Dove eravate venerdì in tarda mattinata, e con chi, e quanti gradi c’erano, e quanti soldi avevate in tasca. Lo so, lo so: avete l’alibi, a quell’ora siete quasi sempre via. Comincio io: ero in banca.
Mi ero decisa ad andare a chiedere come mai il bonifico automatizzato sull’home banking fosse più inaffidabile del ciclo mestruale di una tizia con l’endometriosi. Credevo me la sarei sbrigata in fretta.
In quella tarda mattinata in cui i circuiti delle carte di credito si bloccavano e gli italiani che non erano in fila davanti a me in banca, a ritirare rotoli di contanti con cui andare a mangiare l’agnello fuori porta, quegli italiani lì erano in giro per negozi e non riuscivano a pagare, pare.
Nel pomeriggio arrivava a sbeffeggiarli Claudio Borghi, deputato della Lega, con questo tweet: «Perché a quanto pare mi sono accorto per ultimo dello stop ai bancomat? Semplice, perché se posso pago in contanti che prima prelevo preferibilmente ad uno sportello dove c’è un cassiere umano con cui scambiare anche qualche parola». Quando l’ho letto ho pensato al tizio in fila davanti a me, anche lui smanioso di socializzare col cassiere, per colpa del quale avevo aspettato un’ora prima di riuscire a parlare con qualcuno, spogliandomi d’uno strato di vestiti alla volta e pensando fortissimo a Draghi che chiede se vogliamo l’aria condizionata o la pace.
Uno dei dettagli più interessanti dell’ubriachissimo dibattito pubblico è che, finché la minaccia era «restiamo senza riscaldamento», nessuno si permetteva d’irriderla. A gennaio c’erano venti gradi, ma nel nostro subconscio è incrostata la memoria degli inverni dickensiani, ci sembra una tortura la prospettiva di svernare senza riscaldamento. L’aria condizionata, invece, è chiaramente un capriccio.
Ci pensavo mentre mi sventolavo e mi denudavo e mi spalmavo contro un finestrone della banca di cui era aperto uno spiraglio dal quale speravo invano di trarre frescura. Non me ne importa granché della pace, ma diciotto gradi climatizzati li pretendo, sono un mio diritto, mica sono russa, mica ho la mistica di rinunce e sacrifici e vita spartana.
La tizia allo sportello a fianco aveva dei capelli appiccicatissimi alla testa, quando sono entrata ho pensato non si facesse uno shampoo da mesi, ma dopo mezz’ora sentivo i miei capelli sudare fino a diventare uguali, probabilmente quand’era entrata in banca era fresca di messinpiega. Ho già detto che alla pace sono disposta a rinunciare?
Sotto il tweet di Borghi compariva il tweet d’una tizia che conosco, che di mestiere fa pagare i Borghi del mondo in un supermercato romano: «Da cassiera le dico che la qualche parola sarebbero tutte maledizioni perché a quelli coi contanti bisogna dargli il resto, in monete il 90% delle volte, monete che finiscono sempre presto grazie a quelli come lei. Paghi con la carta e ci faccia lavorare in pace». Era come quella roba che dice Bill Maher, io non voglio parlare con l’autista di Uber ma ci faccio conversazione per paura che mi dia poche stelle e poi quando chiamo una Uber quella non arrivi; lui non vuole parlare con me ma fa conversazione perché anche lui ostaggio delle stelle. Un mondo di gente che si sacrifica a fare conversazione con gente che a sua volta si sacrifica a fare conversazione.
Io intanto continuavo a pregare che la combinazione letale tra clienti socievoli e cassieri lenti non mi facesse squagliare ulteriormente, mentre un tizio dava a Borghi del boomer e gli faceva balenare la temibilissima ipotesi che i figli ridessero di lui (che vergogna, una generazione di adulti che elemosina il rispetto dei minorenni che mantiene, come ci siamo ridotti così). Borghi rispondeva: «I figli pensano che il bancomat sia io quindi non credo abbiano molto da recriminare», e io nel frattempo riuscivo a ottenere udienza ma non soluzione allo sportello bancario, presso il cassiere umano che falliva nel capire l’intoppo, sebbene convocasse tre suoi colleghi che aggrottavano tutti perplessi la fronte come gli fosse stato posto un problema alieno alle loro mansioni (trattasi di bonifici, siete bancari, non è che vi abbia chiesto se è meglio il grana o il parmigiano, borbottavo vile sotto la mascherina, certa che il plexiglas impedisse loro d’udire il mio disprezzo).
Visto che ero lì, e avevo sudato un’ora per niente, ho preso dei contanti: chissà se hanno pensato sapessi del blocco delle carte, o se m’hanno presa per un Borghi che per prudenza comunque gira sempre col contante, o se hanno pensato dovessi pagare in nero un agnello pasquale (pago in nero solo il parrucchiere, e se non mi fate stare un’ora a sudarmi il turno allo sportello non devo neanche andarci due volte al giorno).
Uscendo, ho scoperto perché avevo sofferto così tanto. Non era solo che, per accondiscendenza nei confronti di Draghi, la mia banca non avesse acceso l’aria condizionata. Era che, con 23 gradi all’ombra e un sole splendente, avevano il riscaldamento acceso.
Ho passato il resto della giornata a non parlare d’altro – ma ti rendi conto che questi coglioni avevano il riscaldamento acceso? – e a sentirmi rispondere variazioni su: eh, ma oggi è l’ultimo giorno. I riscaldamenti centralizzati, mi spiegavano seri i miei interlocutori, si possono tenere accesi fino al 15 aprile: mica li spegni prima, mica ci pensi. No, certo, morire di caldo e prendere l’audace iniziativa di spegnere il riscaldamento richiede una complessità intellettuale ingestibile per una banca. Per chi non è abituato, pensare è sconsigliato.
A me, che il riscaldamento quest’anno l’ho spento a gennaio non per risparmiare e non per ecologia ma perché faceva davvero troppo caldo, come minimo devono dare il Nobel per la Fisica. Al bancario che capirà perché la mia app per i bonifici fa i capricci daranno quello per l’Economia. A Borghi, che ha voglia di parlare coi cassieri, proporrei di dare quello per la Pace. Per Stoccolma prendiamo un torpedone tutti insieme, accettano contanti e a bordo ci vendono pure le pentole.