Chi ha paura di Gianni Cuperlo? Elly Schlein o Stefano Bonaccini? Più la prima che il secondo perché un uomo col profilo di sinistra come lui dovrebbe pescare nello stesso bacino Occupy di Elly: e nei giorni scorsi avevamo già scritto della incompatibilità politico-culturale della sinistra dem con lo schleinismo. Cuperlo dunque ha sciolto la riserva, amleticamente coltivata piuttosto a lungo, e si è candidato alla segreteria del Partito democratico come già fece in tutt’altro contesto nel 2013 quando perse nettamente contro l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi.
È una novità sulla strada dei congressi di circolo e successivamente delle primarie del 19 febbraio (la data non cambierà) tra i primi due selezionati dagli iscritti.
Dovrebbe togliere voti a Schlein, dunque, molto meno a Bonaccini, insomma è un nuovo episodio delle solite lotte interne alla sinistra-sinistra, che per non farsi mancare niente si divide: Cuperlo non lo seguiranno Andrea Orlando, Peppe Provenzano (schieratosi per primo con Schlein), Antonio Misiani, coordinatore del programma della neodeputata, il filo-contiano Francesco Boccia a coordinare il tutto, e forse è stato proprio il soccorso di quest’ultimo a Elly ad aver indotto il triestino a correre potendo parlare a nome di una vera sinistra.
Sulla carta non ha chance, eppure ha scelto di correre sentendo il dovere di dire la sua nel momento in cui davanti al Pd si allunga l’ombra francese dell’irrilevanza, di provare per la millesima volta a dire qualcosa di sinistra laddove Schlein non sta dimostrando forza dirompente e Bonaccini è troppo moderato (quanto a Paola De Micheli, ha valutato il ticket che lei gli aveva proposto ma alla fine declinando l’invito).
Ma quante divisioni ha, Cuperlo? È lui solo con la sua faccia e il suo eloquio, non dispone di truppe organizzate, né di dirigenti nazionali o locali a suo favore: i cuperliani non esistono – e torni questo a suo onore – proprio per la caratteristica solitaria dell’uomo, più da intellettuale che da politico (è triste opporre i due termini, Max Weber e Antonio Gramsci si sentirebbero male). Però così è sempre stato, ci pare, il neodeputato triestino.
Fin dagli anni ruggenti del dalemismo al potere, quando era il volto raffinato di quel gruppo che aveva preso i Ds e poi palazzo Chigi sotto la guida di Massimo D’Alema nel vento retorico del primo comunista capo del governo (il sogno di Francesco Cossiga che benedisse l’operazione anti-Prodi) e nell’ansia di voler riformare il Paese non contro ma in qualche modo assieme ai poteri forti di allora: il famoso riformismo dall’alto che s’infranse subito per le contraddizioni del lìder Maximo.
Cuperlo stava dentro quell’operazione, l’intellettuale pensoso tra i duri, i famosi Lothar, i calvi Marco Minniti, Nicola Latorre, Fabrizio Rondolino, Claudio Velardi e ha impiegato un po’ di tempo per elaborare il lutto di quello che si rivelò un fallimento trovando in Matteo Renzi il nuovo punching ball, solo che fu Matteo a picchiare lui. E Cuperlo sconfitto divenne presidente del partito, carica onorifica, dimettendosi poco dopo in polemica con il neosegretario fiorentino.
Per anni, quando tutti baciavano la pantofola del segretario divenuto anche presidente del Consiglio, l’intellettuale triestino diede battaglia al renzismo cui rese onore tra lo stupore di tutti quando esso crollava. Appoggiò Nicola Zingaretti nella speranza che questi spostasse il Pd a sinistra mentre quello lo spostò solo nelle braccia di Giuseppe Conte e poi Enrico Letta, che è andato come è andato: lui, Cuperlo, sempre molto corretto e sempre molto insoddisfatto, negli anni ha rifiutato di fare il ministro nel Conte 2, e di fare il deputato nel 2018 perché paracadutato in Emilia ma siccome a tutto c’è un limite alle ultime elezioni ha accettato di correre in Lombardia.
Non ha dunque mai avuto potere personale, è un irregolare che non sa mai bene dove andarsi a sedere, anzi, i tappeti rossi non gli garbano molto, ora ha rotto anche con Orlando e la macchina della sinistra Pd.
Nel gran casino congressuale Bonaccini ringrazia e resta il favorito, almeno tra gli iscritti. E dunque, nessuno ha paura del nuovo candidato, di un intellettuale che ha letto più libri della somma dei libri che hanno letto gli altri tre candidatI insieme, perché questo non è un concorso a cattedra, è molto peggio: è lotta politica. E questo per Gianni Cuperlo, colto e carismatico, è un problema.