziato io, quando fare 16 ore in cucina era la norma. Dobbiamo riportare le ore lavorative a un livello normale, perché se tutti i ristoranti cercano personale senza successo allora è meglio che ci preoccupiamo. Noi al Rosa Alpina siamo fortunati perché abbiamo un concetto identitario molto forte, venire da noi è interessante per chi ama la natura e per chi come noi va in questa direzione di sostenibilità. Ma anche noi dobbiamo fare attenzione a come trattiamo le persone, alle ore lavorative: forse è anche giusto così, e forse la pandemia ha insegnato qualcosa. I nuovi cuochi oggi sono intransigenti e non ammettono deroghe alle loro idee, c’è un cambio di mentalità totale che passa anche per il rispetto della terra e della sua produzione. Mi rende felice e mi dà sollievo sapere che i ragazzi stiano andando nella direzione giusta».