Continuità antibipopulista Alla nuova Europa serve un’Italia stabile, cioè con il proporzionale

L’aggressione criminale russa dell’Ucraina ha dato una sferzata ai progetti di rinnovamento e di costruzione di una Difesa comune. Il contributo del nostro Paese è decisivo, a patto che non finisca (di nuovo) nelle mani di forze degli amici di Putin, che altererebbero l’equilibrio geopolitico. La soluzione sarebbe andare avanti con l’esecutivo di ora, modificando la legge elettorale

di Geran De Klerk, da Unsplash

Il vertice di Versailles, in programma giovedì prossimo, potrebbe segnare l’ultimo giro di boa verso un’Europa sempre più unita, collaborativa, quella Nuova Europa autonoma sull’energia e la Difesa di cui parla il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.

Questo inevitabilmente avrà effetti diretti sugli equilibri dei singoli Paesi, equilibri di stabilità per gestire non solo le risorse del New Generation Ue, ma ora anche quelle che verranno messe sul tavolo proprio a Versailles (650 miliardi l’anno solo per la transizione ecologica e digitale e alcune decine di miliardi per la Difesa comune). Con la guerra in Ucraina, con la prospettiva di una resistenza e una guerriglia che durerà chissà quanto (anni?), i governi europei hanno bisogno di stabilità per dimostrare a Vladimir Putin che rischia un altro Afghanistan. Le sanzioni hanno bisogno di tempo per colpire ai piedi dell’orso russo. C’è ne vorranno altre che andranno a incidere sulle forniture di gas da parte di Mosca, a ridurle (per questo l’Italia sta cercando fornitori tra Algeria e Qatar). Ma tutto questo richiede una straordinaria stabilità a Roma, Berlino, Parigi quantomeno.

Berlino ha da poco un nuovo governo rossoverde che per la prima volta nella storia del dopoguerra ha deciso di aumentare le spese militari, rompendo un tabù. In Francia il presidente Emmanuel Macron si è ricandidato e ha buone chance di ottenere il secondo mandato all’Eliseo, facendo leva sullo spirito d’emergenza che ha sempre portato i francesi a stringersi al loro comandate in capo. E l’Italia?

Qui i problemi sono più complessi. Non abbiamo un presidente eletto direttamente dal popolo, non abbiamo coalizioni forti e omogenee. Abbiamo una legge elettorale che non garantisce una vera stabilità. Abbiamo forze populiste e sovraniste, soprattutto al governo, che cominciano a coltivare in maniera intensiva i loro principali interessi elettorali (vedi la vicenda del catasto: sulla casa e sull’abolizione dell’Imu prima casa Silvio Berlusconi ci vinse le elezioni). Ma né la Lega né 5 Stelle posso permettersi di abbattere Mario Draghi, oggi ancora meno di prima.

Non possono permetterselo senza squalificare l’Italia di fronte al mondo mentre si stanno adottando misure e decisioni da cui dipendono la forza e l’autonomia dell’Europa, se non la stessa sopravvivenza in base all’esito della vicenda militare in Ucraina. Nessuna di queste due forze potrebbe avere nelle cancellerie europee e nell’amministrazione di Washington un amico, con tutto ciò che ne consegue per la loro partecipazione a un futuro governo con altri partiti come il Pd e la stessa Forza Italia, che addirittura comprende l’irritazione dell’amico Putin. Berlusconi lamenta l’incapacità dell’Occidente di avere dato seguito alla stretta di mano a Pratica di Mare tra Bush figlio e l’autocrate del Cremlino. Ma adesso tutti indossano l’elmetto, senza la No Fly zone, e tutti si stringono a coorte di Draghi. E tra un anno, se lo scenario ucraino dovesse continuare o addirittura peggiorare, con tutte le ricadute militari, economiche ed energetiche, che sarà di questo coro? Cosa succederà con le elezioni politiche nel 2023?

Sarà inevitabile una nuova forma di unità nazionale? Oppure, comunque, ci sarà una prosecuzione del lavoro che Draghi sta impiantando da un anno a questa parte? Lavoro che si è sviluppato tra pandemia e poi l’utilizzo dei soldi europei che adesso, con il vertice di Versailles, aumenteranno anche in direzione della Difesa. Un settore che va a legarsi a doppio filo alla Nato e agli Stati Uniti.

Non ci saranno molti margini per comportamenti estemporanei e populisti. Ma con quale traiettoria si può arrivare a questo risultato? E qui cominciano i veri problemi di inadeguatezza del nostro sistema politico ed elettorale. Dalle parti dei 5 Stelle hanno bisogno di distinguersi dal Pd, allentare l’abbraccio mortale che li sta dissanguando elettoralmente. Nel centrodestra Salvini e Meloni sono sempre più inconciliabili. Dentro FI è in corso una scissione tra i ministri e il resto del partito. «Tutto porta – spiega una fonte governativa di Forza Italia – alla legge elettorale proporzionale, alla necessità di svincolarsi dagli altri per evitare un combattimento all’ultimo sangue nella designazione dei candidati nei collegi uninominali». Forse è l’unico modo, dicono anche nel Pd, per avere anche in Italia la stabilità che c’è in tutti gli altri Paesi europei.

Sono discussioni apparentemente di bassa cucina politica, sicuramente ciniche di fronte alle immagini di famiglie in fuga uccisi in strada. Ma prima o poi i nodi della stabilità anche italiana arriveranno al pettine e in qualche modo dovranno essere risolti con la continuità che, in un periodo di guerra, perché di questo si tratta, non può essere sottovalutata. Anzi storicamente è obbligatoria.