Venerdì mattina, la Società per la Lingua Tedesca ha scelto Zeitenwende come parola dell’anno 2022. In effetti, mai prima d’ora il termine era stato così centrale nella politica tedesca, finendo a essere conosciuto e citato anche oltre i confini nazionali.
Il concetto di Zeitenwende, “svolta epocale”, è stato usato dal Cancelliere Olaf Scholz nel suo ormai celebre discorso al Bundestag di fine febbraio. In quell’occasione, con l’annuncio di un fondo speciale di cento miliardi per ammodernare la Bundeswehr e dell’aumento della spesa militare al due per cento del Pil, come prevedono gli accordi Nato, il Cancelliere ha superato le storiche titubanze tedesche sul riarmo, mentre nei giorni precedenti una serie di scelte (come il blocco del Nord Stream 2 e l’attivazione delle sanzioni europee contro la Russia) avevano inferto duri colpi alla Ostpolitik, la storica linea di dialogo e scambio con Mosca seguita dalla Germania.
La mossa di Scholz ha significato archiviare decenni di politica estera perseguita da diversi governi, nonché il prendere atto, dolorosamente, che il ruolo geopolitico della Germania stava cambiando. I mesi successivi hanno reso evidenti questo travaglio, e ancora oggi, nonostante le sue scelte in supporto dell’Ucraina, la Germania è ancora avvertita da molti come il Paese più timido nella sua opposizione alla Russia e al sostegno a Kyjiv.
In effetti, la Zeitenwende continua a essere un oggetto di difficile definizione. Inizialmente, molti hanno sperato che la rottura dei rapporti con Mosca significasse un maggior protagonismo della Germania in Europa e una più spiccata presenza nell’Alleanza atlantica. Berlino, com’è ovvio, non ha eluso questi piani d’azione, ma li ha declinati a modo proprio. In Europa, ad esempio, la scelta tedesca di anticipare a livello nazionale un tetto al prezzo del gas è stata letta da molti Paesi come una fuga in avanti e una rottura (almeno parziale) della solidarietà europea.
Sul fronte delle alleanze, Scholz ha più volte ribadito la convinta appartenenza tedesca alla Nato, e la volontà di ammodernare il proprio esercito per poter proteggere meglio non solo i confini tedeschi, ma in generale quelli europei e dei partner Nato. Berlino, però, non ha rinunciato a cercare nuovi spazi di autonomia, sia rispetto agli Stati Uniti sia rispetto all’Unione europea. L’occasione più celebre è stata la recente visita di Scholz in Cina, in cui il Cancelliere (accompagnato da manager di grandi aziende tedesche) ha cercato un nuovo dialogo con Pechino per isolare maggiormente Mosca, subendo critiche sia interne che esterne.
La scorsa settimana, Scholz ha pubblicato un editoriale su Foreign Affairs su cui torna sul concetto di Zeitenwende, menzionando la Cina in più punti. Il testo si presta a una serie di osservazioni utili per capire meglio cosa ha in mente il Cancelliere, e cosa quindi è legittimo aspettarsi dalla Germania nei prossimi anni.
Innanzi tutto, Scholz è chiaro nel ribadire come «l’invasione Russa ha posto fine a un’era»; la nuova era apertasi, per lui, è caratterizzata da un «nuovo mondo multipolare, paesi e modelli differenti stanno lottando per potere e influenza». In questo scenario, «la Germania è intenzionata a diventare garante della sicurezza Europea», nonché «costruttrice di ponti all’interno dell’Unione Europea» e a «lavorare per soluzioni multilaterali per problemi globali». La domanda, per Scholz, è soprattutto «come possiamo, come europei e come Unione europea, rimanere attori indipendenti in un mondo sempre più multipolare?».
È bene notare come nell’editoriale, fin dall’inizio, Scholz nomina la Cina (definita come «sempre più forte economicamente e assertiva politicamente»), mentre è assente ogni riferimento agli Stati Uniti: il focus, per il Cancelliere, è il posto dell’Unione europea come entità autonoma nella nuova fase globale. Fase che, nella visione di Scholz, rischia di inaugurare una nuova guerra fredda tra blocchi contrapposti. Il punto, per Scholz, è trovare un modo in cui «Germania ed Europa» possano «difendere l’ordine basato sul diritto internazionale, senza soccombere alla visione fatalista per cui il mondo è destinato a ridividersi in blocchi contrapposti».
Evitare il sorgere di questa contrapposizione è, per Scholz, un obiettivo ineludibile. Nel testo, il Cancelliere fa più volte riferimento al passato tedesco, citando i due conflitti mondiali («causati in gran parte dal mio Paese») e le sofferenze dovute alla separazione della Germania durante la Guerra Fredda. Definisce l’invasione russa come il ritorno dell’imperialismo in Europa, e ribadisce che la risposta tedesca vedrà l’aumento degli investimenti in sicurezza e difesa (coordinati con la Nato); è proprio su questo punto che Scholz cita espressamente gli Stati Uniti, affermando come la partnership transatlantica rimanga centrale per tutti i soggetti coinvolti.
Nel lungo termine, Scholz identifica una serie di riforme necessarie per rendere meno vulnerabile l’Unione europea (nuove regole fiscali, politiche migratorie, superamento del principio d’unanimità in Consiglio, maggiore ricerca e coordinamento in materia di difesa). Ma a colpire è soprattutto la scelta di dedicare alla Cina un paragrafo specifico dell’editoriale: per Scholz, il Celeste Impero è ormai tornato a essere un player globale come non avveniva da tempo. I rapporti con Pechino sono ineliminabili, e anche se dovranno essere improntati all’affermazione dei valori europei e al rispetto del diritto internazionale.
Proprio questo passaggio, contenuto quasi alla fine del testo, è particolarmente interessante per capire che strada prenderà la Germania di Scholz. La difesa dell’Europa, e dei suoi valori, non sembra implicare, per Berlino, il rifiuto netto di un dialogo con potenze che quei valori non li condividono: «in un mondo multipolare, dialogo e cooperazione devono arrivare anche oltre la comfort zone democratica».
Siamo però di fronte a qualcosa di diverso da una Ostpolitik 2.0: mentre i rapporti con Mosca erano improntati a usare gli scambi commerciali per favorire transizioni politiche in Russia (secondo il principio del “Wandel durch Handel”, il cambiamento attraverso il commercio), in questo caso Scholz sembra farsi meno illusioni. I rapporti con la Cina, infatti, sembrano improntati puramente a evitare una separazione netta dei blocchi, senza dover di per sé favorire una transizione interna (con la difesa dei valori europei affidata, evidentemente, ad altri strumenti ed altre sedi).
Sembra, quindi, che la politica estera della Germania di Scholz sarà improntata a evitare un ritorno della Guerra Fredda e a ricavare spazi di autonomia per la Germania e l’Unione europea. Chi immaginava, dunque, un totale riallineamento di Berlino con Washington (prima di tutto nei confronti della Cina), rimarrà deluso: diversi passaggi sono chiari nell’indicare un ruolo indipendente per l’Unione europea, pur nella partnership presente, e la conclusione lascia spazio a un pragmatismo perfettamente in linea con la Ostpolitik degli scorsi decenni: «Dobbiamo evitare la tentazione di dividere di nuovo il mondo in blocchi, e questo vuol dire fare ogni sforzo per creare nuove partnership, in maniera pragmatica e senza steccati ideologici. Sviluppare questa mentalità e i suoi strumenti è esattamente quello in cui consiste la Zeitewende». Più chiaro di così…