Di sicuro c’è solo che ha vinto. Stiamo parlando di Renato Schifani, nuovo presidente della Regione Siciliana. Ecco, di sicuro c’è solo che ha vinto. E basta. Perché, un po’ come accade in certe repubbliche dai nomi esotici, in Sicilia, ufficialmente, a due settimane dalle elezioni regionali, non si sono ancora concluse le operazioni di voto.
Stavolta non c’entrano nulla quei presidenti di seggio che, in primavera, preferirono andare a seguire la finale play off del Palermo Calcio per la promozione in Serie B, piuttosto che adempiere il loro dovere, mandando nel caos le operazioni del voto per l’elezione del nuovo Sindaco.
Quello che accade, in questi giorni, è che ci sono 48 sezioni dove i presidenti di seggio allo stadio non ci sono andati, ma forse è meglio se lo avessero fatto. Non sono riusciti a completare lo scrutinio, si sono confusi, hanno pasticciato i verbali. Un caos. dovuto anche all’inesperienza di molti presidenti di seggio. Una volta era un ruolo anche ambìto, adesso c’è la fuga. E non è colpa, una volta tanto, del Reddito di cittadinanza.
Lo Stato paga troppo poco, per un lavoro stressante, lungo, complicato, e con alto margine di errori e complicazioni, anche penali. E quindi si narra di una presidente di seggio, giovanissima, al suo primo incarico, che ha sbagliato la compilazione di tutti i verbali, perché non sapeva la differenza tra aventi diritto al voto ed elettori. O di altri che hanno aperto le schede degli elettori prima di infilarle nell’urna, giusto per controllare come avessero votato. O di altri ancora che hanno fatto confusione con il diabolico bollino antifrode.
E così, mentre tutti si affrettano a rassicurare che la vittoria di Schifani non è in forse, non si capisce chi come e quando debba ratificare queste benedette 48 sezioni mancanti. Un colossale ritardo che blocca l’isola. Perché il presidente eletto non può essere proclamato vincitore. Se non è vincitore non può convocare il nuovo parlamento. Se non può convocare il nuovo parlamento, non può fare la Giunta. Insomma, sembra quasi una canzone di Branduardi. Ma, più prosaicamente, ci sono registri incompleti, errori di trascrizione, dati sbagliati. Dalle Prefetture la palla passa ai Tribunali, che stanno decidendo come procedere.
Eppure, in dieci anni, è un miglioramento. Non se lo ricorda nessuno, ma nel 2012, sempre alle elezioni regionali, è stato fatto anche di meglio. Non si fece neanche il riconteggio delle schede, perché, semplicemente, sparirono di tutto punto. Proprio così. E in nove sezioni, nel 2014, a due anni di distanza, dopo ricorsi e controricorsi, i cittadini della provincia di Siracusa dovettero tornare al voto. Un replay mai visto in una democrazia. E con l’imbarazzo (ma qui finisce la politica e comincia la letteratura) che furono chiamati a votare tutti coloro che due anni prima ne avevano diritto, anche chi nel frattempo era defunto.
Il dito oggi è puntato contro presidenti di seggio, segretari e scrutatori. Ma cosa volere di più da persone che subiscono una sorta di “caporalato di Stato?”. L’abbinata politiche più regionali ha comportato un impegno medio, tra operazioni preliminari, voto e scrutinio di circa 33 ore, distribuite su tre giorni, se non quattro. Il tutto per 224 euro, per il presidente, e 170 euro per lo scrutatore. Fanno cinque euro l’ora.
In questo patatrac c’è chi ci guadagna. Secondo i calcoli dei funzionari della Regione, tra proclamazione di Schifani, nomina della Giunta e convocazione degli eletti, passerà almeno un mese. In questo mese resteranno ancora in carica, ma solo formalmente, i vecchi deputati, i 70 onorevoli dell’Ars, il parlamento più antico del mondo, che, in virtù di questa coda lunga, percepiranno un’altra mensilità in più di indennità e diaria (e questa non formale, ma sonante): 10mila euro. Buttali via.