Corsa alle terre rareUna nuova alleanza per l’Europa

Per garantirsi l’approvvigionamento di materie prime critiche Bruxelles sta stringendo nuovi partenariati e sta lavorando a una normativa europea che avrà come modello quella varata cinque anni fa per le batterie, ritenuta un successo

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 54 di We – World Energy, il magazine di Eni

«A breve il litio e le terre rare saranno più importanti, nella nostra economia, del petrolio e del gas. La sola domanda di terre rare sarà quintuplicata entro il 2030». Sono le parole pronunciate dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione in plenaria al Parlamento europeo. Tracciano la nuova linea dell’esecutivo europeo per l’autonomia strategica che si basa anche sull’indipendenza, per quanto possibile, nelle catene di approvvigionamento. E per riuscirci sarà necessario liberarsi dell’ingombrante Cina. «Il problema è che attualmente un solo Paese detiene quasi la totalità del mercato. Dobbiamo evitare di ritrovarci nuovamente in una situazione di dipendenza, come è avvenuto con il petrolio e il gas. E qui entra in gioco la nostra politica commerciale. Con l’aiuto di nuovi partenariati non solo rafforzeremo i nostri interessi ma anche i nostri valori», ha spiegato von der Leyen che ha già annunciato di voler sottoporre a ratifica gli accordi con Cile, Messico e Nuova Zelanda e portare avanti i negoziati con Australia e India.

Garantire l’approvvigionamento di terre rare è indispensabile ma non sufficiente. «È solo un primo passo. La lavorazione di questi metalli è altrettanto critica. Oggi la Cina controlla l’industria mondiale della trasformazione: quasi il 90 percento delle terre rare e il 60 percento del litio sono trasformati in Cina», ha confermato la leader Ue. La strategia di Bruxelles è «individuare progetti strategici lungo tutta la catena di approvvigionamento, dall’estrazione alla raffinazione, dalla trasformazione al riciclaggio e costituire riserve strategiche laddove l’approvvigionamento è a rischio». Per riuscirci la Commissione proporrà una normativa europea sulle materie prime critiche che avrà come modello l’Alleanza delle batterie, ritenuta un successo. «Sappiamo che l’approccio può funzionare. L’Alleanza delle batterie è stata varata cinque anni fa e a breve due terzi delle batterie di cui abbiamo bisogno saranno prodotte in Europa», ha spiegato von der Leyen. Un modello applicato anche per la normativa europea sui semiconduttori annunciata lo scorso anno. «I lavori per il primo grande stabilimento di semiconduttori inizieranno nei prossimi mesi. Ora dobbiamo replicare questo successo», ha sottolineato la presidente dell’esecutivo di Bruxelles. La Commissione vuole essere più presente nell’industria critica anche con i finanziamenti. Ed è al lavoro per la creazione di un Fondo per la sovranità europea.

Uno strumento per le emergenze
Inoltre, per fare fronte alle crisi delle catene di approvvigionamento la Commissione europea ha presentato un nuovo strumento assimilabile al Defence production act americano. In sostanza – grazie anche alle lezioni imparate dalla crisi del Covid – l’Ue non vuole più trovarsi impreparata a fronteggiare un’eventuale emergenza. «Dobbiamo essere più preparati ad anticipare e rispondere alla prossima crisi. Anziché fare affidamento su azioni improvvisate ad hoc, lo strumento per le emergenze nel mercato unico fornirà una risposta strutturale per salvaguardare la libera circolazione dei beni, delle persone e dei servizi in tempi difficili. Garantirà un migliore coordinamento con gli Stati membri, contribuirà a prevenire e limitare l’impatto di una potenziale crisi sulla nostra industria e sulla nostra economia e doterà l’Europa di strumenti che i nostri partner globali hanno e che a noi mancano», ha spiegato il commissario al Mercato interno, Thierry Breton.

Con la nuova normativa, che dovrà ancora essere approvata da Consiglio e Parlamento, la Commissione potrà in circostanze eccezionali di emergenza inviare agli operatori economici richieste di informazioni mirate che possono diventare vincolanti, o chiedere loro di accettare ordinativi classificati come prioritari per i prodotti di rilevanza per la crisi: in questo caso le imprese devono conformarsi o, in caso di rifiuto, spiegarne i gravi motivi. L’immissione sul mercato accelerata di determinati prodotti grazie a procedure di collaudo e accreditamento più rapide, anche attraverso la valutazione della conformità, ne garantirà la disponibilità durante le emergenze.

Eu Chips Act
Uno dei primi passi sul sentiero dell’autonomia strategica europea è stato compiuto con l’Eu chips act, la già citata legge europea sui semiconduttori. Nel 2020 in tutto il mondo sono stati prodotti mille miliardi di chip ma l’Ue detiene solo il 10 percento della quota del mercato. Pur essendo invece tra i principali acquirenti. La recente carenza di semiconduttori a livello mondiale ha portato alla chiusura di stabilimenti in una serie di settori, dalle automobili ai dispositivi sanitari. Ciò ha reso più evidente l’estrema dipendenza globale della catena del valore dei semiconduttori da un numero molto limitato di attori in un contesto geopolitico complesso.

Da un’indagine della Commissione è emerso che l’industria prevede un raddoppio della domanda entro il 2030. Una domanda che sarà difficile soddisfare anche alla luce delle ultime crisi nella catena di fornitura. L’Unione europea vuole quindi raddoppiare la sua quota di mercato entro il 2030. E per farlo mobiliterà oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati e stabilirà misure per preparare, anticipare e rispondere rapidamente a eventuali future interruzioni della catena di approvvigionamento, insieme agli Stati membri e ai partner internazionali. Uno dei primi progetti a venire alla luce, grazie anche alla strategia europea dei semiconduttori, è uno stabilimento della STMicroelectronics a Catania per la realizzazione di wafer di carburo di silicio (SiC).

Un investimento da 730 milioni di euro, di cui 292,5 dai fondi europei del PNRR. Il carburo di silicio è un materiale composto utilizzato per fabbricare wafer che fungono da base per specifici microchip utilizzati in dispositivi ad alte prestazioni, come i veicoli elettrici, le stazioni di ricarica rapida, le energie rinnovabili e altre applicazioni industriali. Il progetto, che dovrebbe essere ultimato nel 2026, darà vita alla prima linea di produzione integrata di wafer epitassiali di carburo di silicio su scala industriale in Europa. Riunirà nello stesso impianto di produzione l’intera catena del valore del substrato di carburo di silicio, vale a dire dalla produzione della materia prima (polvere di SiC) alla fabbricazione dei wafer.

Il modello dell’alleanza delle batterie
La European Battery Alliance è stata lanciata dalla Commissione europea nel 2017 per creare una catena del valore delle batterie completa, competitiva a livello globale e sostenibile nell’Ue. Faceva parte di un obiettivo più ampio per garantire l’autonomia strategica in un settore fondamentale per la transizione verde e digitale in corso. L’Alleanza ha fornito un quadro per riunire la Commissione, gli Stati membri, la Banca europea per gli investimenti e gli attori dell’industria e dell’innovazione per lavorare su un’agenda congiunta. L’ultimo rapporto della Commissione ha rilevato che 111 grandi progetti di batterie sono in fase di sviluppo negli Stati membri, con un livello totale di investimento lungo l’intera catena del valore pari a 127 miliardi di euro (l’obiettivo è arrivare a un valore aggiunto intorno ai 625 miliardi entro il 2030).

«Nel 2017, l’industria delle batterie dell’Ue non era certo sulla mappa. Oggi l’Europa è un hotspot globale per le batterie, con 20 gigafactory emergenti nei nostri Stati membri. Entro il 2030, dovremmo produrre abbastanza batterie ogni anno per alimentare circa 11 milioni di auto elettriche», ha spiegato il vicepresidente della Commissione, Maroš Šefcˇovicˇ. «Cinque anni fa, l’Europa rischiava di rimanere irreversibilmente indietro rispetto ai suoi concorrenti nel mercato globale delle batterie. Oggi è in procinto di rispondere fino al 90 percento dei suoi bisogni entro il 2030. Si tratta di una notevole inversione di marcia e di un esempio di ciò che l’Ue può realizzare grazie a un forte impegno politico e sforzi comuni. Tuttavia, restano da compiere importanti progressi nel settore della produzione e dell’approvvigionamento sostenibile e responsabile delle materie prime per batterie e nel fornire alla forza lavoro europea le giuste competenze», ha evidenziato il commissario Breton. Basta un dato a rendere l’idea: entro il 2025 ben 800 mila lavoratori dovranno essere qualificati (o riqualificati) nel settore. Per questo la Commissione ha annunciato la creazione di un’Accademia europea per le batterie.

Ma le auto elettriche – entro il 2030 ne dovrebbero circolare 30 milioni sulle nostre strade – non sono fatte solo di batterie. La Cina – ha detto Breton – controlla l’intera catena del valore dei magneti permanenti che sono alla base dei motori elettrici. «Solo nell’ultimo anno, i prezzi delle terre rare utilizzate per progettare magneti permanenti sono aumentati dal 50 al 90 percento. Senza un migliore accesso alle materie prime, i nostri obiettivi di mobilità a emissioni zero sono in pericolo, a causa della carenza di materie prime o dell’aumento dei costi», ha spiegato il commissario all’Industria.

Condizioni e percentuali che valgono anche per il silicio, essenziale sia per il fotovoltaico che per i semiconduttori. Entro il 2030 la domanda è destinata a quintuplicare. «È tempo di sancire nella legislazione quali materie prime sono critiche o strategiche per l’Europa. Questo elenco sarà la nostra bussola e fornirà un quadro giuridico stabile, agile e prevedibile al fine, ad esempio, di identificare progetti, facilitare gli investimenti, guidare le nostre partnership internazionali, dirigere l’agenda dell’innovazione. Compreso l’estrazione mineraria in Europa, che al momento è ancora un tabù», ha annunciato Breton. «L’estrazione mineraria è ancora considerata da molti sporca. Preferiamo importare da Paesi terzi e chiudere un occhio sull’impatto ambientale e sociale che vi si verifica, per non parlare dell’impronta di carbonio delle nostre importazioni. Tuttavia, l’estrazione mineraria in Europa può beneficiare delle nuove tecnologie che consentono l’estrazione con un impatto ambientale molto basso», ha aggiunto il commissario francese.

Brahim Maraad è giornalista dell’agenzia di stampa AGI. È corrispondente da Bruxelles.

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