Uomini e noLe polemiche su “Skam Italia” riflettono una società ancora antiquata

La quinta stagione della serie avrà come oggetto le vulnerabilità sessuali maschili, tra cui il micropene. Un argomento trattato con intelligenza e delicatezza, lontane dalle derisioni sguaiate che accompagnano una visione dell’uomo ancorata a vecchi schemi

La quinta stagione di “Skam Italia” è uscita soltanto da un giorno, ma le polemiche erano già state sollevate dalle anticipazioni sulla trama a seguito della conferenza stampa del 29 agosto.

La serie, prodotta da Cross Productions, è frutto del riadattamento di un omonimo format norvegese apparso nel 2015, e replicato anche in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Stati Uniti, Spagna e Germania. Le vicende dei protagonisti, tutti ragazzi tra i sedici e i diciannove anni, sono raccontate attraverso lunghi capitoli monografici, in cui ogni stagione è dedicata a un solo personaggio ed è attraverso la sua lente di ingrandimento che scopriamo palmo a palmo il profilo e le logiche della realtà descritta: un espediente narrativo che aveva già conosciuto una certa popolarità con “Skins”, nota serie televisiva britannica del 2007.

Nel tentativo di tracciare l’universo degli adolescenti, “Skam” ha avuto il merito riconosciuto di avere delineato situazioni dai tratti delicati, privi di isteria. Le condizioni di emarginazione messe in luce non sfociano mai nel patologico: gli smottamenti emotivi disturbano, ma non diventano necessariamente devianze. Ciascuno dei personaggi attraversa il proprio personale percorso di crescita, viene allo scoperto gradualmente, sempre grazie al rapporto con gli amici, e il lieto fine non è mai stucchevole, è più che altro il raggiungimento di un’autoaccettazione agognata ma transitoria, che pone nuovi quesiti, nuovi rischi. L’alcol e la droga compaiono, ma sono trattati alla stregua di rituali innocenti, che sarebbe sciocco minimizzare quanto esasperare: in qualche caso, possono anche solo segnare un’età di passaggio.

La quarta stagione aveva vagliato lo spinoso conflitto interno di Sana, musulmana di seconda generazione, contribuendo a lanciare “Skam” in mezzo alle serie più seguite al mondo. Dopo più di due anni – le riprese dovevano in teoria concludersi – la quinta e nuova edizione ha deciso di sondare un terreno finora sconosciuto, quantomeno in Italia, e in special modo tra i giovani: le inibizioni sessuali nel maschio etero.

Naturalmente c’è già chi ha provato a girarci intorno: all’interno delle storie che passano al cinema o sulle piattaforme, l’uomo in difficoltà con la sfera sessuale non è certo più una novità. Ma si tratta perlopiù di apparizioni, e quasi sempre in secondarie rispetto al piano narrativo centrale. Pensiamo a “Sex and the City”, che negli anni Novanta ha sdoganato un’infinita sequela di tabù, passando in rassegna disfunzioni erettili, eiaculazioni precoci e dismorfofobie legate alle dimensioni dell’apparato genitale: essendo pensato per un pubblico femminile, il racconto era quasi sempre espresso in forme canzonatorie, rischiando così di reiterare il pregiudizio. “Sex and the City” ha senz’altro contribuito a restituire libertà alle esperienze sessuali delle donne e al loro dominio nel rappresentarle. Ma il rischio è che adesso il pudore si ammassi dall’altra parte.

Nonostante la fase attuale sia caratterizzata dal bisogno sempre più impellente di raccontarsi, di esibirsi anche e soprattutto nelle proprie vulnerabilità e gli sforzi sono tesi ad abbattere il modello maschile patriarcale come unico depositario dell’interpretazione della realtà, sembra che gli uomini siano stati inavvertitamente lasciati fuori.

Si evince dalle reazioni dei fan di “Skam” dopo la dichiarazione che la stagione avrà come oggetto la sindrome del micropene di Elia. Si sono stizziti, come se fosse una burla, una presa in giro nei loro stessi confronti, perché a quanto pare la percezione comune considera il tema pari a una gag comica, uno sfottò da bar o da spogliatoio.

Pietro Turano, consigliere nazionale di Arcigay, che nella serie interpreta Filippo, si è a lungo sfogato su Instagram: «Fate gli/le woke trans-femministe progredite e poi vi sfugge che la cultura patriarcale e machista si fonda proprio su precisi ruoli di genere maschili e femminili, sulla base di virilità/femminilità e sui genitali […] Tutti e tutte sono vittime di ruoli e aspettative sociali e gli uomini, rispetto alle donne, sono meno consapevoli delle strutture che li opprimono. Questo spesso si traduce in repressione e violenza. A discapito delle donne e di altri uomini. Su questo si origina la tossicità della nostra società. […]».

Possibile che la vergogna di sé, il senso di inadeguatezza e i processi di accettazione siano benvoluti e benvisti solo se riguardano i corpi delle donne, i loro problemi alimentari, i loro episodi di body shaming o di revenge porn, e invece le difficoltà maschili sono permeate ancora oggi da una coltre di silenzio?

La sindrome del micropene risponde innanzitutto di un termine medico, che è ipoplasia peniena. Le conseguenze di quello che finora è stato trattato alla stregua di uno spunto per una comicità di bassa lega, sono affrontate da “Skam” e dall’eccellente interpretazione dell‘attore Francesco Centorame in un modo talmente immersivo e credibile che forse la speranza perché qualcosa cambi ora esiste: Elia infatti è un ragazzo popolare, corteggiato e conduce un’intensa vita sociale. Il suo problema è talmente innominabile e sepolto sotto a strati di paradigmi distorti e cementificati, che non può nemmeno prendere in considerazione di parlarne. Si limita a congedarsi frettolosamente da tutti gli ambienti che potrebbero metterlo nella posizione di avere rapporti sessuali o più semplicemente di restare nudo davanti agli altri. Non prende parte alle docce nello spogliatoio, con le ragazze scambia solo qualche bacio in discoteca, impegnandosi a non andare oltre.

È letteralmente roso, mangiato vivo da una condizione di esclusione. «Ho finto per anni di sapere ciò di cui tutti parlavano, dicendo di averlo fatto anch’io», dichiara quando rompe il silenzio. Per rendere ancora meglio la sensazione di spossatezza psichica e di sottile paranoia che Elia vive quotidianamente, gli sceneggiatori si sono impegnati a restituire tutti gli scambi a cui lui assiste – battute, conversazioni casuali, dialoghi distratti – come se sottintendessero involontariamente e sempre alla dimensione del pene. Ogni domanda, ogni richiesta di spiegazioni lo prostra, finché abbaia a una ragazza che gli chiede impunemente se per caso non sia dell’altra sponda: «Fate tanto quelle contro la mascolinità tossica, e poi se uno non vi salta addosso al primo appuntamento è gay».

In effetti, a pensarci bene, oltre alle difformità fisiche, persiste un problema di disinformazione sessuale. Di nuovo, la disinvoltura con cui oggi si parla e si discute di certi argomenti non li rende automaticamente alla portata di tutti, e spesso i progressi sono solo presunti, o quantomeno non sufficienti.

Secondo uno studio, l’eiaculazione precoce colpisce circa 4 milioni di uomini e il 90% di loro non si è mai curato, anzi appena 1 su 10 è al corrente dell’esistenza di soluzioni. La disfunzione erettile riguarda 3 milioni di uomini e anche qui è affrontata solo dal 10%. Il 15% della popolazione maschile di età compresa tra i 18 e i 60 anni, pari a oltre 1 milione di uomini, soffre di disturbi del desiderio.

Quando Elia si confida con le sue amiche, Eva, interpretata da Ludovica Martino, gli risponde: «Ma pensi veramente che alle donne freghi qualcosa? In tre anni che faccio sesso io sono mai venuta con la penetrazione, mai», e di rimando le fanno eco le altre, «Nemmeno io». «A voi uomini piace pensare che veniamo così, perché così fate meno fatica», aggiunge.

La falla sta nella mancata comunicazione tra le parti, oppure nel buco rappresentato dall’assenza di un’accurata educazione sessuale nelle scuole, che tenga conto del presente, e non si limiti a rendere edotti – in modo peraltro sommario – sul modo giusto di indossare un profilattico?

Un’indagine di Durex del 2021 segnala che su un campione di oltre 15.000 giovani tra gli 11 e i 24 anni, meno della metà è solito utilizzare il preservativo ed è convinto che il coito interrotto basti a evitare una gravidanza, e il 68% non si è mai rivolto a uno specialista per la prevenzione dalle malattie o dalle infezioni sessualmente trasmissibili. Inoltre, il 50% è solito cercare informazioni su Internet.

Benché la società italiana attuale sia molto diversa da quella degli anni Cinquanta, non esistono figure di riferimento circa l’attività sessuale dei giovani, e la maggior parte è costretto a comportarsi da maestro di sé stesso. I fraintendimenti, le rimozioni e le confusioni si accumulano, generando frustrazione condivisa orizzontalmente da entrambi i sessi.

L’imbarazzo di un maschio, per giunta, è raddoppiato, perché è vittima di un’immagine secolare che lo vede sessualmente prestante, attivo e indomito – e chiaramente la dimensione e la forma fallica non ne è che un’estensione. Le donne, da parte loro, spesso contribuiscono a confermare e a sottolineare questo preconcetto, essendosi troppo a lungo concentrate nel tentativo di spogliarsi della loro subalternità per esercitare una sessualità paritaria, identica a quella maschile – allo stesso modo prestante, attiva e indomita.

Forse sarebbe il caso di tirare il fiato e accettare di essere guidati all’ascolto e al dialogo se vogliamo raggiungere un’espressione erotica sana e slatentizzata da ossessioni.

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