Vedere l’effetto che faOsservare la nullità politica di Conte è l’unica consolazione di questi tempi grami

Non può essere la giustizia civile ad affossare il leader pro tempore del Movimento 5 stelle con corsi e ricorsi. Una sana democrazia liberale lascia che sia lui stesso a determinare il suo declino tra le solite dichiarazioni in legalese e la lite interna con Luigi Di Maio

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Deve essere davvero un genio questo Lorenzo Borrè che fa ricorsi contro le irregolarità che segnano da sempre il moribondo Movimento 5 stelle. Stavolta, ha perso al Tribunale di Napoli, ma tutto fa pensare che l’ha fatto apposta, come certe sentenze scritte in modo tale che sia facile annullarle in appello.

Già, perché se Borrè voleva nuocere a Conte, la cosa migliore era quella di lasciarlo dove è, a cuocere a fuoco tutt’altro che lento nella reiterazione della sua nullità politica.

Mancava solo che assumesse il ruolo del martire! Sarebbe stato altro ossigeno da consumare facendo passerella tra casalinghe appassionate, rapite dall’eleganza del suo taschino, come a Palermo nella vigilia di un disastro alle urne.

E in fondo è anche giusto, perché non può essere la giustizia civile ad affossare il Movimento. Una democrazia liberale, se uno non fa male che a sé stesso, lo lascia capo politico, come in fondo hanno voluto una manciata di (forse) iscritti a cinque stelle.

Insomma, grazie Borrè e bravi i giudici, che ci consentono di vedere fino in fondo l’effetto che fa un progressista da campo largo, quando gli togli l’auto blu e gli lasci Rocco Casalino.

Volete mettere? Se lo destituivano, rischiavamo di perderci una dichiarazione fondamentale sul problema del doppio mandato, la prima che ha fatto dopo la sentenza, insieme alla nomina (dall’alto, come vuole la democrazia diretta) di malcapitati delegati regionali.

Va letta e riletta: «Il doppio mandato di fronte all’alternativa un pronunciamento potrà essere a favore». Chiaro, no? Se avete dubbi, il nostro – a favore di telecamere – ha aggiunto: «Se invece il pronunciamento bisognerà dare la possibilità a chi la pensa diversamente». Sembrerebbe un’apertura, un guizzo liberale. E infatti, come conclude? «In quel caso (quale?) dovremmo trovare modo perché si chiuda la soluzione, anche aprire a tantissimi mandati indefiniti».

Parole testuali.

Magnifico, dunque, forse – sottolineiamo forse – i parlamentari in carica possono stare tranquilli: ci saranno tanti «mandati indefiniti».

A noi che non siamo mai caduti nella trappola qualunquistica della contrarietà generica e supponente ai politici di lungo corso (un bel esempio di populismo un tanto al chilo), potrebbe persino andar bene, come a quel vigile che si fa convincere dalla supercazzola di Ugo Tognazzi. 

Ma chi spiega agli aspiranti parlamentari del Movimento che facevano affidamento sulle sacre tavole grilline, che forse Paola Taverna verrà ripresentata? Sarà anche un collegio sicuro garantito dal Partito democratico, ma la vedremo ancora, ora che è scesa – borsa Chanel al braccio – dal podio sul quale si scagliava contro quelle «merde e mafiosi» del Nazareno.

A meno che tutto il lavoro dell’avvocato Borrè diventi presto inutile, per mancanza di un Movimento 5 stelle su cui disputare. 

Nel frattempo, lasciateci però Giuseppe Conte, prima che il conte Ugolino Gigi Di Maio se lo mangi del tutto.

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