Il Mondial des vins extremes è l’unico concorso enologico mondiale a premiare la viticoltura eroica; un’idea tutta italiana – nata con l’autorizzazione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e il patrocinio dell’Oiv Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – che nel 2022 ha celebrato la sua trentesima edizione.
La manifestazione di quest’anno si è distinta per i numeri, importanti: 832 vini in concorso provenienti da 23 Paesi esteri, tra cui a prevalere è stata la Spagna con 141 etichette, seguita dalla Svizzera con 53, dalla Germania con 45 e dalla Francia con 26.
L’Italia è in testa su tutti gli altri paesi con 173 aziende partecipanti che hanno portato in concorso 444 vini: la Valle d’Aosta, promotrice dell’iniziativa, ha presentato 81 vini, il Veneto 46, il Trentino 43, la Toscana 42 e la Sicilia 36, Lombardia e Liguria 35.
All’edizione di quest’anno hanno partecipato anche Georgia, Grecia, Cipro, Slovenia, Portogallo, Argentina, Stati Uniti, Malta, Slovacchia, Kazakhistan, Macedonia del Nord, Libano, Armenia, Andorra, Cile, Palestina e, quest’anno alla loro prima edizione, Ucraina Brasile e Moldova.
Cos’hanno in comune queste nazioni che sembrano partecipare ai nuovi Giochi senza Frontiere dei Vini? Abbiamo chiesto ad Alberto Levi – presidente della commissione di degustazione del concorso e presidente Ais Valle d’Aosta – di raccontarci qualcosa di più sull’evento.
«La viticoltura eroica vive grazie al lavoro completamente manuale dei vignaioli che continuano a lavorare faticosamente le vigne. Infatti in queste zone è impossibile procedere con una vendemmia meccanizzata a causa del territorio impervio. In Italia possiamo vedere un esempio alle Cinque Terre, dove le ceste di uva vengono trasportate a valle su particolari trenini a cremagliera a causa delle forti pendenze del terreno oppure a Pantelleria, la cui forma di allevamento ad alberello pantesco, costringe i viticoltori a vendemmiare chinati per parecchie ore». Proprio la pratica agricola tradizionale della coltivazione della ‘‘vite ad alberello’’ della comunità di Pantelleria, nel 2014 è stata riconosciuta Patrimonio Immateriale dell’Unesco.
Tuttavia, a causa della bassa redditività e delle difficoltà oggettive, la viticoltura eroica che rappresenta il 5% della superficie totale vitata, è a rischio abbandono.
Il Cervim, centro di ricerche, studi e valorizzazione per la viticoltura montana, nasce dalla spinta della Regione Autonoma Valle d’Aosta, esempio di una viticoltura con queste peculiarità. Dalla fine degli anni 80 si occupa della tutela, del sostegno e della valorizzazione della viticoltura eroica su scala internazionale, organizzando giornate di studio e facendosi garante della tutela del paesaggio, dando spazio e voce ad una minoranza produttiva.
I vini in concorso appartengono a vigneti coltivati in condizioni orografiche considerate estreme o situati in aree geografiche ad alta valenza paesaggistica e turistica o ancora in aree con condizioni climatiche non ottimali. Altitudini superiori ai 500 mt s.l.m., pendenze superiori al 30%, vitigni coltivati su terrazze o gradoni, o nelle piccole isole, sono solo alcuni esempi. «Si tratta di vitigni unici e identitari, allevati da piccole aziende con produzioni marginali e remuneratività ridotta» ha voluto ricordare Levi, «Aziende che con la loro dedizione preservano la biodiversità e vivono il territorio a rischio abbandono».
Giudicare queste eccellenze mondiali è un lavoro tutt’altro che semplice; i sommelier, gli enologi e i giornalisti nominati dal Cervim lavorano esaminando diversi campioni.
«Abbiamo 9 tavoli di degustazione, ognuno composto da 5 giudici compreso il presidente. Degustiamo 45 campioni divisi in 9 categorie valutandoli secondo la scheda di degustazione del’Oiv. Sono due giornate impegnative, in cui va mantenuto un alto livello di concentrazione e attenzione ma sono soprattutto giornate formative».
Il 90% della viticoltura eroica proviene da vitigni autoctoni, allevati nel territorio vocato, per storicità e appartenenza, nel quale possono esprimersi al meglio e dove nel tempo, si sono adattati per dare i migliori risultati; ma qual è l’interesse dei consumatori? «Partecipo al Mondial des vins extremes da 15 anni e il numero delle aziende in concorso è sempre cresciuto» ha concluso Levi. «I consumatori sono diventati più consapevoli ed attenti alla qualità e alla peculiarità del vino che bevono. Acquistare una bottiglia di un vino estremo vuol dire sostenere un’economia locale, riconoscere il lavoro in vigna e preservare un territorio».