Se il trucco più riuscito del diavolo è stato convincerci che non esiste, la battuta migliore di Beppe Grillo è stata sostenere di aver fondato un movimento politico. Non era niente del genere, come si dimostra in questi giorni.
Nel pieno della più grave crisi internazionale degli ultimi decenni, infatti, il fondatore del Movimento 5 stelle è sceso a Roma per discutere con i vertici del suo partito, dal presidente (sub judice) Giuseppe Conte al presidente della Camera Roberto Fico, dal ministro Stefano Patuanelli ai capigruppo di Camera e Senato: per parlare della guerra in Ucraina? Dei rapporti con la Russia, delle sanzioni, dell’allargamento della Nato? Macché. Del blog. O per meglio dire, di soldi. Cioè dell’unico motivo per cui il «garante» del Movimento 5 stelle ha messo in piedi l’uno e l’altro, il blog e il partito.
Stando almeno a quanto riportato da tutti i giornali, questo sarebbe stato infatti l’oggetto dei colloqui: i soldi che il movimento gli dovrebbe dare per «l’uso» del blog. Per essere sicuro di non sbagliare, cito da una fonte sicuramente non ostile come il Fatto quotidiano, che la mette così: «Un coinvolgimento maggiore di Beppe Grillo nella divulgazione delle idee del Movimento e quindi una vera e propria partnership (a pagamento) con il blog». Capito bene? Una partnership.
«Il Movimento 5 stelle – informa una nota ufficiale del partito in serata – ha raggiunto un accordo con Beppe Grillo che comprende attività di supporto nella comunicazione con l’ideazione di campagne, promozione di strategie digitali, produzione video, organizzazione eventi, produzione di materiali audiovisivi per attività didattica della Scuola di formazione del Movimento, campagne elettorali e varie iniziative politiche».
Se non fosse tragico sarebbe da morire dal ridere.
Di sicuro, oltre che tragico, è un episodio molto istruttivo. Perché chiarisce definitivamente la genesi, la natura e il movente dell’impegno politico di Grillo, che a ben vedere non è diverso da quello di Steve Bannon negli Stati Uniti, con le sue mille attività che ne hanno preceduto e accompagnato la pseudo-carriera politica, dal banchiere d’investimento (proprio lui, certo) al consigliere d’amministrazione in Cambridge Analytica (proprio quella, ovvio).
Potremmo definirli i piazzisti del populismo. Non credono a quello che dicono più di quanto i protagonisti di certe televendite credano davvero alla crema sciogli-pancia o alla pallina lava-vestiti (a suo tempo pubblicizzata da Grillo, peraltro).
Anzi, come è sempre più evidente, non è tanto che non ci credano. È proprio che non gliene frega niente.