«Inondazioni, siccità, ondate di caldo, tempeste estreme e incendi stanno andando di male in peggio, battendo record con una frequenza allarmante. Ondate di caldo in Europa. Colossali inondazioni in Pakistan. Siccità prolungate e gravi in Cina, nel Corno d’Africa e negli Stati Uniti. Non c’è nulla di naturale nella nuova portata di questi disastri. Sono il prezzo della dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili». Ad affermarlo è stato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres riferendosi al rapporto United in Science di quest’anno il quale mostra – citando ancora le parole di Guterres – «che gli impatti climatici si stanno dirigendo verso un territorio inesplorato di distruzione. Eppure, ogni anno raddoppiamo la nostra dipendenza dai combustibili fossili, anche se i sintomi peggiorano rapidamente».
Riferendosi alla terribile alluvione che ha colpito le Marche, nei giorni scorsi Papa Francesco ha sottolineato come essa rappresenti l’ulteriore conferma che la sfida del clima merita la stessa attenzione del Covid e della guerra. Citando le parole del Pontefice «occorre cambiare totalmente registro e smettere di imporre, a livello generale, strutture monopolistiche che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato. Serve uno sviluppo sostenibile e integrale, nuovi modi di intendere l’economia e il progresso. Servono grandi responsabilità della politica, dell’economia, di ognuno di noi».
Pur essendo figure diverse che ricoprono ruoli diversi, condividono l’approccio esortativo a fare meglio, di più e più in fretta. D’altro canto, la scienza del clima è chiara: stiamo andando nella direzione sbagliata! Tant’è che secondo il nuovo rapporto multi-agenzia coordinato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), senza un’azione molto più ambiziosa, gli impatti fisici e socioeconomici del cambiamento climatico saranno sempre più devastanti. Gli ultimi sette anni – afferma il rapporto – sono stati i più caldi mai registrati. Le grandi città sovrappopolate che insieme ospitano il 55 per cento della popolazione mondiale, ovvero 4,2 miliardi di persone, sono responsabili fino al 70 per cento delle emissioni causate dall’uomo e sono anche altamente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici come l’aumento delle forti precipitazioni, l’innalzamento accelerato del livello del mare, le inondazioni costiere acute e croniche e il calore estremo, tra gli altri rischi chiave.
Questi impatti ovviamente esacerberanno sempre più le sfide socioeconomiche e le disuguaglianze. Per fare alcuni esempi, si stima che a livello globale, entro il 2050, oltre 1,6 miliardi di persone che vivono in oltre 970 città saranno regolarmente esposte a temperature medie di 3 mesi che raggiungono almeno i 35 °C. Consideriamo anche che il numero di disastri meteorologici, climatici e legati all’acqua è aumentato di cinque volte negli ultimi 50 anni, causando perdite giornaliere per 202 milioni di dollari. Cioè danni socioeconomici di lunga durata soprattutto nelle comunità più vulnerabili, che spesso sono anche le meno attrezzate per rispondere, riprendersi e adattarsi.
Con 3,3-3,6 miliardi di persone che vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici, è più importante che mai che la politica e la comunità internazionale intraprendano azioni ambiziose non solo per mitigare le emissioni, ma anche per adattarsi, in particolare alle condizioni meteorologiche estreme e agli eventi con potere devastante come quest’ultimo accaduto nelle Marche che è solo il più vivido per ragioni di vicinanza territoriale e affettiva.
È lecito quindi chiedere, soprattutto oggi, alla vigilia del voto, quale posizione occupi realmente il tema climatico per la politica italiana considerando che dai programmi elettorali dei diversi partiti e dei movimenti depositati al ministero dell’Interno per le elezioni del 25 settembre, se ne rileva una scarsa se non nulla attenzione.
Eppure, l’Italia – come gli altri stati dell’Ue – ha assunto l’impegno di fare dell’Unione europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Cosa ne è di questo impegno politico? Quanto i partiti o i movimenti sono realmente attenti ai cambiamenti climatici?