Un treno prende via via velocità e si lascia Varsavia (la prima tappa del nostro tour polacco) alle spalle, in un altro fermo immagine all’imbrunire. È il tempo di visioni in movimento dall’altra parte del finestrino: un paesaggio si apre, verde ridente, alla campagna prima e ai campi di colza in fiore poi, mentre si sfreccia verso il cuore della Polonia, a sudovest della capitale. Fino a quando su quel giallo, pieno di ambizioni, cala il velo della sera, scombinandone le intenzioni.
Oltre due ore dopo, nello scompartimento quasi vuoto, i pensieri vagano. Lo stridore dei freni li sorprende, costringendoli alla ritirata: ore 22:30, in perfetto orario facciamo il nostro ingresso nella stazione del futuro, riaperta nel 2016 dopo anni di riqualificazione che include un sottolivello di scambi tra treni regionali e treni ad alta velocità in uno scenario di contemporanea lucidità. Benvenuti a Lodz.
120 km da Varsavia, oltre 680.000 abitanti, la bellezza di un luogo non ancora scoperto dai più, ma sulla mappa di chi va a caccia di tesori. Cos’è la memoria se non un appuntamento col passato? A volte è una parola, appuntata e poi dimenticata a margine di una frase tra le pagine di un libro. Lodz ha sperimentato qualcosa di simile. Un punto trascurato su una mappa a favore di itinerari noti, collaudati. Nonostante un passato glorioso.
Cresciuta all’ombra di Varsavia, detiene il fascino di certi oggetti o di certi sguardi, che catturano alla stregua di un’irresistibile malia. Chi sei tu? Viene subito da chiederle una volta risaliti dalla stazione, maneggiando bagagli e facendo i conti con un buio irrequieto che vela i profili di un paesaggio urbano in metamorfosi: si passa dalle macerie e dai cantieri aperti a palazzi storici dalla bellezza arcana, come serpenti che si contorcono nella celebre danza. Ipnotici e conturbanti. Di fronte a questo misterioso calderone la città in persona potrebbe rispondere, con una certa indolenza: stiamo lavorando per voi. Per voi curiosi, amanti delle singolarità impossibili da ridurre a semplici indicazioni stradali da domandare o “googlare”… per il centro città?
Il centro non esiste. A Lodz, che si pronuncia come “Woodge” in inglese, il centro è uno stato mentale a cui non troverete la corrispondente indicazione su una cartina. Perché sin dalla sua nascita non è stato previsto. Al suo posto è nato il più lungo boulevard in Europa, a tagliare in due la città. Da una parte quella vecchia, dall’altra quella nuova. Piotrkowska Street è il viale – quasi infinito, solenne e nobile, da attraversare al tramonto.
Perfetto per chi desidera capire, assaporare, entrare in contatto con lo spirito di un luogo il cui potere è detenuto da quattro culture insieme (polacca, giudaica, russa e tedesca), che fa tesoro della sua unicità, e, come le piante, produce nella discrezione i suoi frutti: lasciarsi travolgere dallo stile liberty degli edifici che lo abitano è un’esperienza unica. Dal viale si dipanano in tutta la città. Abbandonati o risanati dettano a chiare lettere memorie di un passato glorioso: sul ruggire degli anni della prima rivoluzione industriale, che secondo movimenti differenti ha soffiato il vento del cambiamento sull’Europa, la città ha vestito i panni e i sogni che raccontano delle grandi speranze.
È stato l’ingresso nell’impero russo nel 1815, a decretare la sua funzione e ruolo a venire, il punto di svolta della sua futura identità: polo industriale del tessile e polo industriale tout court. Sul finire dell’Ottocento Lodz è la punta di diamante di una macchina in espansione, che trova il suo climax prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, attraendo investitori creatori di imperi e del volto della città: al fianco di un’architettura industriale, rappresentante le rughe profonde di quel viso, fioriscono i palazzi dei magnati e dei loro giardini, i teatri e gli hotel frequentati dall’alta società.
I luoghi delle fabbriche sono legati ai nomi che hanno definito i tratti di Lodz: Manufaktura, l’ex fabbrica rigenerata di 90.000 m2, sta a Izrael Kalmanowicz Poznański come l’ex fabbrica di cotone e il complesso delle vecchie fonderie di ferro risorte a nuova vita nel segno del foodie – oggi note come OFF Piotrkowska – stanno a Franciszek Ramisch e Jozef John, come The White Factory, la prima fabbrica del tessile mossa a vapore a Lodz sta a Ludwik Geyer.
Infine, un unico nome: Karl Wilhelm Scheibler, il prussiano passato alla storia come il re del cotone e del lino della città. Il villaggio che costruì per gli operai delle sue fabbriche, oggi riqualificato e a disposizione della società più fragile, è fonte di ispirazione per artisti e i creativi del mondo. Sulle rotaie in disuso ancora presenti in questa città nella città, gli operai prendevano un treno che li avrebbe condotti alla fabbrica.
Oggi sono immerse in un verde brillante di giorno, pura ombra di notte. In questo silenzio sarebbe possibile udire ancora il suo fischio, il rumore della velocità e gli odori di un tempo passato mai estinto. La Lodz Film School, una delle più antiche al mondo, fondata nel 1948, perché la sorella maggiore, Varsavia, era in macerie, si trova a poche centinaia di metri. La hall of Fame in Piotrkowska Street celebra le 67 stelle che hanno fatto la storia del suo cinema (tra cui Roman Polanski, Jerzy Kawalerowicz e Pola Negri, che qui hanno studiato).
Il meglio della città sta nelle sorprese che sa regalare: passeggiare sul lungo Boulevard di Piotrkowski e imbattersi in Arthur Rubinstein intento a suonare il suo piano. Sicuramente un notturno di Chopin. Chi ricordava che a Lodz fosse nato e avesse mosso i primi passi come enfant prodige nella musica?
Sempre procedendo oltre la via delle stelle incontrerete il poeta Julian Tuwin. Seduto su una panchina, con un libro in mano, è intento a guardare qualcosa o qualcuno che da lontano sembra aver catturato la sua attenzione. Con il suo cappello potrebbe fare da facile richiamo a James Joyce. Nonostante le distanze, geografiche e culturali, entrambi hanno scolpito parole come l’artista il marmo. In italiano, e di recente pubblicazione, si segnala “Anamorfosi. Viaggio sentimentale nell’opera di Julian Tuwim. Poeta polacco” (Florence University Press), occasione imperdibile per colmare vuoti di parole nelle lingue diverse dalle solite note.
Ma le sorprese non finiscono qui: esiste una mappa nascosta ai cacciatori di tesori. Sono gli scenari urbani della città in mutamento, che ha trasformato i suoi cortili, certi passaggi segreti, i suoi moltissimi muri in opere d’arte a cielo aperto. 800 street artist hanno incorniciato la storia e la bellezza di Lodz che andrebbe riconosciuta come la capitale europea dei luoghi singolari e mai banali, da visitare adesso. Prima che tutto cambi ancora una volta. Velocemente. E via dalla memoria. Come un autore. Che durante questo viaggio è stato cercato ad ogni tappa in librerie di ogni sorta. Di Stefan Grabinski sembra essersi persa irrimediabilmente traccia. Ma questa è un’altra storia che forse un giorno vi racconteremo.
La scena artistica a Lodz
Lodz è la città dell’arte moderna, legata al mondo degli artisti d’avanguardia, costruttivista o art nouveau. Tra i nomi che dominano la scena nelle gallerie disseminate nella città troviamo Władysław Strzemiński, Katarzyna Kobro, i fratelli Hirszenberg, Andrzej Gieraga e Karol Hiller. Tra i numerosi edifici in stile liberty presenti nel tessuto urbano, due si distinguono per l’eccezionale singolarità.
Willa Gallery Kindermann (Wólczańska 31)
Tra le gallerie d’arte di Lodz una visita imprescindibile è quella a Willa Gallery. Si trova in quello che, a ragione, è definito il più stupefacente tra gli edifici in stile Liberty nell’ampio scenario cittadino. Di proprietà di Leopold Kindermann, progettata dall’architetto di Lodz, Gustaw Landau-Gutenberg, costruita tra il 1902 e 1903, si distingue per il prospetto asimmetrico dell’edificio, le cui decorazioni parlano la lingua dei motivi floreali, in un tripudio di foglie di castagno, rose e papaveri. Negli interni menzione speciale per la scala a forma di torre e le finestre con i tipici vetri colorati in liberty. Da notare: ogni finestra a Willa Kindermann è diversa dall’altra. Per la sua straordinarietà, la villa è stata inserita nell’elenco mondiale delle case iconiche dell’architettura contemporanea.
Casa Gutenberg, 86, Piotrkowska Street
La facciata più ricca di pathos di tutta Lodz è sicuramente quella di Casa Gutenberg, così chiamata in onore dell’inventore della stampa a caratteri mobili. Un tessuto pregno di elementi baroccheggianti, neogotici, neorinascimentali e stile liberty, ovviamente. Nasce come edificio civile su progetto degli architetti Kazimierz Pomian-Sokołowski e Franciszek Chełmiński. Completata nel 1896, ospitò fino a poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, la sede della Singer Company, la famosa azienda produttrice delle macchine da cucire, un ristorante (Il Louvre), una scuola di specializzazione in odontoiatria, una clinica, nonché la redazione del quotidiano più antico della città. Negli anni Settanta, il seminterrato ospitò l’associazione degli artisti e designer polacchi