Accentramento pericolosoLa riforma segreta delle intercettazioni e l’assenza di un vero dibattito politico

La normativa consente ai direttori dei servizi di intelligence (Aisi e Aise) di intercettare chiunque per motivi di sicurezza, previa semplice autorizzazione del premier. In questo modo si porta nelle mani del governo uno degli strumenti di sicurezza più delicati, invasivi e controversi

LaPresse

L’arresto di Matteo Messina Denaro ha consentito al governo Meloni di intestarsi formalmente un successo di cui cominciava ad avere disperato bisogno. Peraltro Giorgia Meloni – al contrario della sinistra e della magistratura complottiste – aveva difeso i Ros di Mario Mori nell’incredibile e triste vicenda giudiziaria della “trattativa Stato-Mafia”.

Non è un dettaglio che tra chi avanza dubbi ci sia l’immancabile Roberto Scarpinato, degnamente collocato da pensionato nelle fila parlamentari del Movimento 5 stelle. Dunque fa bene la destra a rivendicare la sua parte di merito.

Uno sguardo particolare è da dedicare alla polemica scatenata da magistrati e opposizione sulla necessità delle intercettazioni contro la linea restrittiva sposata dal neo guardasigilli Carlo Nordio: una linea apparentemente garantista che tende a restringerne drasticamente l’uso per determinati reati e a soli casi di reale necessità, soprattutto impiegando le intercettazioni come mezzo di ricerca di prove e non come avviene oggi come fonte primaria di accusa.

Per spiegare il punto basti evidenziare che una consolidata giurisprudenza della Cassazione ritiene che le confidenze scambiate tra due soggetti in un’intercettazione siano da considerarsi vere e proprie confessioni col timbro delle verità assolute.

Il Partito democratico – drammaticamente a digiuno di ogni minima cognizione di diritto, a partire dal suo agonizzante segretario – tanto per cambiare si accoda alla protesta giustizialista. Ci sarebbe ben altro su cui puntare l’attenzione.

Lo pseudo liberalismo della destra, infatti, è un gioco di prestigio: quello che Nordio sembra (e dico sembra) voler concedere ai garantisti di fatto è stato già vanificato dal governo di cui fa parte, che si è impossessato di uno degli strumenti di sicurezza più delicati, invasivi e controversi: le intercettazioni preventive svolte dai due servizi di intelligence (Aisi e Aise) al di fuori di ogni controllo giurisdizionale e introdotte nell’ordinamento italiano con le legge 144/05 guarda caso emanata da un altro esecutivo di destra, il secondo governo Berlusconi.

La normativa consente ai due direttori dei servizi segreti – previa una semplice delega del capo del governo – di richiedere all’autorità giudiziaria di poter intercettare chiunque per motivi di sicurezza interna ed estera contro le minacce delle organizzazioni criminali e terroriste.

Si badi bene: per avviare l’attività di intercettazione, che prevede l’uso dei micidiali software trojan che possono funzionare 24 ore su 24 penetrando nei computer e nelle abitazioni private, non è necessaria nessuna prova sull’esistenza di un reato come richiesto per le intercettazioni ordinarie disposte e controllate da un organo giurisdizionale “terzo” a garanzia dei cittadini, ma un semplice sospetto.

La riforma prevede due sostanziali novità che ne costituiscono la cifra. La prima è il controllo sulle intercettazioni svolte da parte di un’unica figura centrale, il procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma, dunque un rappresentante unico di tutte le procure italiane, collocato nel centro della politica italiana, a un “battito di cuore” dal presidente del Consiglio, il cui sottosegretario, sempre per pura coincidenza, è un magistrato con delega ai servizi segreti.

La seconda innovazione concerne lo strumento tecnico usato per la riforma, non con un tradizionale e dedicato decreto, bensì tramite un semplice emendamento (Proposta emendativa 123.01000 in V Commissione in sede referente al C. 643-bis) inserito misteriosamente e quasi clandestinamente addirittura nell’ultima finanziaria varata, come è noto, con un voto di fiducia, ricorrendo in gran fretta al meccanismo della “ghigliottina” per strozzare ogni discussione.

La nuova disciplina è così divenuta legge a spron battuto insieme alla finanziaria che la ospita (legge il 29 dicembre 2022 n. 197/2022).

La conseguenza immediata, come bene ha illustrato su Sistema Penale la giovane studiosa della materia Wanda Nocerino, è che la regolamentazione e il controllo di una materia così delicata sono stati sottratti al dipartimento della Giustizia per essere affidati a quello della sicurezza, attribuendo il relativo programma di spesa nella previsione di bilancio del ministero dell’Economia e delle Finanze e non nel comparto Giustizia (articolo 1, comma 684, legge 197/2022).

Dunque il loquace e volenteroso neo ministro della Giustizia, che pure aveva promesso di sforbiciare il dispendioso bilancio delle intercettazioni, non avrà voce in capitolo se non per i tagli da lui adombrati alle varie procure italiane che utilizzano le ordinarie attività intercettive di indagine.

La cosa suona vagamente beffarda per Nordio – nei suoi interventi e scritti aveva lanciato l’idea di allargare il campo delle intercettazioni preventive – che di fatto avrà poca voce in capitolo.

Una novità non da poco che pone qualche inquietante e non ozioso interrogativo: innanzitutto il controllo accentrato presso un unico ufficio, a voler escludere una diffusione estesa e decentrata di tale attività presso più centri di controllo.

In parte ciò è giustificato dal fatto che di tali intercettazioni non può essere fatto alcun uso nei processi e le stesse vanno distrutte entro e non oltre sei mesi. Ma la realtà è che si concentra in un’unica mano, nella capitale politica, un pericoloso strumento di informazioni riservate su cui nessun controllo, oltre quello del procuratore generale, è consentito.

La contiguità di quest’ultimo con gli uffici inquirenti non offre tutte le garanzie necessarie sulla riservatezza e sul segreto.

Non si comprende perché il necessario controllo non sia stato invece delegato a un organo della giurisdizione come il Tribunale di prevenzione secondo l’ordinaria competenza per territorio.

Ciò che infine è inaccettabile è che su questa novità non vi sia stato un pubblico dibattito politico in una materia che per l’Italia è sempre stata particolarmente delicata.

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