Distante 25 chilometri dai territori occupati di Donetsk e Luhansk, la città ucraina di Kryvyi Rih è recentemente comparsa nei titoli dei giornali per i massicci bombardamenti da parte delle forze di Mosca. Meno di un mese fa, il Cremlino aveva colpito una diga causando l’innalzamento del fiume Inhulets di due metri e mezzo, con il conseguente allagamento di diverse parti della città. Il giorno dopo, durante le riparazioni, l’impianto era stato nuovamente preso di mira. Pochi giorni fa, intorno alla mezzanotte di domenica 2 ottobre, un drone russo di costruzione iraniana ha bombardato il centro, distruggendo edifici civili.
Com’è noto, però, Kryvyi Rih diede i natali, il 25 gennaio 1978, al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La reporter ucraina Nataliya Gumenyuk, in un lungo reportage scritto per la testata The New Statesman, ha raccontato l’evoluzione della città dopo l’inizio della guerra, delineando lo stretto rapporto che la lega al presidente Zelensky e alla sua formazione.
Gumenyuk descrive come la città sia tappezzata di manifesti e tabelloni ritraenti il volto di Zelensky, a volte accompagnati dalle parole «Temete Dio e i ragazzi di Kryvyi Rih». Una frase non molto amata da uno dei personaggi di spicco della città, Andrii Shaikan, rettore dell’università di Economia e Tecnologia, in cui l’attuale presidente conseguì il suo percorso accademico. Per Shaikan, intervistato dalla giornalista, i manifesti celebrano il passato criminale della città. Un contesto che Zelensky, figlio di professori, non ha mai conosciuto: «Nessuno qui a Kryvyi Rih aveva il minimo dubbio che si sarebbe comportato così» dice a proposito della decisione del presidente di rimanere nel Paese dopo l’inizio dell’invasione. «Lasciare l’Ucraina? Mai!» dice. «Non è il modo in cui le persone fanno le cose qui». E aggiunge: «Suppongo che molti trovino non ortodosso il modo in cui governa, ma, da ciò che so su di lui e sulla sua famiglia, è uno stratega».
Shaikan andava all’università nello stesso periodo di Zelensky. Nel 2019 lo votò: «Conoscevamo le sue radici ambientali e familiari» ha raccontato al Guardian. Come molti, Zelensky crebbe parlando la lingua russa. I genitori speravano, dato l’interesse per la legge ispirato dal nonno (investigatore criminale nell’Unione Sovietica) che il figlio potesse intraprendere la carriera accademica. Ma il futuro presidente era di diverso avviso. Aveva un gusto per lo show business, e prese parte a sketch e gare di stand-up comedy. Spesso mancava alle lezioni perché era occupato sul palco, cosa di cui lui stesso si è scusato in seguito.
Il rettore, nella cui università il padre di Zelensky insegna ancora (a distanza), ricorda con Gumenyuk il presidente e la sua compagnia agli inizi della loro carriera nello spettacolo: «Se aveva fame di celebrità nelle prime fasi della sua carriera, diventare una superstar così giovane ha significato sconfiggerla decenni fa». L’autrice di The New Statesman spiega come la casa di produzione Kvartal 95 Studios, fondata da Zelensky e chiamata così in onore della piazza centrale della città, sia oggi una delle compagnie di maggior successo nell’area post-sovietica. Alcuni dei suoi dipendenti, scrive, «sono dietro ai video e alle clip che Zelensky realizza per tenere il mondo concentrato sul calvario in Ucraina».
La città di Kryvyi Rih ha 600mila abitanti, ed è conosciuta storicamente per la sua produzione di acciaio. Qui si trova l’impianto di ArcelorMittal, compagnia che produce il 20% dell’acciaio ucraino. Gumenyuk spiega che erano in molti, tra cui il consulente politico Paul Manafort (che lavorò nella campagna elettorale di Donald Trump nel 2016), a sostenere che l’est e il sud del Paese fossero nostalgici del passato sovietico. Ma dopo mesi di guerra, scrive, «a Kryvyi Rih non è proprio così».
Certo, spiegano alcuni, forse le precedenti generazioni possono essere stati, una volta, simpatizzanti, ma dopo l’invasione ciò che rimaneva di quella simpatia è svanito. I dipendenti dell’acciaieria, che prima della guerra esportava l’85% della sua produzione e ha i rifugi antibomba più resistenti della città, provano a continuare a lavorare «in modo che la città riceva un po’ di tasse, ovvero che lo Stato riceva qualcosa. Se l’Ucraina è più forte, il mondo è più al sicuro».
Come racconta il vicesindaco Serhii Milyutin a Gumenyuk, circa 20mila dei 60mila rifugiati interni presenti a Kryvyi Rih vengono dal Donbass, zona industriale, e possono quindi provare a trovare lavoro: «Gli altri 40mila arrivano dai villaggi occupati della regione di Kherson, hanno camminato a piedi, sono fuggiti attraverso i fiumi, con le bici o con altri mezzi di trasporto, e sono venuti senza niente».
Chi però comanda veramente in città è Oleksandr Vilkul, ex politico nominato da Zelensky capo dell’amministrazione militare della città, che il mattino del 24 febbraio bloccò l’enorme aeroporto con mezzi pesanti: «Gli aerei russi erano vicini, ma impossibilitati ad atterrare» spiega Vilkul. Vice primo ministro nel governo Yanukovich (poi rovesciato nel febbraio del 2014), Vilkul era contro l’ingresso del Paese nell’Unione Europea e nella Nato, ma oggi rinnega tali posizioni: «Mi sbagliavo, ma credevo veramente che la neutralità fosse garanzia di sicurezza. Ma la Russia è un aggressivo impero militare, e dobbiamo essere difesi».