Filippo Campiotti, Francesco Ascioti e Giulia Pastorella vogliono capire, smontare i problemi, decostruirne l’architettura interna. Sono stati e sono tutt’ora giovani all’interno di un Paese e di un’epoca storica che ha rigurgitato il peggio di sé: non soltanto per gli avvenimenti più o meno incontrollabili che si sono succeduti – crisi economica, catastrofe climatica, pandemia da Covid-19 e l’invasione di Putin ai danni dell’Ucraina.
Il peggio dell’oggi proviene soprattutto dall’incuria con cui vengono trattate le emergenze, le urgenze e i diritti di intere categorie sociali. Hanno assistito o vissuto sulla propria pelle le difficoltà contemporanee della generazione a cui appartengono: l’angoscia dettata dal non avere soldi a sufficienza, o non quanti se ne vorrebbero; il tentativo di insediarsi all’interno di un mondo del lavoro che non ha abbastanza posti e che sottovaluta, disincentiva, costringendo a passare per iter tortuosissimi prima di concedere un contratto, un’assunzione, una stabilità e sì, quindi anche un’identità; il fastidio dettato dall’essere donne e per questo, nonostante tutto, pagate meno, poste di fronte a conflitti dettati dalla propria natura biologica – il solo fatto di restare incinta e portare avanti una gravidanza limita, interrompe ancora oggi una carriera; il disorientamento provocato dalle obbligate trasferte verso l’estero.
Conoscono molto bene gli appellativi con cui i giovani vengono chiamati, «precari», «sottopagati», «depressi», «in fuga», «viziati», se li portano quasi addosso, a causa e grazie alle loro storie.
Durante l’evento “Un parlamento giovane per l’Italia di domani”, organizzato al Centro Brera di Milano, i giovani politici del Terzo Polo si raccontano, schiettamente, a Linkiesta.
Campiotti ha ventotto anni e un figlio nato da poco, lui e la sua compagna sono già nella posizione scomoda di non sapere come organizzarsi quando verrà il momento di mandarlo al nido, mancano i bonus, mancano i fondi, il desiderio di formare una famiglia equivale, per molti, a un suicidio economico. In questo senso, il Family Act istituito dal governo Draghi e riproposto dal programma di Azione istituisce un assegno universale mensile per ogni figlio a carico fino all’età adulta, oltre a stanziare un assegno di rimborso per le spese educative e la resa gratuita degli asili nido per gli Isee inferiori a 25.000 euro.
Pastorella ha studiato in Inghilterra, a Oxford, e a Parigi, a Sciences Po, ha ottenuto titoli, un PhD in Affari europei. Quando è rientrata in Italia, non poteva credere al destino di giovani competenti e preparati quanto lei, intrappolati in contratti pirata, non retribuiti, lontanissimi dall’area nella quale ci si è laureati o specializzati e per giunta obbligati ad abitare fuori dal centro perché la città di Milano – e così quasi tutti i capoluoghi italiani – contiene una realtà abitativa aggressiva, in cui un affitto medio per un monolocale si aggira intorno ai 750 euro circa, allontanando da sé la fascia produttiva e propulsiva, che pure dovrebbe rappresentare il suo fiore all’occhiello.
Ascioti è calabrese di origine, è arrivato a Milano sedici anni fa, conosce il fenomeno della lunga coda di ragazzi che spopolano il sud Italia e poi vengono marginalizzati e derisi dalle istituzioni. Combatte per il salario minimo, per la detassazione nei confronti degli under 25, per la qualità del lavoro, perché, come ricorda anche Pastorella, il problema non è solo la carenza di occupazione, riguarda anche il tipo di mestiere che uno si appresta o si trova a svolgere – le sue condizioni, i suoi orari, i suoi sbocchi, le sue remunerazioni.
Sono rimasti intimoriti, scioccati di fronte al crollo del ponte Morandi e allo scandalo sulle costruzioni che ne è seguito.
Per questo e altri motivi, sono giovani che hanno in odio l’ideologia, gli astrattismi e la retorica. Se sono migrati al cosiddetto Terzo Polo, e ci si sono aggrappati, è perché l’approccio è funzionale, pragmatico, progettuale. Asciutto. Sono nauseati dalle strumentalizzazioni con cui la destra e a sinistra hanno rosicchiato a poco a poco la fiducia della loro generazione. Pastorella ammette che fino a suoi venti anni e più, si era del tutto disinteressata alla politica.
«Mi trovavo all’estero già da molti anni. Se ho capito che dovevo darmi da fare, è perché ho iniziato a guardarmi intorno. Non potevo ignorare le storie dei miei coetanei, delle persone come me». E aggiunge: «Quando ho collaborato alla redazione del programma di Azione, ricordo che la prima direzione nazionale era composta unicamente da dirigenti tematici. Cercavano competenze in ambiti specifici. Io mi occupavo di digitale».
Desiderano efficienza. Accordano credibilità solo agli esperti, ai professionisti. Come dare loro torto? Non tollerano che nessuna questione, compresa quella ambientale, che riguarda da vicino il loro futuro e quello dei loro figli – anche Pastorella è madre da un anno – venga interpretata e gestita da brodi concettuali.
Quindi sì ai pigli strategici, fattivi. Sì al nucleare, alla concorrenza, al potenziamento dell’apprendimento e della formazione, accompagnamento all’imprenditorialità tra i giovani, sì alla riforma della giustizia per processi più celeri e l’abbattimento degli arretrati, sì allo smaltimento dell’Irpef con l’introduzione di un minimo esente e a una detassazione per i giovani – totale fino ai 25 anni e del 50% fino ai 29.
Si può essere a favore o a sfavore, in accordo o in disaccordo con la linea politica, ma il respiro di sollievo dettato da una griglia giovanile finalmente compatta, energica e combattiva è innegabile, soprattutto dal momento che il 25 settembre, agli occhi dei loro coetanei e di coloro che invece ancora studiano, è una data ammantata da una nube sconcertante e sconclusionata.
«Durante la mia esperienza come consigliera comunale milanese, ho capito che spesso l’approccio riformista latita. Ci si incaglia a discutere di temi che non sono di competenza del Comune, temi caratterizzati da matrici ideologiche e poco strumentali. Più volte mi sono trovata a votare una proposta contro tutti e tutto. La stessa esperienza di voce fuori dal coro, della coerenza portata avanti per definizione, va portata a Roma. Altro che voto utile. In questo caso sapete per chi votate, ci avete conosciuto», dice Pastorella.
La prima cosa che faranno quando saranno parlamentari della Repubblica? Spintonare, battersi per scardinare l’assetto quasi dottrinale che nel nostro Paese ancora non ha smesso di trovare appiglio e consensi, secondo cui una donna che diventa madre deve automaticamente rinunciare alla carriera o smettere di lavorare per ottenere il congedo di maternità. Occuparsi delle centinaia di edifici dismessi, in disuso e abbandonati, per sottrarli alle diatribe che si accavallano in merito tra comune e regione. Lo sveltimento digitale, per tutti i servizi. Il Pnrr prevede ingenti fondi per la digitalizzazione, con sportelli preposti per le persone anziane. Lo scioglimento burocratico che riguarda chi non vive nel comune di residenza e deve però recarsi a votare, l’altrimenti noto problema dei fuori sede.
E poi, imparare.