Il Cile è stato a lungo considerato un Paese capitalista modello in Sudamerica. Nell’Indice dello sviluppo umano del 2022, il Cile è al primo posto tra tutti i Paesi dell’America Latina. E nell’ultimo Indice della libertà economica della Heritage Foundation è al 20° posto, davanti a Stati Uniti e Regno Unito. Nel 2018, il tasso di povertà nel Cile era del 6,4%, in netto contrasto con il 76,6% del Venezuela.
Nonostante l’incredibile storia di successo del Cile – di cui ho parlato dettagliatamente nel mio libro La forza del capitalismo – i cileni hanno votato per il candidato socialista Gabriel Boric alle elezioni dello scorso anno e voteranno per approvare una nuova costituzione il 4 settembre 2022. Come è potuto accadere? A Santiago del Cile ho intervistato Axel Kaiser, titolare della cattedra Friedrich Hayek all’Università Adolfo Ibáñez, una delle principali università cilene. Kaiser è anche il fondatore del think tank Foundation for Progress in Chile.
Il 4 settembre i cileni voteranno una nuova costituzione. Quali sono le sue principali critiche al testo?
La nuova costituzione è caratterizzata da una profonda sfiducia nel mercato e da una fiducia quasi illimitata nello Stato. Con 499 articoli, è la costituzione più lunga del mondo, ma invece di prendere esempio da buone costituzioni come la Legge fondamentale tedesca, hanno copiato molto da costituzioni come quelle del Venezuela e della Bolivia. Un grosso problema riguarda l’erosione dei diritti di proprietà. Finora, quando lo Stato espropriava le aziende, era obbligato a pagare loro l’intero prezzo di mercato in contanti. Secondo la bozza della nuova Costituzione, lo Stato sarà tenuto a pagare solo un non meglio definito prezzo equo, e nemmeno in contanti. Inoltre, garantisce tutti i tipi di diritti sociali, come il diritto al lavoro, con una formulazione molto simile a quella prevista nella costituzione della DDR, dove l’articolo 15 affermava che “il diritto al lavoro è garantito”.
Il progetto di costituzione sancisce anche i diritti delle popolazioni indigene in Cile. Sembrerebbe una buona cosa.
In realtà non la è, perché questa modifica porrebbe fine all’applicazione uniforme della legge in Cile. Ci sarebbero zone autonome, per così dire, in cui l’applicazione della legge cilena sarebbe limitata. Già oggi, lo Stato cileno è in grado di applicare le sue leggi solo attraverso regolamenti d’emergenza, perché in molte di queste zone del sud prevalgono l’anarchia e la violenza. Persino il nostro nuovo presidente Gabriel Boric, che aveva criticato aspramente queste norme d’emergenza nel periodo precedente le elezioni, ha dovuto farvi ricorso perché la violenza sta aumentando sempre di più. Si tratta di gruppi di estremisti di sinistra, che sono strettamente legati alla criminalità organizzata, soprattutto al traffico di droga.
Il fatto che Boric abbia cambiato approccio dopo le elezioni non è insolito per i politici, e in questo caso è anche da accogliere con favore. Le speranze di coloro che credono che egli perseguirà una politica relativamente moderata saranno soddisfatte?
Rispetto ai gruppi che si dichiarano comunisti, che stanno diventando sempre più influenti nonostante la loro modesta quota di voti, Boric è ovviamente un moderato. D’altra parte, però, è indubbiamente un socialista convinto. Prima del suo discorso di insediamento, l’11 marzo di quest’anno, ha baciato in modo simbolico la statua di Salvador Allende. Per i socialisti questo è certamente un gesto importante, ma per molti altri alimenta il timore che egli intraprenda un percorso radicale.
Boric e i suoi sostenitori vinceranno il referendum sulla nuova costituzione del 4 settembre?
L’indice di gradimento di Boric sta crollando. L’anno scorso, quando i cileni hanno votato per decidere se ci dovesse essere o meno una nuova costituzione, il 78% si è espresso a favore. In altre parole, una maggioranza schiacciante. Recentemente, diversi sondaggi hanno riportato che la maggioranza dei cileni è contraria alla nuova costituzione. Ma da qui al 4 settembre possono succedere molte cose, il risultato è ancora molto incerto.
Sembra che Boric e il suo governo si stiano trattenendo fino a dopo il voto, quando potrebbero attuare misure più radicali.
Boric ha già mostrato due volti durante la campagna elettorale. Al primo turno ha diffuso slogan radicali, al secondo turno è stato più moderato. Questo gli ha permesso di conquistare molti elettori centristi.
La mia compagna, che viene dal Cile e che non è certo di sinistra, ha votato per Boric anche perché ha percepito il candidato avversario, José Antonio Kast, come un estremista di destra. Cosa ne pensa di lui?
Kast è un conservatore nazionalista. Va detto che i media hanno esagerato, dipingendolo a volte addirittura come un nazista. Hanno usato argomenti scorretti, ad esempio sottolineando che suo padre era un membro del partito nazionalsocialista. Ma senza dubbio molti cileni hanno votato non perché erano per Boric, ma contro Kast.
Anche in Venezuela, Hugo Chavéz aveva dichiarato prima delle elezioni che non intendeva in nessun caso nazionalizzare le imprese e si è persino descritto come il “Tony Blair dei Caraibi”, cioè come un socialdemocratico orientato al libero mercato. In realtà, le sue politiche si sono rapidamente radicalizzate fino a sfociare nella dittatura e nel caos. Il Cile sta per diventare un secondo Venezuela?
Credo ancora nel buon senso del popolo cileno e che non si arriverà a questo. Ma in ogni caso, ci aspettano anni difficili. Ciò che mi preoccupa di più è la crescente violenza nel Paese. E un ritorno alla politica del libero mercato, che in genere ha avuto successo e che, tra l’altro, è stata sostenuta anche dai socialisti negli ultimi decenni – anche se con qualche riserva – mi sembra improbabile. Perché i socialisti avrebbero reso più facili le nazionalizzazioni con la nuova Costituzione se non avessero in testa piani di questo tipo? E, logicamente, anche il progetto di introdurre una “patrimoniale” spaventerà gli investitori.