Strada senza uscitaL’inarrestabile corsa del climate change

Oltre 650 ricerche sono confluite nel nuovo report dell’Ipcc. I dati emersi denunciano la grave inazione dei governi mondiali nello scongiurare catastrofi ambientali. Per Guterres dell’Onu è un «atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante del fallimento della leadership climatica»

Unsplash

Un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione climatica. Così Hoesung Lee, presidente dell’ Intergovernmental panel on Climate Change (Ipcc), ha descritto il contenuto della pubblicazione dell’ultimo report redatto dall’organismo delle Nazioni Unite fondato nel 1988.

A causa dell’emergenza climatica, nei prossimi vent’anni il pianeta dovrà affrontare molteplici criticità senza confine, come l’estinzione di diverse specie animali e vegetali e ondate di caldo sempre più estreme. Il 40% della popolazione mondiale sarà altamente vulnerabile a tutto ciò.

Il climate change colpirà soprattutto quelle aree – Africa, America Latina, Sud-est asiatico e Polo Sud e Nord – che finora hanno contributo meno ad aggravare il problema. Tuttavia, denunciano gli scienziati, è stimato come molta probabile un aumento, in frequenza e intensità, di fenomeni siccitosi anche in Europa meridionale, Stati Uniti meridionali e Occidentali e Cina nord-occidentale.

La seconda parte del 6° Assessment Report dell’Ipcc, che ha raccolto oltre 650 ricerche condotte da 270 ricercatori di 67 Paesi, arriva circa 100 giorni dopo il vertice della Cop26 di Glasgow, dove i governi di tutto il mondo si sono impegnati a intensificare gli sforzi per contenere il riscaldamento globale e scongiurare gli effetti più pesanti del climate change.

Per farlo sarà necessario ridurre le emissioni del 45% entro il 2030, e portarle a zero entro il 2050. «Tuttavia, secondo le strategie attuali, dovrebbero aumentare di quali il 14% nel decennio in corso», ha dichiarato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, spiegando che «già adesso, molti ecosistemi sono arrivati al punto di non ritorno. L’inquinamento globale senza controllo sta spingendo i più vulnerabili a marciare verso la distruzione. I fatti sono innegabili».

I risultati raggiunti nel report sono un «atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante contro la fallita leadership climatica», ha continuato Guterres.

Per questo è indispensabile, secondo i curatori del report, mantenere l’aumento del riscaldamento globale entro 1,5°. Sforandolo, si legge nel documento, i ghiacciai e le riserve di acqua dolce diminuiranno a velocità tale da costringere all’insicurezza idrica miliardi di persone. E a cascata, l’agricoltura non sarà più praticabile in molte aree del pianeta.

In base ai dati emersi, per gran parte degli ecosistemi, già oggi considerati vulnerabili, la probabilità di estinzione raddoppia a 2°C, diventando 10 volte maggiore con un riscaldamento globale di 3°C entro il 2100. Guardando all’Europa, con un riscaldamento stimato di 3° la siccità estrema colpirebbe 170 milioni di persone, con un incremento termico di 1,5°, invece, 120 milioni.

A tal proposito, il report ha dedicato un intero capitolo agli effetti dell’emergenza climatica sul Mediterraneo, la cui temperatura superficiale è già aumentata di 1,5° ma potrebbe incrementarsi fino a 5,6°C entro il 2100, a seconda dello scenario delle emissioni. «La siccità» – denuncia il Wwf – «è diventata già più frequente e intensa, specie nei Paesi del Nord del Mediterraneo, ma potrebbe aumentare ulteriormente e il livello delle precipitazioni potrebbe diminuire tra il 4 e il 22%». Inoltre, i rischi di inondazioni costiere potrebbero registrare un aumento fino al 37% in quei settori costieri del Mare Nostrum oggi abitati da 42 milioni di persone.

Questi rischi si moltiplicherebbero in caso di massiccio collasso delle calotte di ghiaccio in Antartide.

Infine, il tema della salute. Il riscaldamento globale ha tutte le potenzialità per aumentare il rischio di contrarre malattie non endemiche nelle nostre aree, è il caso ad esempio della diffusione della febbre dengue trasmessa dalle zanzare.

Ma oltre alle ripercussioni sulla salute fisica, per la prima volta il report ha specificato che il cambiamento climatico potrebbe esacerbare i problemi di salute mentale, inclusi lo stress e i traumi legati agli eventi meteorologici estremi.

Nel sommario realizzato per i politici, sono state analizzate le soluzioni possibili a questa emergenza. A tal proposito, il report Ipcc mette in guardia rispetto al ricorso alla geoingegneria e alle tecnologie di cattura diretta dall’aria della CO2, che potrebbero avere effetti controproducenti. Al contrario, parte della soluzione dovrebbe riguardare un ripensamento delle città, cioè gli hot-spot degli impatti climatici che, se convertiti alle energie rinnovabili, trasporti ed edifici più ecologici, offrirebbero una reale opportunità di adattamento.

«Che ai leader del mondo piaccia o no, questo rapporto definirà le future politiche climatiche – ha fatto sapere Greenpeace – Al prossimo vertice sul clima (Cop27), che si svolgerà in Egitto a fine anno, i governi saranno chiamati a rimediare al crescente divario tra le misure di adattamento, le perdite e i danni, e le profonde ingiustizie causate dalla crisi climatica, evidenziate nel rapporto».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter