L’accelerazione dei processi politici indotta prima dalla pandemia e poi dalla guerra russa all’Ucraina ha generato una radicalizzazione delle diverse posizioni. Molti protagonisti, anche loro malgrado, hanno dovuto gettare la maschera.
Questa spudorata autenticità delle diverse posizioni ha messo in evidenza una volta di più la labilità dei confini che separano il populismo “di sinistra” da quello “di destra”, e l’emersione del fenomeno del rossobrunismo ne è fervida testimonianza. Questo quadro favorisce la nascita di una proposta politica alternativa ai populismi, trasversale rispetto allo schema destra/sinistra, e conferisce maggiori possibilità di successo all’iniziativa di Matteo Renzi e Carlo Calenda.
Certo, la proposta del cosiddetto Terzo Polo sembra nata più dai dinieghi e tentennamenti del Partito democratico rispetto a un’alleanza “riformista” che non da una consapevole scelta strategica da parte terzopolista. Ciò nondimeno, essa può rappresentare un primo passo generativo di una nuova forza politica che sappia occupare uno spazio potenzialmente ben più esteso rispetto all’8% ottenuto alle elezioni del 25 settembre.
Per occupare questo spazio potenziale, però , bisogna guardare la realtà con sguardo nuovo. Bisogna indossare nuovi “occhiali”, più funzionali alla definizione di un posizionamento originale, coerente coi nuovi paradigmi indotti dall’epoca 4.0.
Innanzitutto è necessario andare oltre lo schema destra/sinistra: esso non rappresenta più la chiave interpretativa prioritaria. Non voglio dire che la contraddizione fra destra e sinistra non esista più, voglio però proporre l’idea che essa sia oggi divenuta secondaria rispetto a un’altra contraddizione, quella che vede da un lato i due populismi (di destra e sinistra) e dall’altro una proposta alternativa al bi-populismo. Da questo punto di vista, il cantiere aperto da Renzi e Calenda, in effetti, non genera un “terzo polo”, ma semmai “l’altro polo”.
Indossando questi “occhiali”, la contraddizione destra/sinistra ci appare come una contraddizione secondaria, connaturata al polo bi-populista. Esso infatti propone visioni apparentemente alternative, ma in realtà facce della stessa medaglia. Da un lato, una visione pauperista, egualitarista, assistenzialista, giustizialista, statalista, moralista; dall’altro lato, una visione nazionalista, protezionista, autoritaria, sovranista, intollerante delle diversità. La retorica del popolo e una certa dose di ribellismo e complottismo, fanno da collante a queste due visioni apparentemente alternative, ma in effetti concettualmente collegate fra loro.
Per costruire una proposta alternativa, però, non basta denigrare la visione bi-populista. Occorre proporne una propria, originale, migliore; non è certo sufficiente il richiamo alla competenza e al pragmatismo, è necessario elaborare la visione di un futuro al contempo desiderabile e possibile.
L’assenza di visione da parte di quest’area politica, quella del cosiddetto terzo polo, non è solo ostativa a un suo pieno successo elettorale, è anche fattore generativo di un atteggiamento nevrotico, caratterizzato in questo caso da tre elementi: il complesso della sinistra; la sindrome dell’ex; la fobia della destra.
- Il complesso della sinistra. La presunzione di superiorità morale della sinistra affligge buona parte dei dirigenti e militanti terzopolisti. All’epoca del governo Renzi, ogni misura era accompagnata dalla rivendicazione di quanto fosse considerabile in effetti “di sinistra”. Ma è davvero così importante etichettare come “di sinistra”, ad esempio, la riforma del lavoro o il Jobs Act o l’abolizione dell’articolo 18? Non si tratta forse di misure utili, ragionevoli e sostenibili? Non basta? L’alternativa al bi-populismo non consiste nella buona destra né nella buona sinistra, ma in una proposta trasversale che sappia andare oltre i vecchi steccati e le inattuali etichette. Il cosiddetto Terzo Polo non appartiene né al centrodestra né al centrosinistra.
- La sindrome dell’ex. I terzopolisti si occupano troppo di Pd, quasi a rivendicare e rinfacciare le proprie ragioni, nell’estremo tentativo di redimere il loro vecchio partito. Come fanno gli amanti traditi, anche tanti terzopolisti dicono peste e corna dell’ex, ma non fanno che parlarne. Il cosiddetto Terzo Polo deve iniziare a considerare il Pd per quello che é: un avversario politico come gli altri, nulla di più, nulla di speciale, nulla di diverso.
- La fobia della destra. «Mai con la destra! Mai con la Meloni!» La campagna elettorale del Terzo Polo è cominciata così. Con la destra mai, ma con grillini e comunisti magari sì? Bisogna uscire da questa logica. La demonizzazione della destra, come se tutte le cose buone del mondo fossero “di sinistra” e tutte le cose cattive fossero “di destra”, non deve in alcun modo appartenere al costume politico del Terzo Polo. Le categorie politiche non sono categorie morali.
Insomma, in conclusione, l’elaborazione di una visione alternativa a quella bi-populista presuppone l’adozione di un atteggiamento nuovo. L’illusione che le risposte siano riconducibili al primato della competenza e alla sagacia delle scelte tattiche potrebbe rivelarsi fatale. Renzi e Calenda farebbero bene ad aprire una fase costituente che sappia accogliere nuove energie, ponga al centro questi temi e prospetti serenamente l’ipotesi di una leadership rinnovata.