Con il suo calore, l’arte innata dell’accoglienza e le tradizioni profondamente radicate, Napoli è tra le città italiane dove il periodo delle feste è più sentito. Una camminata tra le botteghe di via San Gregorio Armeno, detta anche “via dei presepi”, inaugura la corsa al Natale, con la scelta dei personaggi più eccentrici per allestire il presepe. Tra statuine di calciatori e politici, qualcuno può anche scovare il volto del suo chef preferito e inserirlo appena fuori dalla capannuccia a preparare un pasto caldo per Giuseppe e Maria.
Simbolo religioso e al contempo folkloristico, ‘o presepio ogni anno si arricchisce di nuovi elementi. Quello che invece non cambia, sono i piatti della tradizione napoletana del Natale. Dal celebre capitone (da non confondere con l’anguilla), consumato rigorosamente fritto per tenere lontana la malasorte, al baccalà, altro pesce che viene prima pastellato e poi immerso nell’olio bollente per arrivare a tavola croccantissimo. Ma non solo.
I piatti partenopei del Natale
«L’insalata di rinforzo è immancabile durante la cena della vigilia. La versione più tradizionale è a base di cavolfiore, a cui vengono aggiunti diversi ingredienti come le acciughe salate, i capperi, le olive, i sottaceti e i peperoni», racconta Salvatore Bianco, executive chef del Comandante, ristorante una stella Michelin all’interno del Romeo Hotel. «Si chiama così perché nasce come un supplemento per strutturare e appunto rinforzare maggiormente la portata principale, quasi sempre un secondo di carne o di pesce».
Per non parlare della minestra maritata, il cui nome ricorda l’abbinamento “promiscuo” di carne e verdura. «Si tratta di un piatto molto antico della cultura casalinga del nostro territorio. Il matrimonio che descrive è quello tra verdure come scarola e cavolo nero, e carni di maiale come cotica, puntine e salsicce», prosegue lo chef. Un piatto non proprio leggero, di cui ogni famiglia ha la propria ricetta e che oggi viene spesso alleggerito per incontrare i gusti dei palati contemporanei.
Infine, per concludere in dolcezza, non possono mancare gli struffoli: «Pura tradizione, queste palline di pasta dolce fritte e condite con miele, canditi e zuccherini colorati si consumano insieme a tutta la famiglia. Gli struffoli sono preparati con farina, uovo, strutto e zucchero e hanno un piacevole sentore di anice dato da un’aggiunta di liquore», prosegue Bianco. «Cotti in olio o nello strutto, vengono ʽconditiʼ direttamente nel piatto con i diavulilli, dei confettini rotondi che portano un tocco di colore sulla tavola del Natale». Da mangiare direttamente con le mani, per poi leccarsi le dita (non ce ne voglia il Galateo), accompagnano le lunghe sessioni di tombola napoletana, dove all’estrazione di ogni numero segue la descrizione puntuale e goliardica del suo significato.
I riti delle feste
Al di là dei giochi e dei presepi, Natale a Napoli è sinonimo di famiglia e condivisione. «Il mio ricordo è legato alle donne di casa, che iniziavano presto già alla vigilia (il cenone per noi è il momento più solenne, e sempre a base di pesce), a lavorare in cucina per preparare le pietanze da servire in tavola. Una tradizione che riprendo anche nei menu del Romeo Hotel, non tanto nel proporre ricette classiche, quanto nelle suggestioni legate al territorio. Chi viene da noi, infatti, è alla continua ricerca dell’autenticità e vuole sperimentare piatti che parlino il verbo napoletano, ma con un piglio moderno declinato in proposte di fine dining», svela Bianco.
«Nelle case partenopee tutte le feste, dalla Vigilia all’ultimo dell’anno, rappresentano un appuntamento atteso e di condivisione. Anche il Cenone del 31 dicembre è un momento irrinunciabile di festa e raccoglimento, da trascorrere con gli affetti più cari. Per questo motivo, nei menu speciali delle feste del Romeo Hotel, abbiamo cercato di riportare la magia e le emozioni di tutti questi attimi, personalizzando e reinterpretando alcune di queste tradizioni. Come il tortello ripieno di verdure ”maritate” in brodo di funghi e castagne, oppure il baccalà che si alleggerisce con l’oliocottura e viene impreziosito da una salsa all’aceto di champagne e del caviale», racconta lo chef a proposito delle degustazioni per queste feste.
«Per me Natale significa condivisione e calore, due concetti che ripropongo nei miei piatti e che spero i clienti riescano ad assaporare. Dai menu più classici ai percorsi degustativi, cerco di offrire un’esperienza che permetta agli ospiti del Romeo Hotel di comprendere meglio le radici della mia cucina». Perché, in tema di Natale, il regalo più bello per uno chef è osservare il potere evocativo di un piatto in grado di emozionare il commensale. «Quando mi raccontano che ogni boccone richiama memorie felici e ricordi d’infanzia, per me è una delle gratificazioni più grandi. Offrire agli ospiti un’emozione attraverso il cibo, in grado di appagare occhi e palato, è il desiderio che anima ogni giorno il mio lavoro». Non solo per Natale.