Che bella famigliaQuando le relazioni durano a lungo, si può anche stare con qualcuno e odiarlo

In "Voltare pagina" (Einaudi), Ester Viola consiglia i libri migliori per superare i problemi affettivi. E così “Lacci” di Domenico Starnone diventa il balsamo perfetto per una coppia in crisi

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Le ho portato un romanzo, quella sera a cena, Lacci di Domenico Starnone. Siamo a Napoli negli anni Sessanta. Aldo e Vanda si sposano a vent’anni, e poco dopo arrivano i due figli. Immaginabile copione dell’epoca: lei si sacrifica alla famiglia, lui fa quello che può e molto di quello che vuole. A trent’anni Aldo lascia tutti e arriva a Roma per iniziare la vita che fino a poco prima non sapeva di volere, con Lidia, bella, colorata e giovanissima.

Passano anni in cui Vanda e Aldo non si sentono. Finché non succede qualcosa. È questione di un attimo, una scena indimenticabile: i figli – Sandro di tredici anni e Anna di nove – un pomeriggio gli chiedono di mostrare come si allaccia le scarpe. Sandro, che se le allaccia in un modo strano, sostiene sia stato il padre a insegnarglielo, ma Anna non ci crede. Aldo si china sulle scarpe: due occhielli, e poi un fiocco. Bastano quei cinque minuti. E la parola «papà» allarga i lacci che diventano funi, e poi catene. Aldo deve tornare a casa, deve tornare per loro. La vita a colori con Lidia sbiadisce in pochi mesi.

Come sono queste vite dopo tali fratture? Cosa succede dentro matrimoni che sembrano interi e invece sono solo frantumi? Perché reggono? Com’è possibile? Questo libro è un racconto fatto di lettere, monologhi, confessioni, rabbia che diventa parole, parole che si fanno veleno, recriminazioni, vecchi ricatti.

Aldo alla fine torna, sí, e da lí in poi, dovrà sopportare le paure di Vanda, ingoiare le pasticche amare del risentimento di lei, i giorni tutti infausti, la rabbia della moglie che tocca a lui – perché lui se n’era andato – trasformare in quieto vivere. Tornano a essere una famiglia, ma per modo di dire. Sono pezzi incollati, appunto non stanno piú insieme come devono, cedono.  Una specie di ostilità silenziosa scava sotto i pavimenti della loro casa, mangia le pareti come una muffa e alla fine prenderà tutto, loro, i figli, e quello che resta di due persone che molto probabilmente avrebbero fatto meglio a perdersi che a ritrovarsi.

Eppure sono rimasti a rendersi infelici a vita. Perché piú si va avanti, piú è raro riuscire a disfarsi delle consuetudini, delle cose che si conoscono, anche se rendono infelici. Quelle del matrimonio non sono ragioni, sono forze.

L’ultimo capitolo del libro è su Sandro e Anna. I figli vivono nei matrimoni molto piú dei genitori. Sentono ogni scossa, si preoccupano di ogni crepa. In Lacci, è Anna, la figlia, che beve tutto il veleno: «Me la prendo con la gratitudine che i figli dovrebbero ai genitori per la vita che hanno ricevuto. Gratitudine? Rido, esclamo: sono i nostri genitori che ci devono un risarcimento. Per i danni che ci hanno causato al cervello, ai sentimenti. O no?».

Carolina davanti al secondo caffè, quella mattina, mi aveva detto di rimanere soprattutto per i figli, e le case, «i miei genitori non lo sopporterebbero, e poi mi ha dato troppi soldi per l’avviamento dello studio, quelli li chiederebbe indietro». Guardando i figli sul divano, mentre mi chiede di prenderle il dolce dal frigorifero, si avvicina e mi dice: – Non fanno una bella fine i figli, in quel libro. Guarda che l’ho visto, il film.

– Sí, ma i genitori c’entrano e non c’entrano.
– E perché allora sono rimasti insieme?
– Avranno trovato il sostituto all’amore. L’odio funziona, funzionano mille cose. Perché lasciarsi è un atto di fede molto piú dell’amore.

È come dice Domenico Starnone: «L’amore è un contenitore dentro cui ficchiamo di tutto», perfino non prendere decisioni, o il pensare «non ci riesco» e poi riuscirci. E ancora perdonare e dimenticare, non sempre in quest’ordine.

La serata poi va bene come al solito. Carolina ha cucinato spaghetti e vongole, Leonardo la prende in giro per la sabbia nei piatti, i figli ridono e poi si appollaiano sui braccioli del divano a guardare una serie tv, Massimo come al solito alla fine della serata mentre torniamo a casa mi dice: – Ma che bella famiglia.

Da “Voltare pagina, dieci libri per sopravvivere all’amore,” di Ester Viola, Einaudi, 144 pagine, 14 euro

© 2023 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
Pubblicato in accordo con The Italian Literary Agency

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