Asse del gasIl maldestro tentativo di Russia e Iran di aggirare insieme le sanzioni internazionali

Mosca e Teheran fanno squadra per bilanciare le mancate esportazioni di idrocarburi nell’Unione europea, ma i primi risultati del nuovo cartello sono decisamente al di sotto delle aspettative

AP/Lapresse

Entrambe sotto sanzioni internazionali, Russia e Iran sono spinte a fare asse tra di loro. Ma poi scoprono che sono le stesse sanzioni a bloccare i loro progetti. È il paradosso fotografato in un report del Carnegie Endowment for International Peace a proposito del “Blocco del Gas” che Mosca e Teheran hanno provato a delineare con un accordo.

Russia e Iran hanno le due prime riserve mondiali di gas, e il 19 luglio la National Iranian Oil Company (Nioc) e Gazprom hanno firmato un memorandum d’intesa del valore di circa quaranta miliardi di dollari riguardante petrolio e gas, firmato durante una cerimonia online dagli amministratori delegati di entrambe le società il giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin era arrivato a Teheran per un vertice con i suoi omologhi iraniani e turchi.

In base a quell’intesa, Gazprom doveva aiutare la Nioc nello sviluppo dei giacimenti di gas di Kish e North Pars – e anche di sei giacimenti petroliferi – oltre a essere coinvolta nel completamento di progetti di gas naturale liquefatto e nella costruzione di gasdotti per l’esportazione.

Il 24 ottobre l’Iran ha poi annunciato un altro contratto con la Russia per la fornitura di quaranta turbine destinate ad aiutare l’industria del gas russa, colpita dalle sanzioni occidentali a causa dell’invasione dell’Ucraina. E il 9 novembre si è saputo di un ulteriore accordo «per il valore di quattro miliardi di dollari che prevede lo sviluppo e l’esportazione delle aree di gas», come ha informato il il ministro di petrolio dell’Iran Jevad Ovci in conferenza stampa.

«Potrebbe sembrare che per l’Iran il tentativo dell’Occidente di isolare la Russia sia una buona opportunità per colmare le lacune di mercato che ne derivano», osserva il report. In pratica, però, crea solo nuovi problemi. «Dato che la Russia e l’Iran detengono rispettivamente la prima e la seconda più grande risorsa mondiale di gas, molti ritengono che questa cooperazione minacci di dar vita a un cartello globale del gas. In realtà, l’attuazione di questi piani ambiziosi può essere ostacolata da sanzioni e altri ostacoli», a partire dal fatto che Russia e Iran erano tra di loro concorrenti e rivali, piuttosto che collaboratori. Tant’è che quando la guerra in Ucraina ha iniziato a creare problemi per l’export di gas russo in Europa le autorità iraniane hanno subito dichiarato che stavano valutando la possibilità di intervenire per coprire loro il deficit sul mercato europeo.

«In pratica, tuttavia, le consegne di gas dall’Iran all’Unione europea sono fuori questione per il prossimo futuro», osserva il report. «L’Europa e gli Stati Uniti hanno trascorso gli ultimi tre decenni isolando sistematicamente Teheran da qualsiasi grande progetto energetico internazionale, preferendo i suoi concorrenti apparentemente più affidabili come la Russia e il Qatar alla repubblica islamica ferocemente anti-occidentale.

Le sanzioni statunitensi che impedivano l’esportazione della tecnologia Gnl in Iran e la costruzione di gasdotti verso l’Europa sono stati l’ultimo chiodo nella bara per ogni possibilità che le forniture di gas iraniano raggiungessero l’Occidente. Di conseguenza, Teheran si è concentrata sul proprio fabbisogno di gas e su esportazioni regionali irrilevanti, principalmente verso la Turchia e l’Iraq».

Le possibilità che queste sanzioni vengano revocate in qualsiasi momento sono definite «scarse, poiché sono collegate al programma nucleare iraniano e i colloqui sul rinnovo dell’accordo nucleare sono giunti a un punto morto. Anche se le sanzioni dovessero essere revocate, l’Iran impiegherebbe anni per costruire terminali Gnl, per non parlare dei gasdotti».

Tecnicamente, si osserva, le sanzioni potrebbero essere aggirate esportando gas in Oman, che ha capacità di Gnl di riserva. Gli importatori europei potrebbero allora firmare un accordo con l’Oman, e di fatto importerebbero gas iraniano. Ma un tale progetto richiederebbe circa quattrocento chilometri di condutture, la cui costruzione richiederebbe almeno due anni.

Come ricorda il report, «in queste circostanze, la Russia sembra un partner promettente per l’industria del gas iraniana. Mosca ha espresso interesse in passato e Gazprom ha aperto un ufficio a Teheran, ma era puramente simbolico: il gigante del gas russo non voleva rischiare i suoi progetti occidentali per sviluppare relazioni con l’Iran sanzionato».

Ora la Russia non deve più temere le sanzioni occidentali, perché comunque gli sono arrivate da un altro versante. Da qui gli annunci di luglio e novembre. Se però Gazprom ha annunciato profitti record grazie all’impennata dei prezzi del gas, ciò «potrebbe essere temporaneo, dato che le esportazioni di gas verso l’enorme mercato europeo sono crollate, mentre il carico fiscale sulla società è cresciuto a causa delle difficoltà incontrate dal bilancio russo».

Ma in ogni caso, gli analisti del settore hanno messo in dubbio la fattibilità di due importanti giacimenti iraniani che la Russia dovrebbe aiutare a sviluppare, South Pars e Kish. È infatti necessario un tipo di tubo che non è prodotto né dalla Russia e né dall’Iran, e che né Russia né Iran possono importare da Europa o Giappone per via delle sanzioni. Anche la speranza dell’Iran che la Russia lo aiuti a costruire i propri terminali Gnl è destinata o cozzare con lo stesso ordine di problemi.

Peraltro, per compensare il venir meno del mercato europeo la Russia sta cercando di dar via il proprio gas a prezzi stracciati. E questo danneggia Teheran ad esempio in Turchia. Già a maggio, il capo dell’Unione iraniana degli esportatori di petrolio, gas e prodotti petrolchimici, Seyed Hamid Hosseini, si era lamentato del fatto che il dumping russo avesse causato un calo dei prezzi del gas in tutta la regione. Anche mercati remoti come l’Afghanistan chiedono sconti significativi a Teheran.

L’industria del gas iraniana stava già affrontando enormi problemi. Come ricordato, l’Iran ha le seconde riserve di gas più grandi del mondo, dietro solo alla Russia. Eppure nel 2021, Teheran ha esportato solo diciassette miliardi di metri cubi di gas, rispetto ai 241 miliardi di metri cubi di Mosca.

L’industria del gas iraniana è in perdita a causa di gestione inefficiente, mancanza di tecnologia, problemi di personale e prezzi agevolati per gli iraniani. Basti pensare che i proventi delle vendite nazionali di gas non coprono nemmeno i costi di realizzazione delle reti di distribuzione del gas: ma ritoccare i prezzi aggiungerebbe nuovi motivi alle proteste già in corso.

In conclusione, secondo il report «il governo russo conta sulla cooperazione con l’altro più grande detentore di riserve di gas del mondo per dare a Mosca un altro modo per fare pressione sul mercato mondiale dell’energia. Ma dato che il principale importatore mondiale di gas, l’Unione europea, sta ancora attivamente introducendo nuove sanzioni contro entrambi i Paesi, le possibilità che questo potenziale cartello abbia successo sembrano scarse».

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