Jeans iconiciGli anni Ottanta tornano di moda e sfilano a Oslo

Lois Jeans conquistò gli Stati Uniti e le celebrità dell’epoca (tra cui gli Abba) con la sua iconica zampa di elefante. Per la fashion week del 2023, inaugura la nuova collezione al Teatro dell'Opera della capitale norvegese. Un’occasione per riportare in auge la storia del marchio e le sue contaminazioni

courtesy of Eplusestudio

Il marchio Lois Jeans contiene in sé nature geografiche apparentemente contraddittorie e lontane, che ne esaltano e ne stratificano i contenuti: da una parte c’è la Spagna, patria nativa, che come tutti i luoghi del nostro primo passato spunta, fa capolino dappertutto come marchio di fabbrica indelebile delle nostre peregrinazioni future. Poi c’è l’Olanda, dove ha da poco aperto il suo quartier generale – nel 2020, la boutique Casa Lois ha riaperto le sue porte nella Gerard Doustraat di Amsterdam. Gli Stati Uniti, quell’America che lo svezzò negli anni Settanta e Ottanta, inserendolo a pieno titolo tra i capi più iconici, ambiti e desiderati del panorama dei tempi: i loro jeans attillati che si aprono a zampa di elefante, scelti dagli Abba come uniforme, ma amati anche da Rob Stewart, Blondie e indossati da dive del calibro di Diana Ross, Brigitte Bardot e Jane Birkin.

courtesy of Lois Jeans

Infine, la Norvegia. Una patria poco battuta, dai tratti ancora misteriosi, collocata in un Nord Europa gelato, dove sui monti che circondano la città di Oslo si distende bianca la neve. Qui Lois ha depositato la sua ultima asta. Difficile da immaginare il denim in una località dove il freddo taglia l’aria almeno sei mesi l’anno. Eppure, paradossalmente, proprio perché qui si dimentica la concezione tutta italiana del pasteggiare all’aperto anche in inverno e la maggioranza delle attività si svolgono al chiuso, in spazi riscaldati, dal tepore delicato, qualsiasi abbinamento di capi è quello giusto.

Ecco perché la scelta della Oslo Opera House come ambientazione della sfilata ha consentito ai suoi quattrocento ospiti di sfoggiare tessuti primaverili e non solo: strass, canotte e giacche di pelle. Una disinvolta, sensuale esibizione di quotidianità, un po’ come nei film dove, chissà come, fa sempre bel tempo.

courtesy of Lois Jeans

Sulla passerella tutte queste contaminazioni si sono affastellate e alternate, in un insieme di spunti orchestrati sapientemente dal direttore creativo Arthur Van Rongen, che ha adottato il brand nel 2015. Modelli dai tratti albini, tra cui la celebre topmodel svedese Caroline Winberg, sfilavano mentre un’orchestra di ventidue strumenti norvegesi eseguiva il Boléro di Ravel, ammantando l’atmosfera di malinconiche cadenze mediterranee.

courtesy of Lois Jeans

Il tema si intitolava però High Society, per offrire così un definitivo tributo all’America del passato, agli anni Ottanta in particolare, di cui oggi la nostra società pare avvertire così trasversalmente la nostalgia, a cominciare dalle ambientazioni del cinema, delle serie tv e dei ritorni di fiamma musicali. In questo caso, immediate risultavano le ispirazioni alle strade di Manhattan, a metà tra il groovy e il preppy: per la precisione groovy chic e preppy chic, secondo le indicazioni di Van Rongen.

«Un vero marchio è senza tempo. Lo sono i suoi materiali, le sue caratteristiche e la sua storia», confessa nel backstage. In effetti, l’orizzonte sembra essere immutato. Della sfilata di Lois, si avvertiva un’improvvisa ventata di serena normalità. Niente di calcato, di ridondante, di eccessivo. I jeans, i pantaloni in velluto a coste, i blazer, i gilet, i crop top da unire secondo accostamenti vivaci oppure attenendosi ai completi in tinta unita appartengono alla dimensione urbana di tutti i giorni, e anche la linea in pelle, che strizza l’occhio agli scenari da rodeo contenevano quello stesso elemento di fascinosa spontaneità, come se fossero stati prelevati a loro insaputa da un party e trasposti in passerella.

courtesy of Lois Jeans

Naturalmente, non mancavano gli incroci gender: gli uomini indossavano capi attillati, incollati al corpo, quasi a volerne esaltare le forme, mentre le donne erano caratterizzate da tagli ampi, morbidi, larghissimi. Anche l’intramontabile zampa di elefante presentava vite basse e molli, a suggerire un abbigliamento al femminile inedito: sciancato, distratto, sicuro di sé.

Alcuni modelli cargo assumevano quasi le sembianze di un pantalone da sci: un nuovo trend appena inaugurato o forse le inevitabili suggestioni di Oslo e delle sue pendici, dove, salendo in altura a pochi chilometri dal centro, si può già e subito sciare?

courtesy of Lois Jeans

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter