Roman Abramovich aveva spianato la strada. Quando nel 2003 aveva acquistato il Chelsea, i ricchi magnati russi erano visti da molti cittadini britannici con un misto di curiosità e sospetto. Poi la prima ha prevalso e l’élite inglese ha accolto a braccia aperte tutti gli oligarchi che sono arrivati dopo.
Gli oligarchi hanno donato milioni di sterline al Partito conservatore, hanno finanziato grandi gallerie d’arte, hanno creato lavoro per gli equipaggi britannici che dovevano curare i loro yacht e gli avvocati britannici che dovevano difenderli dalle accuse di diffamazione.
Sono passati diversi anni da quando fu coniato il soprannome “Londongrad”, per indicare che la capitale inglese era ormai diventata avamposto occidentale del denaro russo.
Londra non è stata l’unica grande città ad accogliere i capitali di Mosca nel nuovo millennio, ma di sicuro è stata una destinazione privilegiata per i soldi sporchi: la National Crime Agency stima che il bottino russo, in termini di riciclaggio di denaro, arrivi almeno a 125 miliardi di dollari l’anno.
I russi si sono tuffati nel Tamigi con grande entusiasmo, per vari motivi: alcuni hanno guardato ai vantaggi fiscali offerti da Londra, altri per riciclare denaro sporco o guadagnato in circostanze al limite della criminalità, qualcuno, semplicemente, ha trovato una casa stabile in cui godersi le ricchezze guadagnate legittimamente.
È noto infatti che il Regno Unito non faccia troppi problemi sulle proprietà straniere nei giornali, nelle squadre di calcio e in altri settori. Inoltre Londra ha una gran quantità di proprietà di lusso, i suoi avvocati, economisti e banchieri offrono liberamente i loro servizi a chiunque possa pagare ricche parcelle, e c’è una miriade di scuole e università di prim’ordine in cui mandare figli e parenti.
«I politici hanno sopravvalutato i benefici e sottovalutato i costi, al momento di dispiegare il tappeto rosso per gli oligarchi», scrive l’Economist. «Nello schema macroeconomico, i guadagni si sono rivelati piccoli e concentrati, hanno ingrossato per lo più le tasche di un gruppo selezionato di banchieri e avvocati. Mentre i costi erano più pervasivi: la crescente reputazione di Londra come depositaria di denaro contaminato ha minato il suo centro finanziario e offuscato il suo sistema legale».
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha stravolto lo schema. I governi occidentali hanno imposto diversi pacchetti di sanzioni già a febbraio. Come a dire: la festa è finita (in realtà si è solo trasferita a Dubai: gli Emirati Arabi Uniti hanno rifiutato di schierarsi sul conflitto).
Londongrad, se il nome davvero rappresenta il rapporto del Regno Unito con l’oligarchia russa, si sta sfasciando. L’Economist ne ha descritto le ultime settimane in un lungo articolo pubblicato sul magazine 1843, in cui diversi autori hanno raccontato aneddoti e storie.
«I clienti russi – ha scritto Barclay Bram in un brano dell’articolo – hanno smesso di andare nella boutique ammiraglia di un importante stilista francese a Londra. Sebbene i clienti cinesi e mediorientali siano sempre i più numerosi, quelli russi spendevano molto: rappresentavano il 20% delle vendite di “super lusso”. Tra l’altro adesso l’azienda ha chiuso tutti i suoi negozi in Russia, che però vendevano più di tutti quelli europei messi insieme».
La guerra in Ucraina ha portato a un brusco cambiamento in una realtà ormai consolidata da anni. La Gran Bretagna ha sanzionato più di 1.600 persone e aziende, inclusi oltre 10 oligarchi (con i loro familiari) che si sono arricchiti grazie alla cleptocrazia del presidente Vladimir Putin.
A metà marzo, meno di tre settimane dopo l’ingresso delle forze russe in Ucraina, è stato presentato d’urgenza al Parlamento un disegno di legge sulla criminalità economica – in attesa da tempo – che semplifica il perseguimento dei casi di corruzione internazionale. Un provvedimento che dovrebbe far seguito a un po’ di azioni, rivelatesi poco incisive, da parte dei conservatori al governo.
«I tentativi del governo di tenere a freno i territori offshore della Gran Bretagna sono stati deboli, come testimonia lo scandalo per traffico di droga e riciclaggio di denaro che ha travolto il leader delle Isole Vergini britanniche; i ministri hanno abolito il sistema delle golden visa; ci sono state proposte di riforma per una legge sulla diffamazione che permette agli oligarchi di spaventare gli oppositori critici; ed è stato accelerato un disegno di legge sulla criminalità economica che, tra le altre cose, imporrà maggiore trasparenza ai proprietari stranieri di proprietà britanniche», scrive l’Economist. Ma non basta: «Ciò di cui la Gran Bretagna ha davvero bisogno non sono più leggi ma una migliore applicazione. La priorità è la supervisione degli avvocati, che svolgono un ruolo centrale nel mettere insieme strutture offshore corrotte e respingere il controllo di coloro che si impegnano in frodi finanziarie».
Per risolvere i legami illeciti – quindi sconvenienti – con l’oligarchia russa, c’è bisogno di mettere a punto alcune operazioni di primaria importanza. Una priorità, dice l’Economist, è che la Solicitors Regulation Authority – l’organismo di regolamentazione dei procuratori legali in Inghilterra e in Galles – mostri i denti e inizi a colpire chi deve essere colpito dalla giustizia. Ed è un primo passo.
Una seconda priorità è fornire più strumenti, quindi rendere più efficaci gli investigatori e i pubblici ministeri del governo. I casi di corruzione sono sempre molto difficili da scovare, da portare in tribunale, da punire. Il vecchio adagio del “follow the money” non semplifica il discorso: i percorsi del denaro degli oligarchi russi sono spesso complessi e valicano i confini dei diversi Stati.
Nel Regno Unito il compito di costruire casi di questo tipo è distribuito tra diverse agenzie e le forze di polizia. Solo che il loro budget per combattere la corruzione transfrontaliera, sommato tra tutti gli organismi, è di appena 40-50 milioni di sterline. Per avere un metro di paragone: è quanto guadagnano in un anno dal Chelsea di Roman Abramovich i tre giocatori più pagati del club – l’esempio del Chelsea calza a pennello perché Abramovich è uno degli oligarchi colpiti dalle sanzioni, che adesso sta cercando di vendere la società.
«Le agenzie di lotta alla corruzione – è la conclusione dell’Economist – soffrono di una cronica mancanza di investigatori forensi, e i pubblici ministeri non hanno budget per portare più casi singoli, occasionali, davanti alla Corte. Questa dinamica deve cambiare. Ripulire la Gran Bretagna dai soldi sporchi non è rocket science, ma sicuramente costerà molto denaro».