Il film “Don’t Look Up” del regista Adam McKay, uscito lo scorso dicembre, ha tenuto incollati allo schermo moltissimi spettatori, aprendo un dibattito su quanto di ciò che veniva rappresentato fosse vero e quanto invece finzione. La storia raccontata è quella di due astronomi, interpretati da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence, che tentano di avvertire il mondo di un imminente evento dall’impatto disastroso sulla Terra. Il problema è che nessuno gli crede, nonostante le evidenze scientifiche.
“Don’t Look Up” è stato criticato per il suo approccio satirico a un argomento serio e complesso, ma se pensate che quanto successo nel film non possa accadere nella vita reale, forse siete un po’ troppo ottimisti. Come da copione di una delle più famose scene del film, settimana scorsa gli avvertimenti di un meteorologo inglese, John Hammond, sono stati audacemente respinti da una giornalista che non voleva far altro che trovare l’inesistente lato positivo dell’ondata di caldo che ha attraversato il Regno Unito qualche giorno fa.
A clip from Don’t Look Up, and then a real TV interview that just happened pic.twitter.com/CokQ5eb3sO
— Ben Phillips (@benphillips76) July 20, 2022
Il Paese si è trovato infatti a combattere una “heatwave”, come la chiamano gli inglesi, che il 19 luglio ha toccato temperature da record, portando per la prima volta nella storia dell’isola d’oltremanica il termometro sopra i 40°C. L’ondata di caldo, una conseguenza dell’emergenza climatica, ha letteralmente causato lo scioglimento delle strade e delle rotaie dei treni, ha creato danni pericolosi alle infrastrutture, aumentato la pressione sui sistemi di alimentazione e provocato dozzine di incendi in tutto l’hinterland della capitale. Il Regno Unito non era preparato a temperature simili. I vigili del fuoco di Londra hanno definito quella giornata come la più intensa dalla Seconda Guerra Mondiale.
Tali eventi sono sufficienti per far suonare il campanello d’allarme interiore di qualsiasi persona sana di mente che sta (finalmente) capendo l’importanza di ascoltare il parere di migliaia di scienziati ed esperti che da anni ci mettono in guardia contro il rapido progresso del cambiamento climatico, che lentamente ma inesorabilmente sta diventando mortale per l’uomo. E non solo negli Stati insulari dell’Oceania o in quelle zone del mondo più esposte agli eventi climatici estremi. Tuttavia, non tutti sembrano essere d’accordo. O almeno, non tutti vogliono crederci.
È questo il caso della giornalista di GB News Beverly Turner. Quando il meteorologo John Hammond ha pronosticato la possibile morte di «centinaia, se non migliaia» di persone nel Regno Unito a causa del grande caldo che da lì a poco avrebbe colpito il Paese, Turner ha risposto: «John, dovremmo essere felici per il meteo e tutto il resto, non so che cosa sia successo a voi meteorologi per diventare tutti così fatalisti e messaggeri di sventure». La clip dell’intervista è diventata virale, proprio per la somiglianza alla famosa scena del film Don’t Look Up.
Purtroppo Beverly Turner non è la prima, e di certo non sarà l’ultima, negazionista del cambiamento climatico. Per molte persone, infatti, c’è ancora una certa disconnessione tra ciò che hanno sempre chiamato “bel tempo” e la realtà. Una realtà caratterizzata da ondate di caldo che, a causa dell’emergenza climatica, saranno sempre più frequenti, lunghe e insopportabili. Commentando l’accaduto, Hammond ha detto: «L’idea di migliaia di morti in eccesso è qualcosa di chiaramente non comprensibile per molti. Allo stesso modo, anche il concetto di alluvioni o di scarsità di cibo a causa della siccità. Non capiremo davvero la minaccia del cambiamento climatico fino a quando non avrà un impatto su di noi personalmente».
Questo impatto, però, ora è visibile: quella del 2022 verrà ricordata come l’estate in cui la crisi climatica si è abbattuta concretamente (in modo inedito) anche sull’Italia e l’Europa. Basti pensare che, secondo l’Oms, quest’anno abbiamo già assistito a più di 1.700 decessi solo in Spagna e Portogallo a causa del caldo record.
Spesso, però, si tratta il cambiamento climatico come se fosse qualcosa di lontano, come se fosse una crisi riservata a “qualcun altro”. E per noi europei, quel “qualcun altro” è il Sud del mondo. È vero, ovviamente, che gli stati più poveri a Sud dell’Equatore, e le persone più povere al loro interno, sopporteranno il peso maggiore di questa crisi. Lo scorso maggio, ad esempio, in India e in Pakistan il caldo ha toccato livelli decisamente più elevati rispetto a quelli attuali in Europa, raggiungendo quota 50°C.
Ora, però, la crisi climatica sta bussando (anche) alla nostra porta. La crisi idrica, la fusione dei ghiacciai, la siccità, le ondate di calore e gli incendi (che si propagano più facilmente a causa della desertificazione) che stanno bruciando mezza Europa – Italia compresa – sollevano tristi interrogativi sulla capacità del mondo di resistere a questi disastri ambientali e sulla capacità di noi occidentali di capire, una volta per tutte, che la crisi climatica è vera, concreta: è qui e ora.
Sfuggire alla responsabilità del cambiamento climatico sta certamente diventando un po’ più difficile, ma sono ancora in molti quelli che non dicono mea culpa. Sebbene una ricerca dell’ottobre 2021 abbia evidenziato che il consenso sulle cause antropiche dietro il cambiamento climatico è al centro del 99,9% della letteratura scientifica, un sondaggio di Mintel ha rivelato come solo 1 italiano su 5 pensa che l’Italia sia direttamente responsabile.
E ancora: tra marzo e aprile 2021, l’Eurobarometro ha intervistato quasi 27mila cittadini europei, ma solo il 18% ha risposto «cambiamento climatico» alla domanda «quali dei seguenti pensate sia il problema più serio per il mondo?».
Tuttavia, alla domanda «quanto ritenete sia serio il problema del cambiamento climatico?» il 93% del campione europeo ha risposto «serio». In un altro sondaggio, realizzato dall’Istituto affari internazionali nell’autunno scorso, l’89% degli intervistati ha giudicato il cambiamento climatico una minaccia per la sicurezza nazionale.
Si tratta di risultati che fanno ben sperare, e che potrebbero ottenere conferme dopo questa lunga e calda estate. Come riportato dall’Istat nel report “Preoccupazioni ambientali e comportamenti eco-compatibili”, nel nuovo millennio è cresciuta notevolmente la preoccupazione verso la crisi climatica, arrivando al 52,5% nell’ultimo anno (+16 punti percentuali rispetto al 1998).
Se allora in passato l’opinione pubblica sembrava consapevole della rilevanza del problema, è probabile che quella consapevolezza sia aumentata negli ultimi mesi: le distanze psicologiche e temporali del cambiamento climatico sono ormai state colmate. Quella che stiamo vivendo, infatti, non è più un’anteprima, un trailer, di come sarà il futuro in un pianeta surriscaldato, bensì la realtà vera e propria.
È allora ormai assodato che questa è l’estate in cui, per citare un post del giornalista Nicolas Lozito, «abbiamo capito». È l’estate in cui, per la prima volta, stiamo vedendo effetti concreti ed evidenti anche sulla nostra pelle. L’estate in cui, in definitiva, la percezione del cambiamento climatico potrebbe cambiare definitivamente.
La nostra mente è piena di pensieri: come faremo ad affrontare ondate di caldo ancora più violente e lunghe? Come possiamo mitigare gli effetti della crisi climatica? È ormai troppo tardi? Questa nuova mentalità – frutto di una percezione individuale diversa – potrebbe tradursi in atteggiamenti e azioni positive. E forse – per la prima volta – bisogna avere fiducia nella nostra capacità di reagire.