Il cinema non ha ucciso il teatro, i Buggles sbagliavano quando cantavano «video killed the radio star» e i videogiochi non hanno ancora rimpiazzato i giocattoli tradizionali e forse non lo faranno mai. Il mercato dei giocattoli è ancora in costante evoluzione, cresce e si aggiorna anno dopo anno, anche dopo la pandemia. A trainarlo oggi sono soprattutto giovani e adulti disposti a spendere per action figure, carte da gioco e set di costruzioni, con una predilezione speciale per tutto ciò che arriva dal mondo dei cartoni animati, dei supereroi o dei fumetti che ricordano la loro infanzia. I kidult – una categoria molto ampia che oggi raccoglie la Generazione X, i Millennial e la Generazione Z – sono responsabili per un quarto di tutte le vendite di giocattoli ogni anno.
I videogame non hanno ammazzato il mercato. Anzi, è probabile che sul lungo periodo da quel segmento cresciuto in maniera esponenziale sia arrivata una spinta ulteriore: i videogame hanno sdoganato l’idea che a giocare non siano solo i bambini. Non è un caso che buona parte dei titoli di PlayStation, Xbox e app per smartphone siano destinati proprio a un target di consumatori che va dai liceali in su.
«C’è sempre più una commistione tra digitale e tradizionale», dice a Linkiesta Maurizio Cutrino, direttore di Assogiocattoli. «È chiaro che il mercato dei gamer supera di gran lunga quello dei giocattoli tradizionali, perché i costi sono alti. Ma oggi un prodotto che arriva dal mondo digitale, tipo Minecraft, si ritrova anche sugli scaffali dei negozi di giocattoli in altre forme, e un gioco super classico come può essere il gioco da tavola magari richiede il download di un’app per la realtà aumentata».
Natale è sempre un momento importante per l’industria dei giocattoli, in questo periodo le aziende si giocano un fetta importante del loro anno. Fino a questo momento il 2022 promette bene nonostante la crisi economica, quella energetica e quella delle materie prime. I primi nove mesi dell’anno hanno fatto registrare una piccola crescita economica per il settore rispetto al 2021 (aumento del due per cento), nonostante una riduzione delle unità, cioè sui pezzi totali venduti, stando ai numeri di Npd, società che rileva i dati del consumo. Il giro d’affari dei giocattoli – che vale poco meno di cento miliardi di dollari annui a livello globale – conferma un trend di crescita che parte da lontano: i ricavi sono aumentati del trenta per cento rispetto al 2019, ultimo riferimento prima della pandemia.
I lockdown, la paura della crisi sanitaria e le chiusure generalizzate hanno fiaccato molti settori economici, ma paradossalmente per i giocattoli è stata un’occasione di rilancio. Intanto perché in Italia – come accaduto in maniera simile in altri Paesi – una proposta di Assogiocattoli ha ottenuto che i giocattoli fossero riconosciuti come bene di prima necessità. Quindi i negozi sono rimasti aperti anche in periodo di lockdown. Ma non solo. «La necessità di rimanere in casa ha convinto molti giovani, adulti o genitori a comprare giochi da tenere in casa per evitare di stare sempre davanti a uno schermo», dice Cutrino.
Come tutti gli altri settori industriali, anche il mondo dei giocattoli negli ultimi anni sta provando a seguire la scia delle due grandi transizioni di quest’epoca, quella ambientale e quella tecnologica, fortemente accelerate dalla pandemia.
La svolta green, spiegano da Assogiocattoli, si ritrova nell’uso di materie prime e seconde più sostenibili, in packaging in carta o bioplastiche, in un’intera filiera risistemata per adeguarsi alle nuove indicazioni in arrivo dal mercato, dai singoli Paesi, dall’Unione europea e da ogni angolo del mondo. In termini di sviluppo tecnologico, il mercato si adegua come con un aumento sensibile dell’e-commerce e la crescente tendenza all’acquisto online.
Più della crisi economica o degli approvvigionamenti, a spaventare il mercato sono soprattutto tendenze di lunghissimo periodo, come l’inverno demografico a cui vanno incontro Italia, Europa e buona parte del mondo occidentale, la cui popolazione si riduce e invecchia anno dopo anno. Nel 2022 ci saranno, in Italia, 385mila nuove nascite: raramente il Paese è sceso sotto le quattrocentomila. «Un dato insolitamente basso che si pensava di raggiungere non prima del 2030, invece la decrescita demografica è più veloce del previsto, le nuove generazioni saranno sempre meno numerose», dice Cutrino.
È anche per questo motivo che il mercato sta, in maniera quasi naturale, spostando il suo focus su un nuovo target di consumatori, i kidult, appunto.
Poche settimane fa lo youtuber Yotobi ha pubblicato una serie di quattro video intitolata “Ora che ho i soldi”, in cui acquista giocattoli vintage della sua infanzia e li ripropone ai suoi spettatori con una vena nostalgica che guarda al passato.
Era solo questione di tempo, dopotutto. La definizione stessa di action figure nasce nel 1964, quando la Hasbro deve commercializzare il primo G.I. Joe: chiamarlo bambola al pari dei giocattoli da vendere alle ragazze non sarebbe stata una grande strategia di marketing. Questo tipo di giocattolo sarebbe poi diventato mainstream a partire dagli anni Ottanta, quando la diffusione di massa di una certa cultura pop legata a cartoni animati, fumetti e film ha suggerito la produzione in grandissimi numeri di giocattoli a tema Ghostbusters, Transformers, Power Rangers, He-Man, Gundam e tanti altri. Ma la produzione in serie avrebbe poi reso il valore unitario di questi giocattoli relativamente scarso – almeno in termini di mercato, è la legge della domanda e dell’offerta.
Adesso le generazioni di bambini cresciuti con quei giocattoli sono adulte, generalmente lavorano e possono permettersi di spendere per portarsi in casa le loro personalissime madeleine proustiane che li riportano a un’epoca più spensierata.
A luglio 2021 il New York Times raccontava una nuova tendenza di mercato pensata ad hoc per intercettare la retrospettiva rosea dei kidults: Mattel, Hasbro e altre aziende di giocattoli mettono sul mercato alcuni articoli pensati quasi unicamente per i kidults, sono pezzi rari, quasi da collezione, quindi più costosi della media, destinati a un target di clienti disposto a investire cifre con un paio di zeri per delle action figure vintage ma mai viste prima.
L’articolo del quotidiano americano cita un manager nel settore sanitario di Nashville che ha appena comprato per seicento dollari più altri centocinquanta di spedizione – e ha dovuto aspettare un anno per la consegna – il suo ultimo giocattolo. Altri intervistati dicono di aprire volentieri il portafogli per prodotti esclusivi, come può essere una action figure dei Transformers da 575 dollari, una navicella di Star Wars della Lega da trecentocinquanta dollari, una Magic 8 Ball da settantacinque dollari e uno skateboard brandizzato Pokémon da duecentocinquanta dollari. Un modo per cavalcare l’onda emotiva e nostalgica di una fascia di consumatori diventata quasi prioritaria.