Nonostante gli episodi degli ultimi anni abbiano concorso a destabilizzarle – e in qualche caso a distruggerle – le botteghe resistono. Oltre a essere una tradizione secolare dell’hummus del Paese, la cultura più radicata che si è depositata durante i secoli, rappresentano ancora buona parte del mondo della moda. Anche laddove la produzione è massificata e raggiunge numeri quotidiani altissimi, nel lavoro artigianale, pezzo per pezzo consiste una componente inalterabile, imprescindibile del made in Italy.
Che cos’è la moda se non l’amore per l’oggetto, che sia un abito, una scarpa o una borsa? All’interno dei laboratori dei grandi marchi vengono rifiniti fin nei minimi dettagli, e quando la tiratura e limitata e chi li realizza è un artigiano che lavora in solitudine, l’impianto si trasforma, e da industriale diventa creativo. Bottega Veneta, che di quel mondo porta il nome, sostiene quattordici botteghe provenienti da tutte le latitudini geografiche, per supportarne la dimensione manifatturiera e per convalidarne il tributo. Un tributo simbolico e concreto.
L’iniziativa si ripete per il secondo anno consecutivo. La prima volta le botteghe selezionate erano interamente del sottosuolo nazionale, ma anche adesso l’Italia si respirerà dappertutto. I luoghi emersi dagli Stati Uniti, dal Giappone, dalla Cina esibiranno e lavoreranno pezzi del costume nazionale. Perfino un allestimento nella vetrina di Bergdorf a New York omaggeranno la catarsi esplorativa di questi posti, dove il rapporto con la materia, con gli strumenti per trattarla, modificarla, plasmarla è elettivo, senza tempo, insostituibile. Rockledge Farm Woodworks, ad esempio, è un piccolo laboratorio del Vermont, che da generazioni produce artigianalmente arredamento in legni naturali, secondo le tecniche dell’antica conduzione famigliare. Ha scelto un cucchiaio da gelato per esaltare una delle pietanze più comuni e più amate d’Italia.
Prince, della città di Sanjō, Niigata, specializzato in articoli da cucina in carbonio e acciaio, seleziona un misuratore per la pasta. Yoshiaki Imamura si è ispirata alla cerimonia del tè giapponese per ideare una tazzina senza manico per il caffè, pensata per esaltarne il sapore grazie a una superficie testurizzata.
E poi sono mastri specializzati nella rilegatura e nel restauro di volumi, ceramiche, panettoni, olio d’oliva prodotto impensabilmente da un’azienda cinese, vincitore del premio come Miglior Olio Extra Vergine di Oliva dell’Emisfero Settentrionale. Vini biologici provenienti dalle pendici dell’Etna ma gestiti da un produttore e sommelier di Hong Kong. Biscotti tipici siciliani diventati una vera e propria ossessione per gli abitanti di Brooklyn. Insomma, i rapporti intersecati, intricati che oggi regolano il mondo sono più visibili ed evidenti che mai.