Sempre più in alto Gli italiani scalano posti significativi nella 50 Best Restaurants 2022

Dopo lo spostamento in corsa dalla Russia a Londra, la ormai celeberrima (e contestatissima) classifica voluta da San Pellegrino e diventata negli anni un grande argomento di dibattito nel settore ha incoronato tanti chef italiani, che dall’anno scorso guadagnano posizioni

I nomi non cambiano, ma la soddisfazione è maggiore del solito: perché gli chef italiani sono sempre più in alto nella classifica che più di ogni altra detta le tendenze nel mondo della gastronomia mondiale.

Dopo essere entrato nel 2021 per la prima volta in classifica con il miglior piazzamento, quest’anno Riccardo Camanini, chef del Lido 84 di Gardone Riviera, arriva all’ottavo posto, migliore tra gli italiani. Secondo italiano in classifica Massimiliano Alajmo del ristorante Le Calandre di Rubano, tre stelle Michelin, che arriva al decimo posto: è la sedicesima volta che questo ristorante si conferma in elenco ma mai così in alto. Mauro Uliassi scala posizioni (è l’unico che l’anno scorso era fuori classifica, al 52esimo posto) e arriva al 12esimo posto, annunciato da un entusiasta Massimo Bottura.

Niko Romito, tristellato di Castel di Sangro è al 15esimo posto con la sua originalissima filosofia gastronomica.19esimo posto invece per Enrico Crippa del il ristorante Piazza Duomo ad Alba, per la sua cucina elegante e la ricerca accurata. Al 29esimo posto si piazza infine Norbert Niederkofler del ristorante tristellato St. Hubertus a San Cassiano in Badia, con la sua proposta definita “paradiso di montagna”.

Anche questa volta, il podio invece non stupisce: terzo posto per Disfrutar a Barcellona, secondo per Central di Lima in Perù, e primo per l’agguerritissimo Geranium, di Copenhagen.

I commenti a margine di questa classifica si sprecano. Non è l’autentica fotografia dei migliori ristoranti al mondo. È tutta una questione di geopolitica: vengono premiati i ristoranti che sono nel posto giusto o nei luoghi dove i brand dietro la classifica hanno interessi economici. I giurati fanno lobby. I governi che investono di più nel settore si guadagnano più facilmente ristoranti in elenco. Sale in classifica il ristorante che si può permettere di invitare più giornalisti votanti. Se non hai San Pellegrino in carta non puoi entrare in elenco. Si premia solo la cucina creativa e non quella buona davvero.

Ogni anno, invariabilmente, quando escono i risultati della Fifty Best il dibattito è aperto e le frecciatine non si fanno attendere. Del resto, fare emergere in un’unica classifica i 50 migliori ristoranti al mondo è operazione complessa, oseremmo dire utopica: per nostra fortuna il numero dei locali che fanno accoglienza è pressoché infinito e scegliere tra questi i “migliori” senza altra specifica è attività da far tremare i polsi.

Ma i risultati di questa lista sono comunque determinanti nel dibattito sul cibo nel mondo e le tendenze segnano comunque la bilancia del settore, determinando spostamenti di investimenti e determinando passaggi importanti in termini di predominanza gastronomica. Impossibile dire che sia ininfluente, anche per i detrattori.

Del resto, questa classifica ci ha rivelato la superiorità assoluta di Ferran Adrià, per un quinquennio, ci ha fatto scoprire la cucina del Nord Europa con Redzepi e il Noma, ci ha regalato la sobria creatività di Eleven Madison Park a New York e ha portato Massimo Bottura agli onori delle cronache internazionali: qualche merito dovrà pur averlo.

E oggi, con il mondo rivoluzionato dal Covid e la ristorazione in grande crisi di vocazione, che cosa ci racconta questa nuova lista? Ci dimostra che il mondo è cambiato, che la ristorazione è cambiata con lui, ma qui ai piani alti le cose sono sempre molto rarefatte e non si modificano poi così tanto, nonostante il virus e la guerra. Per il nostro Paese, dice una cosa significativa: che gli italiani, paradossalmente, nell’anno più complesso per il settore, sono invece in grado di migliorare sensibilmente le loro posizioni, e dare così un messaggio significativo a tutti coloro che credono ancora in questa professione e nella capacità degli italiani di fare sistema per migliorarsi.

È stato Stanley Tucci a moderare gli chef sul palco, con un piglio da mattatore ma anche con la naturale expertise che gli viene dalla sua passione per la gastronomia.

Al di là della classifica, sono stati assegnati anche altri premi: Leonor Espinosa, del ristorante Leoa Bogotá, è la vincitrice del premio The World’s Best Female Chef 2022; AM par Alexandre Mazzia a Marsiglia è il ristorante che si è aggiudicato l’American Express One To Watch 2022; l’attivista keniota Wawira Njiru è stata invece insignita dell’Icon Award. Un ulteriore nuovo premio, il Champions of Change, è stato consegnato quest’anno a diversi “eroi” della gastronomia: il divulgatore Dieuveil Malonga, le socie in affari Olia Hercules (ucraina) e Alissa Timoshkina (russa) e l’attivista Koh Seng Choon. Il premio al miglior pastry chef è andato al tedesco René Frank, con la sua cucina interamente dedicata ai dolci nel ristorante Coda a Berlino. Miglior chef donna è stata invece nominata Leonor Espinosa, poliedrica chef colombiana che sposa arte, politica e gastronomia.

New entry per Fyn di Cape Town, incoronato The Best Restaurant dell’Africa, mentre il miglior ristorante d’Asia è Den a Tokyo e il miglior ristorante nord americano è Pujol di Città del Messico. Aponiente, il ristorante spagnolo guidato dallo chef Ángel León, è stato invece premiato con l’Award for the World’s Most Sustainable Restaurant. Il lavoro pionieristico di Ángel León è volto alla conservazione dell’Oceano, con l’uso di specie marine storicamente scartate, la ricerca di nuovi ingredienti sconosciuti e l’utilizzo di una pesca sostenibile. Questo chef è considerato un genio rivoluzionario il cui impegno per la natura lo ha portato a scoprire, utilizzare e reinventare i cibi della grande dispensa del mare.

Ma perché la “50 best”, come comunemente la chiamano gli esperti, negli anni, ha ottenuto così tanta visibilità e perché è ormai un punto di riferimento nell’universo della gastronomia internazionale?
Innanzitutto per la sua redazione allargata e internazionale comprende circa mille critici, giornalisti ed esperti che lavorano per testate e realtà diverse tra loro, in Paesi diversi: ogni giudice può votare ristoranti che ha visitato negli ultimi 18 mesi in tutto il mondo. Di sicuro perché la spinta propulsiva del grande brand che ha alle spalle ha aiutato nella conoscenza, soprattutto all’inizio. Investendo molto sugli organi di informazione, difficile che questi non citino la classifica. Ma anche perché mette al centro la creatività, la ricerca, l’estro, cosa che le guide finora non avevano ancora mai fatto e rende i luoghi che inserisce in elenco riferimenti assoluti per i tanti gourmet alla ricerca di nuovi stimoli del palato e disposti a viaggiare pur di avere qualcosa in grado di stupirli. E poi, da qualche anno e proprio per evitare l’effetto noia, perché cambia sempre: non possono vincere sempre gli stessi. C’è una particolare sezione di ex vincitori che escono dalla classifica e diventano i ‘grandi maestri’ della 50 best, non potendo più partecipare ma rimanendo nell’albo d’oro. Per l’Italia in questa sezione speciale c’è Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena.

 

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