A distanza di pochi giorni due neo-leader europee, una al governo da meno di un mese, la britannica Liz Truss, l’altra in attesa di ricevere l’incarico, l’italiana Giorgia Meloni, hanno mosso i loro primi passi in modo curiosamente speculare, e pertanto, forse, doppiamente istruttivo.
La prima, proveniente dal più blasonato dei partiti conservatori d’Europa, quei Tories dirottati negli ultimi anni da Boris Johnson sulla strada di un populismo para-trumpiano, ha annunciato una manovra contenente tra l’altro il taglio dell’aliquota più alta dell’imposta sul reddito, provocando un terremoto sui mercati e persino le irrituali critiche del Fondo monetario internazionale, tanto che ha dovuto rimangiarselo (in pratica, un flat fiasco).
La seconda, leader di Fratelli d’Italia, partito tutt’altro che blasonato, ancora con la fiamma tricolore nel simbolo e anche per questo guardato con preoccupazione all’estero, come primo atto ha risposto allo strappo tedesco sul gas con parole praticamente identiche a quelle scelte da Mario Draghi, invocando una soluzione europea (scelta tanto più significativa nel momento in cui Matteo Salvini, come da copione, faceva l’esatto contrario).
Certo sarebbe eccessivo parlare di un Fondo monetario internazionale schierato contro il neoliberismo. Di sicuro sarebbe perlomeno prematuro parlare di un cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, diventato di colpo sovranista e antieuropeista, e tanto più parlare ora di una Meloni convertita improvvisamente in europeista e antisovranista.
Ma sebbene sia senza dubbio troppo presto per trarre qualunque genere di conclusione sia sul governo britannico sia sul governo italiano (non foss’altro perché il nuovo governo italiano deve ancora nascere), una qualche lezione può ugualmente essere ricavata da questo singolare scambio di ruoli, ora che è la leader dei Tories a far tremare i mercati e attirarsi le reprimende delle grandi istituzioni internazionali, mentre la leader di Fratelli d’Italia, per ora, sceglie la strada della continuità e della responsabilità.
È la stessa lezione che si poteva ricavare sabato dal commento di Timothy Garton Ash sul Financial Times – dove per il resto, come si può immaginare, non mancavano gli articoli dedicati al caos prodotto dalla premier britannica – ben riassunto dal titolo: «Per un revival del fascismo guardate a Mosca, non a Roma». Un promemoria che tornerebbe utilissimo anche in Italia, a tanti presunti (e in qualche caso, purtroppo, anche autentici) esponenti della sinistra, politica e intellettuale, che ancora prendono per buone le veline del Cremlino.
Per farla breve, direi che la lezione si può riassumere in due commi: il primo è che destra e sinistra esistono ancora, e sono facilissime da distinguere, così come il populismo e il fascismo. La seconda è che per distinguere problemi e pericoli di questa nuova fase occorre però guardare bene davanti a sé, senza dare nulla per scontato e facendo tutti i giorni lo sforzo di studiare e di capire. Altrimenti, a camminare guardando all’indietro, confidando nella propria memoria, si può finire lontanissimo dai propri ricordi, senza nemmeno rendersene conto.