Riciclare non bastaIl design può solo assecondare e valorizzare la potenza della natura

Juta, linoleum, sughero, bambù. Ma anche silicone e pongo. I materiali del design ecologico sono eterogenei: servono fantasia, talento e consapevolezza per trasformarli in un prodotto che sia democratico e bello. Perché “fare arte”, nel 2022, significa avere un’impronta ecologica, ed eventi come il Concept Design Festival di Cosenza sono fondamentali per concretizzare questa nozione

L’opera di Giulio Telarico (Ufficio stampa Concept Design Festival di Cosenza)

Il design ecologico è un tema tanto rilevante quanto acerbo, soprattutto agli occhi delle persone esterne al settore e che non hanno dimestichezza con l’argomento. Le sue potenzialità sono enormi, ma non può rimanere una disciplina d’élite: servivano spazio e, soprattutto, tempo per dargli la giusta importanza e renderlo democratico attraverso un frizzante laboratorio di idee, mostre, progetti e discussioni. 

È ciò che è accaduto durante la prima edizione del Concept Design Festival di Cosenza – che si è chiuso il 28 ottobre dopo trentasette giorni e quasi duemila visitatori, considerato una scommessa vinta e un punto di partenza per lo sviluppo di percorsi di innovazione e di ricerca nel mondo delle produzioni in Calabria e in tutto il Sud. Temi tra l’altro convergenti con quelli trattati durante la prima Biennale dello Stretto.

A ospitare il festival è stata la Galleria Nazionale di Palazzo Arnone di Cosenza, il cuore di un’esposizione dedicata al design dei Maestri Moderni e alle nuove frontiere dei materiali riciclati (e riciclabili). Ad attirare gli ospiti è stata anche “La natura radicale”, in grado di concepire il lavoro artistico come vera e propria impronta ecologica: merito degli artisti Adele Ceraudo, Donatella Pinocci, Flavio Tiberio Petricca, Giulio Telarico, Raha Vismeh, invitati alla rassegna calabrese per interpretare il tema della relazione tra uomo, ambiente e natura. 

Adele Ceraudo (Ufficio stampa Concept Design Festival di Cosenza 2022)

Il progetto artistico del Concept Design Festival, realizzato in occasione del primo anno dell’evento, ha cercato di centrare un duplice obiettivo: mettere al centro un rapporto onesto ed equilibrato con il nostro habitat e provare a sollevare lo sguardo dalla quotidianità, in cerca di un bilanciamento tra gli innumerevoli elementi del contemporaneo (senza, però, distaccarsi dalle origini). 

Non esiste design ecologico senza materiali che, oltre che riciclabili, biodegradabili e riutilizzabili, siano anche di qualità e durevoli. Sta poi all’essere umano trasformarli in prodotti finali in grado di rispettare determinati standard estetici ed economici, ma questa è un’altra storia. La chiave consiste nel rendere questi oggetti accessibili a una platea più ampia, altrimenti il design sostenibile rischia di rimanere un lusso per pochi. E, in questo modo, l’impatto positivo sull’ambiente e sulla società rimarrebbe poco rilevante: ci vuole poco per inciampare nel greenwashing

I materiali utilizzati in questa disciplina vanno dal legno (meglio che provenga da foreste certificate Fsc o Pefc) alla plastica, passando per il bambù, il sughero o il linoleum, ottenuto grazie all’ossidazione dell’olio di lino. Non bisogna poi dimenticare la juta, fibra vegetale al cento per cento e disponibile in grandi quantità e a basso costo. 

Donatella Pinocci (Ufficio stampa Concept Design Festival di Cosenza)

Partendo da questi assunti, il Concept Design Festival di Cosenza ha chiamato cinque artisti di cinque generazioni differenti, contraddistinti da percorsi d’arte contemporanea totalmente diversi tra loro. Qualche esempio? Raha Vismeh – come scrive Amalia Di Lanno – è riuscito nell’intento di «condurre in un altrove familiare, composto e intriso di innumerevoli  interrogativi». Flavio Tiberio Petricca ha invece usato in forma sperimentare materiali duttili come il silicone e il pongo, grazie ai quali ha dato forma a una serie di pensieri visivi e astratti. 

Donatella Pinocci, con “EQUILIBRIUM/NATURA RADICALE” (progetto che esprime simbolicamente i concetti di equilibrio, misura e resistenza), ha raccontato gli effetti distruttivi delle fiamme sulla foresta pluviale amazzonica. In che modo? Ha bruciato un foglio di carta da lucido, distruggendo l’immagine di un planisfero e lasciando un spazio grigio, lugubre e inanimato. 

Giulio Telarico ha riportato alla luce alcuni elementi apparentemente insignificanti che, uniti tra loro, riescono a trovare una collocazione ben precisa nello spazio. L’equilibrio, come si legge nel comunicato del festival, è stato accentuato dall’uso di colori opachi e lucidi, che permettono all’osservatore di decodificare meglio questo misterioso “alfabeto”. 

«La natura è una dimensione inspiegabile. Avendo intrapreso questo viaggio nella visione di questi cinque artisti, sembra più facile credere che vi sia un essere superiore che abbia creato un meccanismo tanto perfetto di leggi e casualità. Ognuno ha la sua visione personale di quello che sta intorno a noi, ma né la scienza né l’arte potranno mai catturare l’essenza della natura a tutto tondo», scrive Maria Sveva Scaglione nel suo testo critico che riassume perfettamente il fine ultimo del Concept Design Festival di Cosenza.

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