Di fronte alle polemiche per le esclusioni eccellenti (e le inclusioni inspiegabili) il vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano difende, in un’intervista al Corriere della Sera, le scelte fatte. Le candidature, dice, sono state approvate «quasi all’unanimità» e la stagione renziana «è superata da tempo». E aggiunge: «Le sue liste elettorali furono un Armageddon contro chiunque non la pensasse come lui. Stavolta non è andata così».
Stavolta sono state chiuse alla mezzanotte di Ferragosto, perché – dice – «la campagna elettorale sarà breve e dobbiamo andare al più preso tra le persone», ma soprattutto sono state condizionate dal taglio dei parlamentari, che ha pesato «molto, ma ancor di più ha pesato la mancata riforma di questa pessima legge elettorale», che obbliga a scelte forzate e dialoghi complicati.
In questo senso, «Il Pd ha sempre dialogato con tutti», e sono stati «altri a rompere le alleanze con noi. I Cinquestelle non votando la fiducia al governo proprio mentre proponevamo un’agenda sociale», mentre Calenda «tradendo la parola data».
Le accuse lanciate dal leader di Azione vengono, in modo implicito, respinte al mittente: il Pd, rivendica Provenzano, «è il partito che più di tutti può rivendicare il metodo di Draghi, fatto di serietà nell’affrontare i problemi e credibilità internazionale. Pochi in Italia come Letta hanno quel profilo». Ma adesso il primo interesse del Paese, ribadisce, «è battere Salvini e Meloni», perché «queste elezioni non prevedono pareggio, la scelta è o noi o la destra. Un’Italia con Meloni premier non avrebbe mai avuto le risorse europee del Pnrr, e infatti in Europa lei e i suoi amici hanno sempre votato contro».