Ridotta all’osso, la manifestazione di San Giovanni dei cosiddetti pacifisti è stata una protesta contro la Nato. Che, tradotto, significa contro gli Stati Uniti d’America. Ma a questo pacifismo ideologico – antiamericano, antioccidentale, antiliberale – bisognerebbe ricordare che le uniche possibilità di risolvere la crisi in Ucraina e di stoppare l’imperialismo nazionalbolscevico di Vladimir Putin dipendono proprio dagli Stati Uniti e dalla Nato (e dal risveglio di un’Europa che riconferma la sua scelta del campo occidentale). E che se se c’è, oggi, un leader mondiale da ringraziare per i suoi appelli e al quale chiedere scusa per non averlo ascoltato abbastanza, beh, quel leader è proprio Joe Biden. Almeno per cinque motivi.
1– Quando l’estate scorsa gli americani lasciarono l’Afghanistan gliene abbiamo dette di tutti i colori. Ma oggi sappiamo che Joe Biden ha fatto la cosa giusta. Il ritiro delle truppe americane aveva una giustificazione strategica fondamentale: lo scenario mediorientale è meno rilevante rispetto all’emersione di nuovi focolai di crisi in giro per il mondo e, soprattutto, rispetto alla radicale trasformazione degli equilibri geopolitici. Biden ha già chiaro da tempo che l’esplosione economica della Cina – che si appresta a diventare, secondo alcuni osservatori, la prima economia mondiale, superando proprio gli Stati Uniti – cambia profondamente l’assetto delle relazioni internazionali, spostando il baricentro verso l’Oriente. Diventa necessario pertanto vigilare l’emisfero che va dal Pacifico agli Urali. Partendo da Pechino, che sarà sempre più protagonista economica e tecnologica nello scacchiere globale, per finire a Mosca, che conserva il secondo arsenale militare e nucleare del pianeta.
2 – Dall’inizio del suo mandato, Biden si sgola sulla necessità di rafforzare e unire le democrazie contro l’emersione di nuove minacce autoritarie. Finora, il suo invito è stato declassato all’ossessione senile di un presidente alla disperata ricerca di un ruolo per sé e per l’America dopo gli anni dell’amministrazione repubblicana. Donald Trump aveva cercato sistematicamente il disimpegno dagli affari del mondo puntando sul rilancio dell’isolazionismo economico e del nazionalismo politico dell’America.
Per raggiungere questo obiettivo, Trump ha sabotato l’unità della Nato e ha approfondito le divisioni interne all’Unione europea, vittima delle convulsioni della Brexit, dei litigi tra i paesi frugali e i paesi mediterranei e della frammentazione della politica estera. Una strategia che lo ha legato a Vladimir Putin – e ad altri autocrati in giro per il mondo – accettando l’hackeraggio digitale del leader russo sulle elezioni americane e sposandone gli eccessi.
L’utopia di una alleanza mondiale dei populismi nazionalisti ispirata da Steve Bannon, il consigliere di Trump, sembrava vicina a realizzarsi. Durante la presidenza del magnate americano, Putin ha così goduto della progressiva distanza tra Europa e Stati Uniti, ha consolidato il suo potere interno e la sua influenza internazionale senza alcun tipo di ostacolo e si è messo alla testa di una iniziativa politica e strategica basata sull’esaurimento del ciclo storico delle democrazie liberali, dichiarato più volte e apertamente. Con gli Usa isolati e l’Europa litigiosa, Joe Biden ha ricominciato tra le macerie del fronte occidentale. Oggi, la guerra della Russia in Ucraina, rende ragione alla intuizione del presidente americano: ricostruire il blocco delle democrazie diventa sempre più necessario per difendere la libertà, la pace e il progresso contro la minaccia dell’autoritarismo.
3 – Esattamente un anno fa, rispondendo a una domanda durante un’intervista al canale televisivo statunitense ABC News, Joe Biden ha ammesso di ritenere il presidente russo Vladimir Putin «un assassino». Una risposta brutale, se giudicata secondo i canoni del linguaggio diplomatico, ma empiricamente indiscutibile. Ricordiamo gli assassini in serie dei dissidenti e dei critici del regime – da Anna Politkovskaja ad Aleksandr Litvinenko – alcuni dei quali eliminati anche fuori dalla Russia, secondo modalità tipicamente mafiose. Oppure gli stermini compiuti in alcune regioni vittime dei suoi appetiti: dalla Cecenia all’Ossezia, dalla Georgia alla Crimea. Tutto questo nel silenzio complice dei Paesi europei che, fino ad oggi, hanno continuato a tenere legami strettissimi con la Russia, a partire dalla Germania di Angela Merkel. Proprio in questi giorni, l’intelligence americana è all’opera per monitorare lo stato di salute del tiranno russo, nel timore che il suo narcisismo patologico e il suo delirio di onnipotenza possano condurlo a una deriva distruttiva sempre più drammatica.
4 – Negli ultimi mesi nessuno aveva immaginato che la Russia potesse davvero attaccare l’Ucraina. Potremmo raccogliere chilometri e chilometri di dichiarazioni di intellettuali, docenti, analisti e osservatori impegnati a garantire e a giurare che no, era impossibile che Vladimir Putin potesse portare la guerra nel cuore dell’Europa. Salvo attivare il piagnisteo sui ritardi e sulla miopia dell’Occidente, immediatamente dopo il lancio delle prime bombe. Qual è stato il primo e unico leader mondiale a lanciare l’allarme sulla minaccia russa e sulla probabile invasione dell’Ucraina, prontamente accusato di isteria da Putin (cosa che non stupisce) ma anche da buona parte del mondo occidentale (cosa che stupisce un po’ di più)? Il suo nome è, ancora una volta, Joe Biden.
5 – Last but not least. In anni recenti, Mosca ha adottato una strategia di infiltrazione sistematica nell’infosfera dei paesi occidentali. Basti pensare alla capacità di influenzare la stessa campagna presidenziale ed elettorale americana, con l’avallo di Donald Trump. Ma qualcosa di simile è accaduto anche in Italia dove è ormai acclarato il coinvolgimento del Cremlino nel successo dei partiti populisti italiani e nella ramificazione della protesta No Vax e No Pass. Sul versante economico, il governo russo ha anche conquistato posizioni sul piano delle forniture energetiche e delle relazioni commerciali approfittando del lassismo di alcuni governi europei, come quello tedesco, e dell’adesione idiota ed entusiasta dei governi gialloverde e giallorosso in Italia.
Anche in queste situazioni, l’impegno di Joe Biden è stato totale. Nel suo paese ha fatto di tutto per smascherare l’ingerenza digitale di Mosca nella politica americana e l’intreccio di interessi esistente tra Putin e Trump. In Europa, mentre cresceva la minaccia di Putin verso l’Ucraina, nel timore di interruzioni nelle forniture di gas da parte della Russia, Joe Biden ha messo a disposizione le riserve americane e ha mobilitato altri paesi per garantire forniture sostitutive per i paesi alleati.
Ecco perché oggi, mentre le città dell’Ucraina sono bombardate dai cannoni russi e l’Occidente si ritrova all’improvviso riunito contro il nazionalismo risorgente, bisognerebbe riconoscere a Biden quella lungimiranza che nessun altro ha avuto. Con buona pace del pacifismo ideologico antiamericano.