Il capo del Stato non è andato in soccorso al governo Meloni, non si occupa di politica estera, come lo stesso Sergio Mattarella ha precisato ieri a Verona. Telefonando a Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica ha difeso il Paese e fatto gli interessi nazionali a livello istituzionale. Il Quirinale non poteva rimanere indifferente di fronte allo strappo sul dossier migranti tra i nazional-sovranisti italici e la Francia. Errori, esagerazioni e parole sopra le righe da entrambi le parti, ma il punto fermo ribadito da Mattarella è che nessun Paese europeo, piccolo o grande che sia, può illudersi di risolvere da solo gli enormi problemi che ha davanti a sé.
La mossa di Mattarella però non è servita a niente. Non sembra avere aperto un varco alla soluzione. Non ha propiziato al G20, almeno finora, un incontro chiarificatore tra Giorgia Meloni e il presidente francese. Non c’è stata alcuna soluzione al vertice dei ministri degli Esteri. L’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, al termine dell’incontro nel quale il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani ha posto il problema degli sbarchi, ha allargato le braccia, dicendo che se n’è discusso ma «non c’è stato nulla di concreto».
La politica dei pugni sul tavolo, inaugurata nel 2018 da Matteo Salvini e proseguita con il governo di centrodestra, non paga. Il problema è che non pagano neanche gli atteggiamenti morbidi, non va avanti la distribuzione volontaria dei migranti. C’è una proposta della Commissione europea su un Patto per la migrazione e l’asilo che è in discussione da due anni per gli interessi contrapposti tra Stati. E tutto questo esacerba gli animi, dà fiato ai populismi europei, ognuno a casa propria.
Così succede che ci aspettava un raffreddamento della polemica e invece la seconda carica dello Stato pianta un grande “MA” davanti alla prima carica dello Stato. Per il presidente del Senato Ignazio La Russa il contributo al dialogo da parte di Mattarella è sempre utile «ma anche la fermezza del nostro governo deve essere condivisa». Un intervento tutto politico, quello di La Russa, niente affatto istituzionale, che la dice lunga sulla trincea scavata dai Fratelli d’Italia, che non lascia un millimetro di terreno a Matteo Salvini.
Non è fondata la tesi che vorrebbe la presidente del Consiglio impegnata ad abbassare i toni e a mettere un freno al vicepremier leghista. Lei si morde la lingua, fa di tutto per non smentire Mattarella, ma ministri di prima fila che passano per moderati rimangono con l’elmetto in testa.
È il caso di dirlo visto che ci riferiamo al ministro della Difesa. In un’intervista alla Stampa, Crosetto afferma che il braccio di ferro con Parigi serve a ottenere una linea europea per contrastare i flussi dei migranti. Per il ministro sarebbero i francesi a non rispettare gli accordi, sono sempre loro ad avere ricollocato solo 38 persone. Oggi si discute di alcune centinaia di migranti, ma con la crescita demografica e la fame in Africa in prospettiva ne arriveranno 50 mila al giorno: «Non potremo sfamare tutti», è la considerazione di Crosetto. E di chi sarebbe la colpa della situazione in cui si trova l’Africa? Ecco dove batte la lingua: «Bisogna chiedersi perché l’Africa sia stata sfruttata e le sue risorse portate via. E magari chiedere chi è stato a farlo».
Non è proprio in sintonia con l’appeasement quirinalizio, non c’è la voglia di smorzare i toni con la Francia, che la stessa Meloni considera un Paese predatorio anche delle imprese italiane. Sembra di sentire Alessandro Di Battista e i Cinquestelle della prima ora accanto ai gilet gialli.
L’Italia, con tutte le ragioni che può vantare per la mancanza di solidarietà europea, si è infilata in un angolo pericoloso: quando si apriranno gli altri dossier economici avrà bisogno di sponde forti. Non potremo certo contare sulla Germania se avremo bisogno di maggiore benevolenza a Bruxelles a causa del nostro debito pubblico.
È la stessa Germania che, mentre Crosetto definisce le navi Ong dei «centri sociali sull’acqua» e Tajani ricorda gli accordi in mezzo al mare tra trafficanti di uomini e soccorritori, approvava al Bundestag un emendamento che finanzia (otto milioni in quattro anni) le operazioni di salvataggio della Ong tedesca United4Rescue. Un emendamento voluto dalla ministra Verde degli Esteri Annalena Baerbock. Noi invece confischeremo le imbarcazioni delle Ong, come annuncerà oggi in Parlamento il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La solita Europa in ordine sparso.