Benvenuti al corso introduttivo al Grande Indifferenziato. Per un equivoco percettivo, i corsi per principianti erano stati fin qui sospesi. Vengono ripristinati in tutta fretta dopo aver assistito alle reazioni del pubblico ieri, domenica 20 novembre, allorché il deputato Aboubakar Soumahoro ha pianto in favore d’obiettivo sul proprio canale Instagram.
La parte di pubblico per la quale questo fatto è stato stupefacente è stata valutata, dalla Commissione internazionale per lo studio del presente, inattrezzata a capire il tempo in cui vive, e quindi bisognosa di corsi d’aggiornamento pagati dallo Stato.
La Commissione è ovviamente interessata a capire gli errori da parte della scuola dell’obbligo nella formazione dei cittadini: è plausibile che in un prossimo futuro venga istituita una seconda commissione, che indaghi sulle gravi mancanze per cui parte della cittadinanza è stata lasciata indietro e punisca i responsabili di questo sfacelo educativo.
Per ora, ci limiteremo a cercare di capire quali tasselli manchino, ai cittadini incapaci di capire il mondo in cui vivono, e come sia possibile ch’essi non abbiano compreso le basi del Grande Indifferenziato.
Siete pregati di mettere una crocetta a una delle ipotesi seguenti: credevo che tra l’essere personaggio pubblico di Bella Hadid – che instagramma gli autoscatti che si fa in lacrime quand’è triste – e quello di Aboubakar Soumahoro ci fosse una qualche differenza; sì, avevo visto Adele in lacrime annunciare che il suo tour era stato rimandato, ma credevo che da un ex bracciante divenuto deputato e da un’ex grassa divenuta cantante multimilionaria ci si potessero aspettare modalità comunicative diverse; sì, avevo visto Cristina Fogazzi con gli occhi lucidi annunciare che la sua azienda di cosmetici sponsorizzerà l’albero di Natale in Duomo, ma pensavo fosse perché non è temprata dalla vita quanto un ivoriano che ha avuto sufficiente forza d’animo da riscattarsi da un destino di sciuscià.
Qualunque sia la ragione per cui vi ha sorpreso vedere un deputato, uno le cui congiunte sono accusate di aver maltrattato i loro dipendenti, difendersi sull’Instagram in lacrime, invece che nei luoghi che il Novecento vi aveva convinto essere acconci, fermatevi e riflettete: quali erano quei luoghi?
Il parlamento? I giornali? La cara vecchia comunicazione intermediata? E allora, miei cari allievi dell’ultimo banco, ditemi: come mai nessuno di voi ha notato le compite interviste a Soumahoro uscite ieri sul Corriere e su Repubblica, ma tutti avete raccolto la mandibola dal parquet (i più sfortunati: dal grès porcellanato) ascoltando Soumahoro singhiozzare «mi dite cosa vi ho fatto» e «voi mi volete morto» e «sono giorni che non dormo» sull’Instagram?
Siete qui per imparare, e quindi questo corso vi svelerà il perché. L’avete notato dove dovevate, e dove lui si è giustamente posizionato, perché Soumahoro è meno impreparato a questo secolo di voi, e sa dove ci si fa notare, e come farlo: accendendo la telecamera del telefono, e spingendo sull’emotività e sul doppiaggese (che cos’è «volevate il negro di cortile», se non la frase di chi ha studiato la lotta di classe su Via col vento, mica sui Soliti ignoti).
È tra l’altro molto interessante che, mentre Soumahoro frignava paragonandosi a Peppino Impastato (se questo fosse un corso sull’integrazione, vi direi che nessuno meglio di Soumahoro ha introiettato il carattere italiano, quel nodo di vittimismo e mitomania che nessun Alessandro Magno potrebbe sciogliere), sullo sfondo piangesse un qualche neonato. La competizione allevata da lui stesso, la concorrenza da dentro casa, ma anche quell’atmosfera da domenica in famiglia che fa vicino-alla-gente-qualunque.
È altresì interessante che, nei quattro minuti di lacrimoni e vibranti accuse, paragoni fuori scala e accuse ai poteri forti (o al pensiero debole), ci sia un lapsus di quelli che vien da pensare che Freud fosse un grande sceneggiatore. Dice Soumahoro che lui ha sempre lottato per i deboli, e insomma «lotterò contro i dipendenti dei miei genitori, qualora i loro diritti non fossero rispettati».
È interessante che nessuno – un assistente parlamentare, una moglie, un fantasma di Peppino Impastato – gli abbia detto «Abou, tocca rifarla, hai detto che lotti contro quelli i cui diritti non vengono rispettati, se a non rispettarli sono i tuoi parenti». O forse, nel formulare questa ipotesi, questa commissione si dimostra inattrezzata quanto voialtri ripetenti a decodificare il presente.
Se somigliassimo più a questo secolo, sapremmo quel che sa Soumahoro: che le parole sono volatili, quel che resta è l’emotività. Che a nessuno interessa l’avverbio sbagliato, di fronte al singhiozzo giusto. «Abou, ti viene così bene il pianto una seconda volta? No? E allora ’sti cazzi del lapsus».
Dice Bella Hadid che gli autoscatti di pianto che instagramma sono quelli che s’è fatta, lungo tre anni, per spiegare alla mamma o allo psicanalista come si sentiva. È chiaro che Aboubakar Soumahoro, che il pianto lo produce direttamente per il pubblico di Instagram, nel Grande Indifferenziato risulta essere una Bella Hadid di produzione assai più avanzata.