Andy WarholL’arte come spietata provocazione ed espressione della società

Dal 22 ottobre fino 26 marzo 2023, alla Fabbrica del Vapore (Milano), una mostra in grado di ricostruire l’intera carriera di un genio che non stanca mai. Oltre 300 opere tra dipinti originali, opere uniche, serigrafie storiche, disegni, polaroid e fotografie, con tematiche che spaziano dall’erotismo alla società capitalistica

Querelle, 1982 (Ufficio Stampa Mostra Andy Warhol. La pubblicità della forma)

L’arte come bene di consumo, di tutti e per tutti: al pari di una lattina di Coca-Cola o un qualsiasi altro prodotto commerciale. Personalità eccentrica, colta e trasgressiva, Andy Warhol rivoluzionò il concetto di arte attraverso le sue iconiche serigrafie, creando un movimento artistico – la Pop Art – capace non solo di stravolgere profondamente i tradizionali canoni della disciplina, ma anche di raccontare i cambiamenti politici e sociali dell’America di fine Anni ‘50.

La storia della sua carriera sfaccettata (di pittore, scultore, regista e attore) si racconta attraverso le forme e i colori sgargianti delle sue opere, esposte a Milano alla Fabbrica del Vapore. Aperta dal 22 ottobre fino al 26 marzo 2023, la mostra “Andy Warhol. La pubblicità della forma” è un viaggio nell’universo artistico e umano di uno dei personaggi più significativi della storia dell’arte mondiale. Oltre trecento opere divise in sette aree tematiche e tredici sezioni, che ripercorrono la vita dell’artista: dagli inizi negli Anni ‘50 quando era un illustratore commerciale fino all’ultimo decennio di attività negli Anni ‘80 connotato dal rapporto con il sacro. 

Promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura e Navigare, l’esposizione è curata da Achille Bonito Oliva con Edoardo Falcioni per Art Motors, partner Bmw. «Warhol è il Raffaello della società di massa americana che dà superficie ad ogni profondità dell’immagine rendendola in tal modo immediatamente fruibile, pronta al consumo come ogni prodotto che affolla il nostro vivere quotidiano. In tal modo sviluppa un’inedita classicità nella sua trasformazione estetica. Così la pubblicità della forma crea l’epifania, cioè l’apparizione, dell’immagine», afferma il curatore Achille Bonito Oliva.

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L’artista nasce nel 1928 a Pittsburgh: il suo vero nome – di origine slovacca – è Andrew Warhola, successivamente tramutato in Warhol al suo arrivo a New York nel 1949, dove inizia a lavorare come pubblicitario per riviste come Vogue, New Yorker e Glamour. L’intuizione che lo renderà un’icona sarà proprio quella di trasformare il linguaggio della pubblicità in arte. La sua tecnica si basava sulla ripetizione di un’immagine più e più volte: riproducendo sulla tela la filosofia consumistica dell’epoca, basata proprio sull’abbondanza di prodotti.

Indimenticabile la sua Thirty Are Better Than One: la Monna Lisa di Da Vinci ripetuta ben trenta volte che, da opera celebre ed esclusiva, diventa un prodotto alla portata di tutti. In particolare, l’artista adotta una speciale tecnica di serializzazione, con l’ausilio di un impianto serigrafico che facilita la realizzazione e riduce i tempi di produzione. Su grosse tele riproduce numerose volte lo stesso soggetto, alterandone i colori: non solo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali (difficile dimenticare le serigrafie della Coca-Cola) ma anche immagini “di impatto” come incidenti stradali, sedie elettriche e l’uccisione del presidente americano John Fitzgerald Kennedy.

«In Green Coca-Cola Bottles comprendiamo immediatamente che per l’artista è proprio la quantità a prevalere sull’originalità del soggetto raffigurato: è infatti ripetendo la stessa immagine che egli riesce a portare e mettere in scena il panorama consumistico nel mondo dell’arte: compito dell’artista non è più creare, ma riprodurre», scrive Edoardo Falcioni nel suo testo per il catalogo.

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La tecnica della serigrafia viene usata da Warhol già nel 1962 per realizzare la serie Campbell’s Soup Cans, composta da trentadue piccole tele di identiche dimensioni raffiguranti ciascuna gli iconici barattoli di zuppa Campbell’s, esposte nello stesso anno alla Ferus Gallery di Los Angeles. Lo stesso fa con i ritratti delle celebrità dell’epoca: la regina Elisabetta II, Marilyn Monroe, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, e tantissimi altri. Aderendo alla cultura di massa e portandola nel mondo concettuale dell’arte figurativa, Warhol esalta così la patria del consumismo e tutto ciò che gli Stati Uniti hanno simboleggiato dal dopo guerra fino agli Anni ‘80. 

La mostra documenta il suo avvincente percorso: dagli oggetti simbolo del consumismo di massa, ai ritratti dello star system Anni ’60, passando per le Brillo Box (sculture identiche alle scatole di pagliette saponate Brillo in vendita nei supermercati), uno degli emblemi della Pop Art. Le sue icone, i suoi soggetti e i suoi colori sono riprodotti ovunque: su vestiti, zaini e addirittura su piatti. Il genio di Pittsburgh ha in qualche modo anticipato i social network e la globalizzazione degli anni Duemila, cambiando sicuramente – e per sempre – la storia dell’arte.