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Contro il rainbow washingLinguaggio, welfare, formazione: così si coltiva davvero la diversità in azienda

TAGQ+ è il network creato da The Adecco Group per favorire la diffusione, nell’ambiente lavorativo, di un’atmosfera inclusiva e solidale nei confronti della comunità Lgbtqia+ e dei suoi alleati. «Un’azienda ha il dovere di agire per rendere il mondo migliore», dice Francesco Camillo, Head of Global Creative del Gruppo

(Unsplash)

«Crediamo nei talenti, non nelle etichette». È con il desiderio di concretizzare questa mission che è nato TAGQ+, il network di The Adecco Group che punta a costruire nel luogo di lavoro un’atmosfera inclusiva per i dipendenti Lgbtqia+, anche attraverso la ricerca di «alleati» tra colleghi e manager eterosessuali.

«A giugno, durante il mese del Pride, diverse aziende sono impegnate a sostenere la comunità Lgbtqia+. Alcune, tuttavia, si limitano a mettere in campo solamente operazioni di rainbow washing, senza agire concretamente. Noi, al contrario, vogliamo agire. Il Gruppo Adecco è infatti una people driven company, le persone per noi sono al centro, quindi possiamo e dobbiamo realizzare azioni tangibili», racconta Francesco Camillo, Head of Global Creative di The Adecco Group. «A partire da questa convinzione, un anno fa, insieme al mio collega Brian McCabe (Global Head Digital Communication – Gruppo Adecco, ndr), abbiamo dato vita a TAGQ+: un gruppo di dipendenti che si impegna per una causa, fa ricerca e informazione e costruisce guide pratiche, con l’obiettivo di contribuire a creare e diffondere un’atmosfera inclusiva per le persone Lgbtqia+».

Si tratta di un percorso su più livelli, che parte dal supporto micro fino alla sponsorizzazione di eventi che facciano sentire anche pubblicamente il sostegno dell’azienda nei confronti della comunità Lgbtqia+, «risvegliando» colleghi, clienti e partner anche e soprattutto attraverso la formazione e il superamento dei bias culturali. E per comunicare con il mondo aziendale, TAGQ+ produce anche una rivista, Qzine, destinata a guidare i colleghi e le colleghe lungo la strada per costruire un ambiente lavorativo capace di accogliere, supportare e valorizzare la comunità Lgbtqia+.

«Il primo step per costruire una nuova cultura aziendale è che l’azienda capisca la portata della sfida, che va dal livello micro a quello più alto e formale», dice Camillo. «Ci stiamo impegnando, ad esempio, perché i benefit di welfare familiare siano estesi a tutti i tipi di famiglie e lo stesso vale per la copertura sanitaria».

Il network di TAGQ+ fornisce supporto per lo sviluppo della carriera in azienda e per la crescita personale nell’ambiente di lavoro. Ma, spiega Camillo, «è anche uno spazio in cui si condivide conoscenza». Senza confini precisi, perché TAGQ+ punta a espandersi e a cercare «alleati» fuori e dentro il perimetro aziendale, organizzando webinar e momenti di incontro, per costruire una nuova cultura del lavoro quanto più inclusiva per qualunque tipo di diversità.

Molto ha a che fare, quindi, con un cambiamento culturale che affonda le sue radici nella consapevolezza. «Basti pensare al fatto che spesso, senza rendersene conto, si fanno battute, scherzi o commenti che possono sembrare divertenti, ma che invece in alcuni casi possono ferire», spiega Camillo. «Quando, nei momenti di confronto, spieghiamo che una certa espressione ha ferito qualcuno, ci sentiamo rispondere il più delle volte: “Non immaginavo che il mio scherzo potesse fare del male”. Queste conversazioni sono utili per accrescere la sensibilità di tutti».

C’è poi anche una questione di rappresentanza. «Le persone della comunità Lgbtqia+ spesso sono sottorappresentate nelle aziende e nei board. Questo può creare un senso di isolamento e disagio», spiega Camillo. «La sfida è parlarne e capire come queste persone vivono l’ambiente di lavoro, senza lasciare che la questione resti nascosta sotto un tappeto» e impegnarsi, come fa TAGQ+, a promuovere nuove strategie di recruiting per far crescere la diversità.

«Un’azienda ha il dovere di agire per rendere il mondo migliore», dice Camillo. «Questa è la differenza tra limitarsi ad adottare un logo rainbow nel mese del Pride e impegnarsi realmente, adottando una strategia che promuova l’inclusività a tutti i livelli, sempre. Certo, è facile pensare a un logo arcobaleno, mentre fare delle cose concrete è molto più difficile. E noi vogliamo fare cose concrete. Il Pride non è un party, è una marcia per i diritti umani».

Per approfondire è possibile scaricare qui:

#1 Qzine: Together for change – A guide for Allies

#2 Qzine: Pronoun and language strategies for inclusion in the workplace

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