Quando il Re parla, o meglio, scrive, è difficile che passi inosservato. Neppure se racconta quello che prepara per una normale cena in casa. È storia recente il tweet di Stephen King sul salmone che stava per cucinare al microonde e che ha scatenato dibattiti e polemiche, tra fans gourmet che propongono soluzioni alternative e aspiranti critici letterari e gastronomici che bollano la sua ricetta come un vero racconto dell’orrore.
Scrive King: «Cena: prendi un bel filetto di salmone al supermercato, non troppo grande. Mettici sopra un po’ di olio di oliva e succo di limone. Avvolgilo in carta da cucina umida. Cuocilo nel microonde per tre minuti o giù di lì. Mangialo. Magari aggiungi un’insalata».
Reazioni immediate e disgustate dei fan: «Questa è forse la storia dell’orrore più breve che tu abbia mai scritto»; «Ho letto la maggior parte dei tuoi libri, ma questa è la cosa più spaventosa che tu abbia mai scritto»; addirittura lo chef stellato Josè Andreas, noto anche per la sua attività benefica con World Central Kitchen, dichiara schifato: «Questo è un film dell’orrore! Mangialo crudo, mangialo ai ferri, mangialo fritto, ma tre minuti al microonde è come ai confini della realtà! Cuocilo un minuto per volta se usi il microonde, dentro e fuori dentro e fuori… e meglio poco cotto! Lascia che le onde riscaldino le molecole d’acqua quanto basta perché siano calde». Insomma, nessuno sembra voler dare fiducia al pesce dello scrittore: chi teme che esploda, chi che il salmone invada il forno, chi che puzzi, chi in generale che sia una pessima idea.
Eppure King insiste: «Ho una sola cosa da dire alle persone che si lamentano della mia ricetta al salmone. Non rifiutatelo, se non l’avete neanche provato». E in effetti il dubbio che un tizio che ha venduto qualcosa come 500 milioni di libri non sia del tutto scemo, può venire. Così qualcuno ha provato a cucinare il salmone seguendo le prescrizioni kinghiane: qui viene proposta in immagini la ricetta, seguita passo passo, con solo un’aggiunta, data per scontata, di sale e pepe, e una libera interpretazione con l’uso di fettine di limone al posto del succo. E sorpresa! Il pesce è tutt’altro che cattivo. La carta umida lo avvolge ed evita che il pesce esploda invadendo tutto il forno, e lo mantiene tenero, umido e saporito. Insomma, l’esperimento è riuscito.
Parla (o scrivi) come mangi
Una delle prime regole di qualsiasi scrittore è “scrivi di cose che conosci”, un consiglio che lo stesso King dà nel suo “On writing. Autobiografia di un mestiere”. Ecco quindi il salmone incriminato fare capolino tra le pagine di uno degli ultimi romanzi di King, “Later“, dove si legge: “My mother was getting ready to put the salmon in the microwave”, la mamma si stava preparando a cucinare il salmone al microonde, probabilmente proprio secondo la ricetta descritta nel tweet. È indubbio che in questo caso realtà e finzione letteraria si toccano. Del resto nelle opere del Re il cibo ha un ruolo particolare: panini, hamburger, tacos, zuppe in scatola, bistecche, patatine e sandwich con le aragoste del Maine, hot dog, barrette di cioccolato, root beer e altre bibite gassate. King non si fa problemi a citare marchi di grandi catene o di piccole realtà, di multinazionali e di aziende locali realmente esistenti, trasformando gli alimenti in un solido ponte con la quotidianità. Una quotidianità in cui non si incontrano piattt gourmet o alta cucina, ma il fast food più tipicamente americano, in cui i ragazzini mangiano schifezze come tutti i ragazzini e in cui gli adulti sono troppo presi dalle loro faccende per concedersi qualcosa di più di un pasto completo surgelato. O di una fetta di salmone al microonde. Il cibo non è mai qualcosa di astratto o di fine a se stesso. Può essere funzionale alla narrazione, come i cioccolatini “magici” che escono dalla scatola dei bottoni di Gwendy nei due recenti romanzi scritti in collaborazione con Richard Chizmar. Può essere parte della descrizione di una realtà diversa: è il caso dei conigli che il pistolero Roland insegna ad uccidere, a cucinare con l’aggiunta di erbe profumate, e a scuoiare per ricavarne le pelli ai suoi nuovi amici Eddie e Susannah in “Terre desolate”, terzo episodio della saga della “Torre Nera”. Può definire l’ambientazione di una vicenda, come i lobster roll, i panini con l’aragosta di Colorado Kid, un racconto in cui tutto profuma di mare e parla con l’accento del Maine. Ancora, il cibo può servire a concludere una storia, anche una brutta storia: è il ruolo che hanno i gamberi alla creola di Dick Halloran, il cuoco dell’Overlook Hotel, alla fine di “Shining”, quando Danny e sua madre cercano di tornare a vivere dopo l’incubo appena vissuto. Ma il cibo può essere anche parte dell’orrore, può uccidere, avvelenare, strangolare. Chi ama Stephen King sa che nei suoi libri passa tutto il mondo, vero e immaginato, e che nel mondo c’è il bene e il male. Così il cibo può fare bene e fare male, e a volte entrambe le cose insieme. Basta pensare all’ultima cena richiesta da un condannato a morte davvero speciale, John Coffey (“come la bevanda, ma scritto diverso”) che nel “Miglio Verde” si trova ad esprimere un ultimo desiderio: «Poi la sua fronte si ridistese e John sorrise “Polpettone”. “E polpettone sia. Con sugo di carne e purè di patate”. Avvertii un formicolio come quello che ti prende al braccio quando ci hai dormito sopra, se non che io ce l’avevo su tutto il corpo. Nel corpo. “Nient’altro?”. “Non so, capo. Quel che avete mi andrà bene. Zuppa di gumbo, magari, ma mi va bene tutto”. “D’accordo”, conclusi io e pensai che vi avrei aggiunto anche una fetta di crostata della signora Janice Edgecombe”». Quella crostata che era servita a ringraziare Coffey per una guarigione miracolosa. In poche righe, polpettone e crostata descrivono il rapporto tra due uomini, raccontano i loro caratteri, aprono una finestra su due vite giuste che si incontrano di fronte a una morte ingiusta.
L’amore è una fetta di cheesecake
Non solo nei romanzi, il cibo ha, come è logico, un ruolo importante anche nella vita quotidiana di King, pur se con una predilezione per la semplicità. Del resto il Re ha dichiarato in un’intervista di essersi sposato con Tabitha per amore del pesce che lei sapeva cucinare: pare fosse proprio salmone, caramellato al forno. Il Re ama impastare e cuocere il pane da sé, ed è un appassionato di cheesecake: due fette di questa torta sono il suo dessert preferito, che lui definisce “cibo per la mente”. Si sa anche che è lui in genere a cucinare in casa, e che si è già trovato in altre occasioni a difendere pubblicamente l’uso del microonde, risorsa per chi ha poco tempo e non vuole vivere solo di surgelati. Ma dei suoi gusti si sa poco di più, se non che odia le cose viscide: «Non mangerei mai le ostriche – ha dichiarato – trovo orribile il modo in cui scivolano nella tua gola, vive». Un’immagine davvero spaventosa.