Là dove c’era l’erbaCome la desertificazione sta cambiando il turismo italiano

Altro che Sahara: ora i deserti (purtroppo) sono anche in Italia. La crisi climatica e la cattiva gestione del suolo hanno cambiato per sempre il nostro Paese. Anche se spesso ciò che è troppo vicino sfugge all’attenzione, la prossima carovana potrebbe passare sotto casa nostra

©Gabriele Galimberti

C’è qualcosa di più esotico di un viaggio nel deserto? Un luogo ostile, certo, ma anche affascinante perché totalmente “altro”, amato da scrittori, avventurieri e viaggiatori che hanno inseguito dune di sabbia e carovane, uomini blu, cammelli e orizzonti infiniti. Ma anche scenario prediletto dai film apocalittici degli Anni Ottanta stile Mad Max. Immaginatevi ora la terra spaccata dalla quale esce un arbusto impietrito, o una distesa bianca accecante dove vaga qualche ruminante allucinato in cerca di un pascolo che non c’è.

Estate 2022, la più siccitosa di sempre, con il quarantasei per cento in meno di precipitazioni cumulate e sei miliardi di euro di danni, pari al dieci per cento della produzione agricola nazionale. Siamo nel Sahara o forse nel Mojave? No, nel deserto di Pozzillo, 7,9 chilometri quadrati presso Ragalbuto, in Sicilia. 

La regione che evoca fioriture di gelsomino e agrumi o ubertosi campi di grano è oggi quella a più alto rischio di desertificazione: un rischio che copre il settanta per cento del suo territorio. Seguono il Molise con il cinquantotto per cento, la Puglia con il cinquantasette per cento e il cinquantacinque per cento della Basilicata (dati Cnr).

©Gabriele Galimberti

Il deserto avanza, insomma, e arriva sulla porta di casa nostra o nei nostri luoghi di vacanze. A causa dei cambiamenti climatici con l’innalzamento delle temperature, certo, ma anche di una pessima gestione e sfruttamento del suolo, il venti per cento del territorio italiano potrebbe in futuro trasformarsi in arida e sterile distesa. Si tratta del fenomeno che il fisico Joseph Romm, su Nature, chiama dust-bowlification, riferendosi alla Dust Bowl – la catastrofe ecologica descritta da John Steinbeck in Furore che sconvolse il Midwest americano negli Anni trenta del Novecento provocando l’emigrazione di mezzo milione di persone.

Là dove c’era l£erba
Il rischio di desertificazione è più alto nel Sud, con la Sicilia come prima vittima, seguita da Puglia e Molise. In Italia, però, anche le “settentrionalissime” Alpi non ne sono esenti. Scopriamo questi nuovi territori pressoché inesplorati attraverso le foto di Gabriele Galimberti, vincitore nel 2021 del World press photo con il progetto “The Ameriguns”, che nell’estate 2022 insieme a Camilla Miliani ha viaggiato, e scattato foto, nelle aree a rischio desertificazione in tutta la penisola italiana.

«Giro costantemente l’Italia nel mio lavoro e spesso capita di passare sopra un ponte con un fiume semi-asciutto, però presti attenzione per due secondi e passi via. Invece, guardando i paesaggi con il filtro del deserto sugli occhi, vedi che sta succedendo qualcosa di grave», ci dice Galimberti. La differenza sta proprio nel cambiamento repentino degli scenari. «Ne ho visti tanti di deserti, nel Sahara, in Asia e in Arizona, però sono lì da migliaia o milioni di anni, sono posti affascinanti. Ma in Italia non ne abbiamo bisogno». 

©Gabriele Galimberti

Galimberti confessa che «tutti i deserti hanno un fascino fotografico, tanto che esiste tutto un turismo del deserto fatto di escursioni e arrampicate. Se poi però penso che quelle foto sono state scattate in Italia in posti a me cari, come il lago Trasimeno e vedo che dove andavo a nuotare e pescare con mio padre da bambino ora cammino, mi preoccupo molto. Tra tutti i luoghi che ho fotografato, però, uno dei più impressionanti è probabilmente il lago di Montespluga, che è in alta montagna al confine con la Svizzera. La vallata di qualche chilometro di estensione quest’estate era quasi del tutto priva d’acqua e le mucche vagavano in cerca d’erba».

Cambio della destinazione d’uso
Galimberti nei suoi viaggi ha incontrato varie persone che lavoravano nel turismo e che hanno dovuto reinventarsi un lavoro. Sul lago Trasimeno, nel punto in cui una volta i kite surfer dribblavano tra le onde prima di prendere il volo, oggi c’è una lunga distesa di sabbia e melma. Filippo Covarelli, istruttore di kite surf, prima partiva dalla spiaggia, ora deve prendere la barca e spostarsi al largo. Sono cambiati non solo il suo modo di insegnare ma anche il modo di approcciarsi al lago e allo sport.

©Gabriele Galimberti

Nelle Gole del Salinello, invece, il fiume che scendeva dal Gran Sasso e dove si faceva rafting si è prosciugato; ora si risale in arrampicata, tra rocce stratificate che ricordano un po’ il Wadi Rum in Giordania. Mentre il letto screpolato del fiume Dittàino in secca, nella Piana di Catania, è ormai utilizzato come un sentiero da trekking. Fa impressione anche il Ponte Paladino, viadotto costruito sul fiume Trebbia dieci anni fa a sud-ovest di Piacenza che oggi attraversa una distesa di sassi, sabbia e poche sterpaglie. Dalle foto realizzate da Gabriele Galimberti e Camilla Miliani nate nell’ambito del progetto “Acqua nelle nostre mani” nei prossimi mesi nascerà una mostra fotografica a Milano ed è già stata realizzata una Guida Turistica ai Deserti d’Italia che, un po’ provocatoriamente, invita i turisti a visitare questi luoghi. Affascinanti e terrificanti al tempo stesso.

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