Il prossimo governo di centrodestra, probabilmente guidato da Giorgia Meloni, avrà circa 30 miliardi in meno da destinare alla legge di bilancio. Ma si ritroverà già una dote circa 10 miliardi da utilizzare subito per un nuovo decreto taglia bollette. Lo spazio di spesa per il 2023 si è assottigliato, così come le previsioni di crescita contenute nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), approvata ieri dal consiglio dei ministri. Ma grazie al minor deficit al 5,1%, mezzo punto in meno rispetto al Def, unito alla crescita (3,3%) e all’inflazione che ha portato a maggiore entrate fiscali, restano nel cassetto del Mef ben 10 miliardi. Tutto senza gli scostamenti di bilancio chiesti a gran voce da Salvini a Conte.
Il quadro tendenziale, a politiche invariate e senza interventi, vede però il Pil crescere il prossimo anno di un +0,6%, anziché +2,4% previsto ad aprile. Mentre per il 2022 le previsioni sono state rivista al rialzo, con un +3,3% anziché +3,1%.
La prudenza è d’obbligo, come scrive il ministro Daniele Franco nella Nadef. Se la Russia bloccasse del tutto l’erogazione di gas, il Pil dell’Italia nel 2023 sarebbe azzerato (+0,1%). E dimezzato con la recessione in Europa e il rialzo dello spread (+0,3%). Ancora peggio se si aggiungesse un rafforzamento ulteriore del cambio euro/dollaro. Scenari di rischio a futura memoria del governo entrante.
Rivisto al ribasso anche l’indebitamento netto tendenziale, portandolo al 5,1% dal 7,2% a fine 2021. Un deficit più basso che lascia a disposizione del prossimo governo circa 10 miliardi di spazio per finanziare un eventuale quarto decreto aiuti. Il nuovo esecutivo non dovrà neanche chiedere l’autorizzazione al Parlamento a usarli, perché le Camere già hanno dato l’ok per i decreti aiuti bis e ter a un deficit al 5,6%, ora portato a 5,1%.
Nel 2023 si continua a scendere, con un deficit è previsto al 3,4% (anziché 3,9 del Def) e il rapporto tra debito e Pil a 143% (anziché 145). Anche qui si aprono diverse prospettive per la legge di bilancio. Se il nuovo governo decidesse di salire sopra il 3,4%, cioè di fare altro deficit pur evitando di superare il livello del 2022 al 5,1%, la spesa potrebbe aumentare. Tra 3,4% e 5,1% si possono fare molte scelte. Con un solo punto in più di deficit, ci sarebbero 20 miliardi in più a disposizione.
In ogni caso, l’inflazione è prevista in discesa già alla fine di quest’anno. Dal +6,6% del 2022 si passa – si legge nella Nadef – al +4,5% del 2023, poi +2,3% nel 2024 e +1,9% nel 2025. Ma se questa è una buona notizia per famiglie e imprese, lo è meno per i conti pubblici che devono il loro andamento anche alle entrate di imposte come l’Iva trainate dai prezzi in rialzo, oltre alle maggiori tasse spinte dal Pil. Un aiutino che riesce per ora a contenere anche l’impatto della rivalutazione delle pensioni all’inflazione e l’aumento degli interessi dei titoli di Stato oltre il 4%. Ma questo quadro non durerà per sempre.
Intanto, i tecnici del centrodestra sarebbero già al lavoro sulla futura manovra in modo da scongiurare l’esercizio provvisorio. Per il ministro Franco, l’attuazione del Pnrr darà una spinta al Pil. E proprio ieri sono stati completati gli obiettivi del ministero della Giustizia guidato da Marta Cartabia, con il via libera ai decreti legislativi per la riforma che riguarda la giustizia penale, civile e l’ufficio del processo.