Presto non avremo più sabbiaIl problema dell’estrazione delle risorse è che non sono infinite

Le imprese devono modificare il paradigma del trattamento dei rifiuti minerari. Presto potremo trovarci ad affrontare un pianeta senza più materie prime

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Tra le risorse maggiormente consumate al mondo, al secondo posto in assoluto, dopo l’acqua, troviamo la sabbia. Elemento indispensabile per costruire città e infrastrutture, le applicazioni della sabbia sono numerosissime e vanno dal cemento, all’asfalto, al vetro sino ai chip elettronici. La domanda, negli ultimi 20 anni, è triplicata per via soprattutto dell’urbanizzazione e della crescita della popolazione. Oggi, per fare un esempio, solo per il calcestruzzo ne consumiamo 3,2 miliardi di tonnellate ogni anno. E, nell’insieme, se ne stima un consumo annuo di 50 miliardi di tonnellate che aumenterà sino al 300 per cento nei Paesi più poveri soprattutto in Africa e Asia per via dell’aumento della popolazione e dell’urbanizzazione.

Erroneamente pensiamo alla sabbia come a una risorsa infinita e tuttavia nei prossimi decenni questa risorsa essenziale si esaurirà. Anche se il pensiero corre alla quantità sconfinata di sabbia immediatamente disponibile nei deserti, per qualità e caratteristiche questa non è utilizzabile, serve invece quella estratta dai letti dei fiumi e dai fondali marini. Cosicché l’estrazione di simili quantità e volumi comporta gravi conseguenze ambientali e ne comporterà sempre di più.

Basti pensare che, rispetto all’acqua che ha un suo ciclo, la sabbia, una volta usata nei vari materiali non tornerà più a far parte dell’ambiente. Per questa ragione sarà sempre più rara e dunque iniziare a trattarla tempestivamente come una risorsa strategica è sempre più urgente. Oltre al tema della scarsità, occorre considerare anche quello legato alla sua estrazione che sempre più compromette i fiumi per via dell’erosione dei loro argini che di conseguenza fa crescere notevolmente il rischio di inondazioni. Per la sabbia occorre dunque, «una maggiore conoscenza scientifica, tecnica e politica, al fine di sostenere azioni globali per l’estrazione e l’uso nel rispetto dell’ambiente», come afferma la risoluzione «Environmental aspects of minerals and metals management» appena approvata, nel marzo scorso, dalla quinta United Nations Environment Assembly (UNEA).

Ma occorre anche un cambio di paradigma nella cultura d’impresa che deve aprirsi all’innovazione. Innovare spesso spaventa. Non sempre siamo propensi ad allontanarci dai nostri percorsi conosciuti che ci permettono di sentirci in sicurezza. Tuttavia, e non solo in un simile scenario di esaurimento delle risorse, innovare significa solo «variare l’ordine prestabilito delle cose per fare cose nuove». Oggi, nel campo dell’edilizia, esistono soluzioni innovative che forniscono un’alternativa alla sabbia molto interessante. Per esempio, la cosiddetta demolizione gentile praticata già da tempo in alcuni Paesi più attenti a queste tematiche come l’Olanda, dove dai palazzi abbattuti si recupera anche quel 30% di materiale che in genere viene perso come polvere. Ma soprattutto gli scarti delle cave che ancora oggi vengono smaltiti come rifiuti.

I rifiuti minerari sono il risultato dello sfruttamento delle miniere e attualmente rappresentano il più grande flusso di rifiuti del pianeta: circa 30 – 60 miliardi di tonnellate all’anno. Questa sabbia minerale ha il potenziale per affrontare contemporaneamente due sfide globali di sostenibilità: separare e riutilizzare questi materiali prima che vengano aggiunti al flusso di rifiuti non solo ridurrebbe significativamente il volume dei rifiuti generati, ma creerebbe anche una fonte responsabile di sabbia. Lo dice il rapporto «Ore-sand: a potential new solution to the mine tailings and global sand sustainability crises», edito dall’Université de Genève e dal Sustainable Minerals Institute dell’università del Queensland.

Un’altra idea innovativa viene dall’Università di Cambridge, che propone di sostituire il 10% della sabbia utilizzata per produrre cemento, una percentuale maggiore non è possibile, con plastica triturata che ha la stessa resistenza e la stessa durata della sabbia. Il riutilizzo della plastica è vantaggioso anche in termini economici specialmente in quei Paesi come l’India dove al boom edilizio si contrappone la scarsità di sabbia e dove ogni giorno vengono invece buttate 15.000 tonnellate di plastica.

È chiaro che l’innovazione tecnologica può aiutare a mitigare momentaneamente il problema della mancanza di materia prima per la costruzione, ma il vero cambiamento richiesto deve venire dal mondo delle imprese stesse. In questo caso specifico il cambiamento è richiesto a quello dell’edilizia ma, se consideriamo che la carenza di sabbia è solo una piccola parte del problema più grande dovuto al depauperamento di tutte le risorse naturali terrestri, comprendiamo che nessuna impresa e nessun imprenditore possono chiamarsi fuori.

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