Tratto dall’Accademia della Crusca
Alcuni lettori chiedono come si debba adoperare la parola pattern, e come si possa renderla con termine italiano.
Risposta
Imbattendosi nell’espressione pattern of behavior, uno dei nostri lettori ha trovato che la traduzione con modello di comportamento ne alterasse il senso. Un altro si chiede come tradurre pattern recognition, oppure il pattern di un leopardo, riferito alle macchie sulla sua pelliccia. Osserviamo preliminarmente che quando, pur di fronte a degli esempi concreti e molto specifici, non si è convinti di come tradurre una parola di origine straniera, questo può essere il segno che una parola italiana del tutto adeguata non è immediatamente disponibile.
Ciò detto, il caso di pattern non è dei più difficili, perché il termine inglese ha degli equivalenti italiani che, ciascuno per una parte, coprono i suoi ambiti d’uso. A seconda dei contesti, pattern significa ‘schema’, ‘modello’, ‘configurazione’, o anche ‘struttura’, ‘disegno’, ‘motivo’, e quindi può essere tradotto con questi termini. Chiaramente ciascuno di essi risulterà inadeguato se lo si userà nel contesto dove sarebbe più opportuno un altro. Ma tutti derivano per contiguità dal significato originario, in un modo che è reso chiaro dalla storia della parola.
Il punto di partenza è il latino patronus (derivato di pater ‘padre’), che significa ‘patrono’, cioè la persona principale da cui altre (anche molte) dipendono in quanto servi della sua casa, protetti, o anche patrocinati in azioni legali. In francese antico il termine patron ha aggiunto il valore di ‘modello da cui si realizzano molti esemplari’, ad esempio riferito ai profili di carta usati in sartoria. Questo è avvenuto per uno slittamento metaforico che mantiene l’idea astratta di un individuo principale da cui ne dipendono molti ad esso affini, e la trasferisce in un’altra sfera di realtà. Si può notare che tale processo semantico, per cui dalla radice che significa ‘padre’ si giunge al concetto di ‘oggetto partendo dal quale se ne generano altri simili’, ha un suo parallelo quasi perfetto nel destino della parola matrice, che dal senso di generare biologicamente (latino matrix ‘utero’, ‘madre’) giunge a quello di modello, stampo a partire da cui, ad esempio in tipografia, si riproducono le copie.
Entrato in inglese insieme con moltissime altre parole dell’antico francese, partendo dal significato di ‘forma, modello, schema da cui si generano copie’, patron ha derivato in quella lingua l’ulteriore e più generale senso di ‘modello, schema, configurazione che presiede al realizzarsi di una realtà’, tipicamente se ripetitiva. Ecco dunque affiorare “pattern” nelle decorazioni architettoniche, nelle stoffe, nelle livree degli animali, ma anche nei comportamenti, nei fenomeni storici, sociali e psicologici, e insomma in tutto ciò che sembra adeguarsi a un motivo ricorrente, a una struttura regolare, a uno schema che ne descriva il verificarsi.
Rispetto a patron, pattern è stato a lungo una mera variante grafica, cioè le due grafie venivano adoperate senza distinzione di significato. Solo nel XVIII secolo esse si sono separate, e mentre patron ha conservato il senso specifico di modello da sartoria o simile, pattern ha assunto il senso generale, e per conseguenza tutti i sensi più specifici di altri ambiti. Dunque, in italiano come in inglese, pattern a seconda dei contesti può assumere tutti i valori che abbiamo citati. Ad esempio, il pattern per fare un vestito è un modello, cioè il disegno che si segue per realizzarlo; ma un pattern di comportamento può anche essere solo lo schema che sembra descrivere quel modo di agire, la configurazione che possiamo osservare in esso, senza che si tratti sempre di un modello prescrittivo da seguire: è probabilmente per il senso più prescrittivo dell’espressione italiana modello di comportamento, che il lettore citato trovava in essa qualcosa di diverso da ciò che intendeva lui, almeno in quel caso, per pattern of behavior. La pattern recognition, di cui sono sempre più capaci molti artefatti di intelligenza artificiale, è la capacità di riconoscere le configurazioni della realtà, cioè i modi in cui essa è organizzata; specie se si tratta di schemi regolari o ripetuti. Ad esempio, in anatomia patologica il riconoscimento automatico di tessuti malati; nel trattamento computazionale del linguaggio, il riconoscimento delle parole nel flusso del parlato. In un programma di grafica, si potrà trattare del riconoscimento di figure umane in mezzo all’immagine di un paesaggio, che permette di scontornarle automaticamente. Invece il pattern della pelliccia di un leopardo è il particolare modello, o tipo, presente in quell’esemplare, nel senso dello schema o motivo seguito dalle sue macchie.