Monsoni “sotto steroidi”La catastrofe meteorologica del Pakistan è l’ennesimo segnale del cambiamento climatico

Il Paese è innondato dalle alluvioni che procurano danni alle coltivazioni e provocano e migliaia di vittime. Una calamità che richiede un intervento deciso e globale, ma su cui invece la politica latita

LaPresse

«Le piogge monsoniche sono come un oceano. C’è acqua ovunque. Queste sono le peggiori degli ultimi 30 anni». Con questa affermazione il primo ministro Shehbaz Sharif ha reso l’idea del disastro avvenuto in Pakistan, dove oramai oltre la metà del territorio è sott’acqua, dove hanno perso la vita molto più di mille persone, dove un abitante su sette – 33 milioni su 220 – è stato colpito, oltre un milione di case è stato distrutto, più di ottocentomila capi di bestiame sono stati travolti dal fango.

Si tratta di stime, come sempre accade a ridosso di calamità, del tutto provvisorie e dunque passibili di aggiornamento di giorno in giorno, e tuttavia siamo già al cospetto di una realtà estrema per la quale le autorità governative hanno già dichiarato lo stato di emergenza e hanno chiesto aiuto alla comunità internazionale. Stessa istanza è arrivata anche da Papa Francesco che, mentre era in visita all’Aquila in occasione della Perdonanza Celestiniana, ha dichiarato: «In questo luogo che ha patito e ha subito una dura calamità, voglio assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del Pakistan, colpite da alluvioni e inondazioni di proporzioni disastrose. Prego per le numerose vittime, per i feriti, per gli sfollati, e perché sia pronta la generosa solidarietà internazionale».

Secondo il parere di molti esperti, le alluvioni che stanno devastando il Pakistan in questa estate 2022 sono da collegare direttamente al cambiamento climatico: il Paese starebbe soffrendo le conseguenze delle pratiche ambientali irresponsabili delle altre parti del mondo. E della stessa opinione si dimostra la ministra dei Cambiamenti climatici, Sherry Rehman che ha voluto sottolineare come questo oceano d’acqua che sommerge interi quartieri sia «l’evento più mostruoso degli ultimi decenni. Gli effetti del cambiamento climatico sono alle nostre porte».

Una catastrofe meteorologica e climatica in corso da giugno, soprattutto nelle regioni settentrionali del Pakistan, che è la conseguenza dello scioglimento accelerato dei ghiacciai dovuto ai cambiamenti climatici e a una stagione monsonica anomala. In genere questa manifestazione climatica dura da giugno a settembre ed è fondamentale per l’irrigazione delle piantagioni e per ricostituire le risorse idriche del subcontinente indiano. Ma quest’anno, invece di rallentare a metà agosto, le piogge monsoniche hanno raddoppiato la propria intensità.

Ad aggravare la situazione va detto che le piogge intense, secondo i rilievi del servizio meteorologico nazionale effettivamente il Pakistan ha ricevuto in tutto il doppio delle solite precipitazioni, sono cadute su terreni estremamente aridi, dopo che il Paese ha sopportato l’ondata di caldo precoce e prolungata che ha colpito anche l’India da marzo a giugno, con temperature che hanno raggiunto il picco di 51 gradi.

«The Pakistani people are facing a monsoon on steroids. More than 1000 people have been killed – with millions more lives shattered. This colossal crisis requires urgent, collective action to help the Government & people of Pakistan in their hour of need» ha affermato via Twitter il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, lo scorso 30 agosto, aggiungendo quanto l’Asia meridionale sia sempre stata fragile di fronte agli avvenimenti causati dalla crisi climatica e anche quanto le catastrofiche inondazioni in Pakistan avvertano degli effetti devastanti dovuti al riscaldamento globale causato dall’uomo.

Dinanzi al susseguirsi di eventi climatici estremi di questa portata appare in tutta la sua drammaticità l’urgenza di adottare misure adeguate e globalmente condivise per contrastare la crisi climatica. E pur tuttavia il tema oggi appare periferico se non addirittura quasi completamente dimenticato sia nelle agende politiche sia nelle riunioni di redazione, surclassato da istanze meno centrali ma, per il loro respiro di breve periodo, più congeniali a produrre un ritorno favorevole al dibattito pre-elettorale.

Un’agenda politica che oggi trascurasse di pianificare l’attuazione di strategie di adattamento ai cambiamenti climatici in sinergia con tutti gli altri Paesi, condannerebbe la propria e le altrui popolazioni a pagare lo stesso prezzo in termini di perdite di vite e di beni essenziali come appena accaduto in Pakistan. Soprattutto se si considera che fino a qualche anno fa queste aree non avrebbero vissuto monsoni tanto distruttivi, e che il maggior peso di questo genere di disastri grava soprattutto sulle giovani generazioni. Un dato per tutti che serva da indicazione: secondo quanto riferisce una recente nota dell’Unicef, delle oltre 1.000 persone rimaste uccise in Pakistan un terzo erano bambini.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter