Appunti per un mondo miglioreSiamo tutti sulla stessa tavola

Dal recupero delle eccedenze al ristorante alla box antispreco si moltiplicano le iniziative per combattere lo spreco alimentare nel rispetto dello spirito più vero del cibo, sinonimo di vicinanza, condivisione, altruismo e rispetto

Sono passati 24 anni da quando, nel 1998 la fondazione di Last Minute Market, nata nel 1998 come società spin-off accreditata dell’università di Bologna e ormai divenuta Impresa Sociale, ha gettato le basi per una cultura antispreco che coinvolge le aziende della Grande Distribuzione Organizzata, le istituzioni, le scuole, i privati cittadini e il terzo settore in attività antispreco, che vanno dal recupero delle eccedenze alimentari (e non solo) alle campagne di comunicazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, fino al monitoraggio delle ricadute positive delle attività avviate a livello locale per prevenire e ridurre gli sprechi e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Da allora in tutta Italia si sono moltiplicate le iniziative finalizzate all’antispreco, ma anche al riutilizzo in chiave solidale e inclusiva di tutto ciò che, altrimenti, sarebbe andato sprecato.

I meriti della tecnologia
Nata nel 2015 da una startup danese per promuovere la vendita a basso costo di una “Magic Box” con il cibo invenduto dai supermercati, Too good to go è la prima app antispreco in Italia grazie anche al lancio del Patto contro lo Spreco Alimentare e dell’iniziativa Etichetta Consapevole, una campagna di sensibilizzazione sul concetto di “termine massimo di conservazione” (TMC) che da un lato incoraggia le aziende ad adottare la dicitura “spesso buono oltre” e dall’altro invita i consumatori a ricorrere ai propri sensi per giudicare un prodotto ufficialmente “scaduto” prima di buttarlo. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca Recup, la neonata app ufficiale dall’omonima associazione non-profit che, dal 2016, agisce nei mercati scoperti di Milano recuperando tonnellate di prodotti ortofrutticoli prima che vengano buttati via e distribuendoli gratuitamente a chiunque voglia prenderli.

L’impegno del food delivery
Sull’onda della legge anti-spreco promulgata nel 2016, si sono moltiplicati i progetti di responsabilità sociale impegnati nel recupero del cibo in eccesso. Tra questi c’è Ristorante solidale, il primo progetto di food delivery solidale lanciato nel 2017 da JustEat in collaborazione con Pony Zero, giovane impresa impegnata nel delivery urbano con veicoli a zero emissioni. Attualmente attivo a Milano, Torino, Roma e Napoli, ha lo scopo di mettere in contatto i ristoranti partner della piattaforma con le famiglie bisognose, raccogliendo piatti ed eccedenze alimentari e ridistribuendole tramite comunità di recupero, case di accoglienza, case famiglia e mense pubbliche gestite da Caritas. Ad oggi Ristorante solidale contribuisce ad aiutare oltre 5.000 persone, consegnando più di 8.000 pasti caldi, e rappresenta una risposta concreta del mondo della ristorazione al fenomeno della denutrizione e del disagio sociale.

I ristoranti come luoghi solidali
Alta cucina e solidarietà, riuniti sotto lo slogan “Siamo tutti sulla stessa…tavola”. Questi sono gli ingredienti-base di Ristoranti contro la Fame, l’iniziativa promossa dall’Organizzazione umanitaria Azione contro la Fame. Dopo il successo in Inghilterra e in Spagna, dal 2015 è approdata anche in Italia, dove coinvolge ristoranti, chef e amanti del cibo, per regalare la gioia del cibo a tanti bambini nel mondo (Italia inclusa). Come? Semplicemente consentendo ai clienti che andranno in uno dei locali aderenti all’iniziativa di donare 2 euro per un pasto solidale o 0,50 centesimi per donare l’acqua. Nel 2021 è nato anche il progetto pilota “Dall’emergenza all’autonomia”, una formula che vuol andare oltre all’aiuto materiale estemporaneo e punta all’educazione alimentare antispreco e al contrasto dell’insicurezza economica attraverso il superamento delle debolezze personali e il reinserimento nel mondo del lavoro.

1 euro per un posto a tavola… da Nord a Sud
Luoghi accoglienti, caldi, eleganti e discreti; ristoranti in piena regola con una sola particolarità: per il conto si può pagare solo 1 euro. L’idea nasce dalla volontà di ridare dignità alla povertà e di trovare un’alternativa al classico “pacco alimentare” o alla mensa sociale, creando luoghi inclusivi in cui le persone in temporanea difficoltà economica possano andare a mangiare senza sentire lo stigma della propria condizione. Gli esempi non mancano da Nord a Sud d’Italia: per fare due esempi geograficamente agli antipodi basta citare il Ruben di Milano, che già prima della pandemia offriva a famiglie e persone in difficoltà 500 coperti divisi in due turni, e Open Food di Caltanissetta, inaugurato lo scorso aprile come parte del progetto più ampio portato avanti dal ristorante Equo Food e di altri progetti già attivati dalla Cooperativa Etnos per dare lavoro a persone diversamente abili e altri soggetti fragili. Anche in questo caso inclusione sociale e solidarietà si coniugano con buon cibo e lotta allo spreco alimentare, grazie al coinvolgimento delle realtà locali disposte a donare le eccedenze che altrimenti andrebbero gettate.

Il Covid ha rappresentato un’occasione di svolta
Già negli anni precedenti alla pandemia (almeno da Expo Milano 2015 in poi), in Italia erano stati fatti grandi passi avanti sia sul fronte delle abitudini dei consumatori sia sugli accorgimenti antispreco da parte dei produttori. Ma l’emergenza Covid ha reso ancora più evidente l’importanza di ridurre gli sprechi come presupposto per sostenere iniziative solidali, contribuendo a risvegliare il responsabilità e il dovere civico e determinando il moltiplicarsi di iniziative e progetti “zero waste” per la sensibilizzazione dei consumatori, la raccolta e la ridistribuzione di cibo messo a disposizione dalle aziende agrifood. Così il 2021 è stato un susseguirsi di festival, hub e progetti innovativi che sono andati ad aggiungersi alle attività portate avanti da anni dal Banco Alimentare e agli spunti di riflessione offerti il 5 febbraio dalla Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare (giunta alla sua ottava edizione). Per esempio, la scorsa estate romana ha ospitato Eccediamo, il festival del cibo giusto per tutti, con talk, dibattiti e laboratori sul tema delle eccedenze di cibo, mentre a Torino è andato in scena l’Agosto Salvacibo, un appuntamento settimanale grazie al quale sono stati distribuiti circa 1000 kg di frutta e verdura recuperati dai mercati cittadini.

Si comincia da piccoli
Last but not least, le iniziative e i progetti di educazione alimentare antispreco nelle scuole per educare i bambini a un consumo (o a un “non consumo”) consapevole. Attraverso il gioco per i più piccoli o dando la possibilità ai più grandi di gestire in modo responsabile gli avanzi dei pasti. Qualche esempio? La Food Bag adottata lo scorso aprile in 6 scuole primarie del Comune di Magenta, per dare la possibilità a 700 bambini di recuperare pane e frutta non consumati durante il pranzo in mensa. Ma anche il progetto Pesiamo gli scarti, una sorta di gara tra gli istituti in cui i bambini peseranno tutto ciò che verrà avanzato nei piatti durante il pasto e a vincere sarà l’istituto che avrà sprecato di meno.

Insomma, molto è già stato fatto; molto si sta facendo; molto c’è ancora da fare. L’importante è non rimandare, trovare canali nuovi, formule diversificate ma coerenti, in grado di adattarsi alle mutate e mutevoli esigenze delle persone, dell’ambiente, dell’ecosistema. Non dimenticare che il cibo è anche un pretesto di vicinanza, condivisione, altruismo, rispetto. Davvero vogliamo sprecarlo?

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