Stato di indigenzaSolo in Italia il welfare è così squilibrato a favore di chi ha già di più

Nel nostro Paese sono insufficienti le misure legate al reddito per aiutare chi ha più figli o il pagamento di un affitto, o le borse di studio per consentire a chiunque di frequentare l’università

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Da quando è stato ideato, il welfare ha una funzione precisa: sollevare dalla povertà gli strati più indigenti della popolazione, dando a essi i servizi essenziali (basti pensare alla salute) e fornire loro quelle opportunità che con i propri mezzi non potrebbero avere, in termini di istruzione e formazione. Un investimento fatto per poter mettere pienamente a frutto il capitale umano di una nazione. In Occidente il welfare si è sviluppato in modo diverso da Stato a Stato, mantenendo però questa impostazione ideale. Si è tradotto in assegni familiari, sussidi di disoccupazione e di povertà, pensioni, congedi parentali.

L’Italia invece è lo Stato dove il welfare premia chi ha già di più, soprattutto se dividiamo i trasferimenti statali, che del welfare sono parte importantissima, tra quelli che vengono erogati in base al reddito (e a volte il patrimonio) e quelli che non dipendono da questa variabile.

Alle famiglie che fanno parte del 10 per cento con i guadagni più bassi vanno mediamente 246,7 euro al mese, 7,9 volte in più di quelli percepiti dal 10 per cento più facoltoso. In Spagna e Germania il gap è molto più ampio, rispettivamente di 24,9 e 162 volte. In Francia è simile all’Italia, 7,4 volte, ma i nuclei del decile di povero prendono ogni mese molto di più, 462,3 euro.

Sono però i sussidi che non dipendono dalle entrate quelli che creano un vero e proprio squilibrio a favore dei più ricchi. Al punto che il 10 per cento con i redditi mensili più alti (6.044,5 euro) percepisce ben 579,9 euro al mese di trasferimenti di questo tipo contro i 59,5, quasi 10 volte meno, del decile in maggiore difficoltà, quello con soli 399 euro di entrate mensili. Da nessun altra parte accade qualcosa di simile. E se non vi è un equilibrio sostanziale come in Germania, in ogni caso il vantaggio di chi ha già di più, come in Spagna, è decisamente inferiore.

Il caso italiano sarebbe peculiare anche se ci fermassimo al nono decile, quello delle famiglie in cui entrano 3.872,3 euro mensili.

Dati Euromod – Commissione Europea

Aggregando i due tipi di trasferimento emerge bene come l’Italia rappresenti un’eccezione per quanto poco va agli ultimi e ai penultimi e, soprattutto, per quanto ricevono invece i primi. Così la differenza tra quanto percepito da una famiglia media, 228,2 euro al mese, e da quella che si può definire povera, 296,7, è minima. Nei Paesi Bassi si va da 452,1 a 877,9, in Francia da 305,4 a 595,6, in Germania da 221,9 a 342,8.

È anche interessante notare come in alcuni Paesi il welfare verso un nucleo familiare “normale” sia più generoso di quello che in Italia riguarda i soli indigenti.

Dati Euromod – Commissione Europea

In campo economico nei confronti tra Stati si dovrebbero usare i dati relativi, non assoluti. Ma anche confrontando i trasferimenti con il reddito originario dei diversi decili, prima di sussidi o tasse, risulta come i nostri poveri prendano meno di quelli dei principali Paesi UE, e al massimo come quelli spagnoli. Le famiglie che costituiscono il 10 per cento più povero ricevono dallo Stato un ammontare che corrisponde al 76,7 per cento di quanto entra loro in tasca. In Francia, Germania, Paesi Bassi tale percentuale è superiore al 100 per cento. Con i più ricchi, cui arriva una somma uguale al 9,5 per cento del reddito, il nostro welfare è, invece, più generoso, visto che nei Paesi già citati i trasferimenti sono per loro intorno al 2 per cento delle entrate.

Dati Euromod – Commissione Europea

È chiaro, una causa importante di questi dati risiede nel grande peso del nostro sistema pensionistico. Sono le pensioni che arrivano, nel caso dei decili più ricchi, a comporre più di un terzo delle entrate, mentre hanno un ruolo più piccolo per i poveri, tra i quali, come si sa, ormai ci sono pochi anziani. Ai più facoltosi va quindi anche una porzione importante di quella parte degli assegni pensionistici che costituisce un vero e proprio benefit sociale.  È il caso, per esempio, del trattamento di reversibilità (che in Italia non viene negata neanche a chi ha entrate altissime).

Vi sono anche altri sussidi e bonus che di fatto vanno anche verso chi non è indigente, dalla Naspi per chi perde il lavoro alla cassa integrazione, dall’assegno di invalidità a quello unico per i figli.

Anche se oltre una grande generosità verso i più ricchi a caratterizzare il nostro welfare è soprattutto una scarsa attenzione verso gli ultimi, nonostante il Reddito di Cittadinanza. Sono insufficienti, soprattutto se confrontate con quelle presenti altrove, le misure legate al reddito per aiutare chi ha più figli o il pagamento di un affitto, o le borse di studio per consentire a chiunque di frequentare l’università.

Il risultato finale è che siamo davanti a un welfare meno efficace, perché non riesce ad abbattere il tasso di povertà, già alto di base, dell’Italia, come fanno i nostri principali partner. Da uno del 40,3 per cento senza alcun intervento, si scende a uno del 20,3 per cento.

In media nella Unione europea si va dal 35,7 per cento al 16,2 per cento, in Francia dal 36,7 per cento al 12 per cento, meno di un terzo, in Germania dal 32,8 per cento al 14 per cento. Nei Paesi Bassi cala meno perché la base di partenza è molto inferiore, mentre la Spagna presenta numeri molto simili ai nostri.  E sono proprio i trasferimenti, sia quelli legati che quelli non legati al reddito, ad apparire poco incisivi: anche senza di essi il tasso di povertà salirebbe poco, al 23,6 per cento o 23,2 per cento. Altrove, per esempio nella solita Francia, il gap sarebbe maggiore.

È come dire che questi bonus, sussidi, assegni, fanno poco per abbassare la percentuale di italiani in stato di indigenza. Il grosso, invece, è responsabilità o merito delle solite pensioni.

Dati Euromod – Commissione Europea

Questi numeri spiegano quindi perché su una misura come il Reddito di Cittadinanza, forse l’unica, con i suoi mille difetti, mirata solo ai più poveri, vi sia stata e vi sia tanta attenzione da parte di quella porzione di italiani povera e impoverita. E allo stesso tempo perché le pensioni, sempre più importanti come fonti di reddito, sembrino così intoccabili. Sicuramente siamo davanti a squilibri che non sono solo iniqui, ma soprattutto dannosi per la tenuta sociale e per il futuro della nostra economia.

Il capitale umano potenziale è sempre più scarso visto il declino demografico. Come possiamo utilizzarlo appieno se non diamo opportunità ai tanti giovani che si trovano proprio nei primi decili di reddito, quelli più poveri, se sprechiamo risorse limitate trasferendone di più a quanti tali opportunità le hanno già?

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