Adesso Giorgia Meloni, e anche Matteo Salvini, condannano l’occupazione golpista dei luoghi della democrazia brasiliana da parte dei seguaci di Jair Bolsonaro. Se avete un po’ di tempo da perdere, andate a leggere cosa dicevano fino a poco tempo fa dell’ex amico. Non condannarono allo stesso modo l’assalto dei seguaci di Donald Trump a Capitol Hill. Ora entrambi i sovranisti al governo sono costretti a darsi una regolata internazionale. Soprattutto la presidente del Consiglio, che inserisce la condanna nella nota ufficiale di Palazzo Chigi dopo l’incontro con Ursula von der Leyen.
Le torsioni in politica estera sono spesso all’insegna dell’ipocrisia. E nel caso della visita della presidente della Commissione europea servono a strappare la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza per non perdere i miliardi previsti e ottenere aiuti di Stato per contrastare il ciclopico piano statunitense di sostegno all’economia americana. E in particolare a contrastare l’immigrazione, che sarà uno dei principali temi del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio.
Quando da soli non ce la facciamo, perché i problemi sono più grandi di noi, l’Europa diventa madre solidale, alla quale ci rivolgiamo dopo aver intossicato per anni gli elettori con la favola nera della matrigna di Bruxelles. Era la narrazione contro cui aveva lottato fino agli ultimi giorni di vita David Sassoli. Era lui il convitato di pietra postumo all’incontro tra Meloni e Vor der Leyen. Quello di Sassoli era un impegno fortissimo, la trama costante dei suoi discorsi raccolti in un libro “La saggezza e l’audacia”(Feltrinelli) presentato ieri a Roma. C’era pure von der Leyen al Teatro Quirino.
Von der Leyen ricorda bene l’impegno messo in pratica dall’allora presidente del Parlamento europeo per contrastare i populismi nascenti, i leghisti che arrivavano dall’Italia, i primi timidi passi di Fratelli d’Italia tra i Conservatori guidati prima dagli inglesi poi dai polacchi. Quelli che tra Bruxelles e Strasburgo avrebbero fatto a fette una come lei, espressione dell’accordo tra Socialisti e Popolari. La stessa Ursula che, nell’arco di poche ore, è passata dal federalismo europeo di Sassoli alle contorsioni istituzionali della premier. Non è difficile immaginare quali pensieri abbiano attraversato la sua testa mentre era a Palazzo Chigi. E guarda caso è arrivata nello stesso giorno in cui un fedelissimo della Meloni, il ministro Adolfo Urso, prospetta, in una intervista al Corriere della Sera, il ribaltone a Bruxelles.
Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, il voto europeo del 2024 porterà «uno straordinario allineamento astrale: una maggioranza di centrodestra nel Parlamento Europeo, con l’alleanza tra Popolari e Conservatori, e un netto spostamento a destra dei governi dell’Unione. Questo determinerà anche gli assetti della Commissione in cui la leadership italiana uscirà rinforzata».
Se ciò si dovesse verificare, ma è ancora tutto da vedere, potremo dire addio al sogno di Sassoli: avranno più fiato i polacchi e gli ungheresi. Avranno più forza governi amici come quello nuovo di Stoccolma, magari pure il prossimo esecutivo spagnolo con ministri di Vox. Un quadretto che fa venire i brividi alla tedesca von der Leyen, arrivata al vertice di Bruxelles quando regnava in Europa Angela Merkel e il Partito Popolare europeo alzava un muro davanti ai movimenti sovranisti.
Ora invece le cose potrebbero cambiare. Il Ppe, molto indebolito, ha un’altra leadership che inclina decisamente a destra, con Manfred Weber che è di casa a Palazzo Chigi. Lo è anche nella villa di Silvio Berlusconi, introdotto con le farfare da Antonio Tajani. C’era pure lui, il ministro degli Esteri, ieri al Quirino, l’ex commissario europeo eletto nel 2017 presidente dell’Europarlamento con i voti dei Liberali e del leader Brexit Nigel Farage. Aveva battuto il candidato socialista, l’altro italiano Gianni Pittella.
Il ministro degli Esteri ha il curriculum giusto per essere il successore di von der Leyen ora che, oltre a essere grande amico di Weber e degli spagnoli, è il forzista più allineato a Meloni e ai Conservatori.