Per lavoro, lui doveva ogni giorno giocare una lunghissima partita di Campo minato su uno scacchiere che misurava un centinaio di caselle per un centinaio; la moglie invece affrontava per tutto il giorno una serie di amici in video, ai quali era incaricata di chiedere ogni trenta secondi di che umore fossero.
Ovviamente non era questo il lavoro che faceva davvero la moglie, e lui non giocava davvero a Campo minato, ma facevano rispettivamente un lavoro di squadra e un lavoro solitario, e siccome d’estate lo facevano per lo più senza incontrare le persone che costituivano il loro mondo del lavoro, le attività che svolgevano risultavano sempre più astratte. Lavorare era uno dei modi per procurarsi denaro e, insieme, era uno dei modi per procurarsi una statura. Quando nei mesi caldi scompariva la rete sociale, che gli restituiva la sua statura e la statura della moglie con tutte le sfumature di cui era capace, gli pareva che del lavoro specifico si perdessero tutte le caratteristiche specifiche; se ne perdeva in un certo senso il sapore, come con il naso chiuso non si sente il sapore specifico di un cibo perché c’è solo la lingua a riconoscere rozzamente i cinque gusti fondamentali: il denaro era quei cinque gusti fondamentali, ma la reputazione era l’olfatto, definiva la complessità del profilo aromatico del lavoro svolto. (Queste considerazioni non servono a definire la psicologia del personaggio, hanno piuttosto una funzione sismografica, aiutano a capire il livello della scossa avvertita da uno di questi personaggi o persone davanti alla smaterializzazione di una certa idea di città.)
Quella partita ideale a Campo minato, e quella sessione di domande su come si sentissero i colleghi, si presero tutto il resto della giornata a eccezione di tre momenti ricavati dalle pause della moglie. Per pranzo lui salì a preparare soltanto un’insalata di iceberg, mango, qualche striscia di peperone crudo, carote e metà di un peperoncino sottaceto sminuzzato; consumarono di sotto, pescando in una ciotola anche del riso al vapore poco fragrante avanzato dal giorno prima.
In un’altra pausa, la moglie gli chiese di fargli il massaggio con il Gua Sha che le aveva promesso. Lui salì di sopra a disinfettare la tavoletta di giada stondata, scese con la boccetta di olio d’oliva e si cosparse il palmo della mano di alcune gocce, con cui le umettò la faccia. Lei era seduta a gambe incrociate sul materasso a terra e già sospirava aspettando il massaggio ai vasi linfatici della clavicola (si aprì la camicetta), del collo, delle mascelle, degli zigomi e della fronte. Con la tavoletta inclinata e il tocco leggero lui si immaginò di trasportare verso il basso le tossine che sua moglie aveva nel viso, in effetti un po’ gonfio, e la sentì gemere di piacere a ogni passata della pietra fresca.
Lei accese la telecamera del telefono e le parve di avere un incarnato più acceso di prima. Il pensiero di avere una buona circolazione era importante quanto la buona circolazione. Gli disse che i bambini della casa quella settimana erano diventati improvvisamente molto dolci, e quando è così, e quando non vanno sgridati tutto il tempo, è come se si fondessero tutti e diventassero un’unica – disse – nidiata. Allora tra gli adulti della casa si crea un certo umore, si fermano molto più spesso in corridoio o sulla porta per stringersi – tra adulti, intendeva dire – e tutti è come se rifiatassero dalla fatica, e lei a volte avrebbe voluto che il marito fosse lì con lei e le dicesse la sua, desse la sua interpretazione di quello stato d’animo magico in cui crede di fondersi anche lei pur con la sua ambivalenza. Le chiese se non pensava di aver conosciuto sensazioni del genere quando lui li raggiungeva nei fine settimana, ma lei gli disse che il fine settimana era diverso: forse perché i bambini che avevano i nonni ricevevano le visite dei nonni e si creava una situazione più performativa, meno – disse – lunare.
«Passerò in mezzo alla settimana così posso venire a vedere. Ma mi devi dire quando succede».
«Tu vedresti la situazione in modo diverso da me». A lui venne un moto di amore e glielo disse.
La terza pausa la decise ancora la moglie, che era vincolata alle sue sessioni video; alla fine di una riunione abbassò lo schermo del computer e lo guardò: «Non vuoi godere?» Lui vide questa grande bambina seduta in camicia sul letto, con la schiena lunga, e tese la mano per accarezzarle il seno.
Durante la penetrazione lei fu assente e lui cominciò a dirle che stava facendo benissimo, e visto che lei diceva di non voler venire sarebbe stata ai suoi ordini, e la moglie annuì e dopo, mentre riposavano poco prima di una nuova sessione video, gli disse che le era piaciuto, e che quell’estraneità si poteva avere solo quando c’era intimità. Non sapeva se si sarebbe permessa tanta freddezza con una persona sconosciuta, e dopo averlo detto rise, e rideva anche, disse, del fatto che la gente spesso intende la passione come uno scambio tra due persone, mentre a lei pareva che la passione venisse più dal fatto che una persona apprezza se stessa quando si lancia in una relazione avventurosamente, e prova un grande trasporto per se stessa. L’amore invece permette l’intimità della freddezza assoluta.
Durante la nuova sessione video della moglie lui concluse la sua partita a Campo minato e pur cercando oziosamente di cominciare quella del giorno dopo, in realtà si ritrovò a trastullarsi con una penna per l’acupressione, se la passò sotto gli zigomi per aprire i polmoni e rilassarsi, e si rilassò fino a riaddormentarsi.
Quando si svegliò, la moglie non era più in camera. Salì di sopra e non la trovò, allora andò in bagno per pisciare e nello specchio vide che lei gli aveva scritto in fronte con un pennarello nero, Ciao cretino cuore mio.
Mentre sentiva scendere le lacrime sulla guancia, che si stava inumidendo per il caldo del piano terra, respirò e riconobbe l’odore della sua pelle e del suo pianto e col pensiero fece una fotografia di quel momento, come un esploratore che, arrivato in un territorio sconosciuto e avendo perso la sua macchina fotografica e il suo quaderno e ogni strumento cruciale per la sopravvivenza, cerca di imprimersi quel territorio nella memoria come dovesse raccontarlo, anche se sa che non riuscirà a tornare indietro.
da “Solo storie di sesso”, di Francesco Pacifico, Nottetempo, 2022, pagine 176, euro 15